Clima: nulla di fatto al vertice ONU di Tianjin, la Cina rivendica il suo diritto alle emissioni

I negoziati sul clima di Tianjin ai quali hanno partecipato 177 paesi si sono conclusi con risultati soltanto parziali. Secondo Jonathan Pershing, inviato speciale americano sul clima “non abbiamo ancora trovato una strada per il successo”, e si è posticipata la risoluzione dei problemi rinviandola al vertice di Cancun, previsto per fine anno.
Più ottimista è invece Christiana Figueres, segretario generale dello United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc) secondo la quale, a Tianjin, si è fatta chiarezza sui punti da discutere al prossimo vertice ovvero la ricerca di strumenti operativi economici e tecnologici volti a facilitare l’accesso alle energie pulite per i Paesi in via di sviluppo. Accesso per il quale è stato stanziato anche un primo fondo di 30 miliardi di dollari la cui allocazione, discussa ma non decisa, sarà attribuita durante il vertice messicano. Questione di punti di vista.

Fortunatamente unica, contraria ed ostinata è la posizione della Cina, Paese che ad oggi conta le emissioni di inquinanti più imponenti del pianeta, e che rimane fermo nell’esigere che siano solo i Paesi sviluppati, responsabili di fatto del disastro attuale, a preoccuparsi di limitare le immissioni di gas inquinanti nell’atmosfera. Essa, ritenendosi un Paese in via di sviluppo, continua a rivendicare il suo diritto ad inquinare come hanno fatto in precedenza gli altri. Vedendo nel vecchio, obsoleto, disastroso modello di sviluppo classico un male necessario e la via più breve per la ricchezza, la Cina si rifiuta di fissare obiettivi quantificabili e verificabili di riduzione delle emissioni.

Desertificazione, la Cina prepara la “Grande Muraglia Verde”

Soprannominata “La Grande Muraglia Verde“, una barriera ecologica progettata dall’uomo per fermare rapidamente la desertificazione e combattere il cambiamento climatico, è pronta per attraversare tutta la Cina. Nel 2050 si calcola che la foresta artificiale avrà raggiunto i 400 milioni di ettari che copriranno oltre il 42% dell’intera nazione.

La Cina ha già la più grande foresta artificiale del mondo che oggi copre più di 500.000 chilometri quadrati, e il Partito Comunista quest’anno ha annunciato di aver raggiunto il suo obiettivo dichiarato del 20% di copertura forestale fissato al 2010. Il Governo prevede un filare di alberi che si estende per 4.480 chilometri dalla provincia dello Xinjiang nell’estremo ovest alla provincia di Heilongjiang, nella parte orientale.

Inquinamento, il boom di auto in Cina rischia di far collassare il mondo

Oltre 200 milioni. A tanto ammontano le stime degli esperti sui proprietari di automobili in Cina entro il 2020. Una vera e propria esplosione che potrebbe provocare pericoli per la sicurezza energetica e le questioni ambientali che ha dovuto riconoscere persino Wang Fuchang, direttore del Dipartimento delle Infrastrutture industriali nell’ambito del Ministero dell’Industria e dell’Information Technology cinese.

Promuovere l’efficienza energetica delle automobili tradizionali e la produzione di automobili alimentate dall’energia alternativa sono diventate una questione urgente che l’industria automobilistica mondiale deve affrontare, e questo allarme potrebbe accelerare il cammino verso una soluzione.

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Inquinamento, Cina chiede aiuto all’Emilia Romagna

Ha chiesto aiuto all’Emilia Romagna, la Cina, per combattere la piaga dell’inquinamento. L’appello è arrivato nei giorni scorsi, nell’ambito di un seminario svoltosi presso la Tongji University di Shanghai, dal titolo Green Technologies, con oggetto la cooperazione tra l’Italia ed il Paese orientale nel settore delle strategie di riduzione dell’inquinamento, organizzato dall’ateneo cinese in collaborazione con Confindustria Emilia-Romagna.

Come tutti sappiamo, la crescita industriale ed economica che ha conosciuto negli ultimi anni la Cina è di proporzioni gigantesche, tanto da averla condotta al sorpasso sugli Stati Uniti come Paese più inquinante al mondo. Ma il progresso non si può arrestare. Né tanto meno la soluzione è chiudere fabbriche o vietare si vendano automobili. Bisogna piuttosto cercare di porre un freno alle emissioni, per garantire una qualità dell’aria (e della vita) migliore alla popolazione, senza però arrestare la crescita. Da qui l’appello all’Emilia Romagna, che già opera nel settore, ed alle duecento aziende del comparto green presenti al seminario già attive sul territorio.

Riscaldamento globale, rischio carestia in Cina

E se la Cina, lo abbiamo visto ieri, continua a mantenere il suo triste primato di Paese più inquinante al mondo, pare che paghi (pagherà) anche il prezzo più alto a causa del cambiamento climatico.
A dirlo è una ricerca compiuta dalla stessa Università di Pechino che lancia l’allarme, in questi giorni, sul rischio di una carestia nel Paese orientale dovuta proprio agli effetti del riscaldamento globale.

L’agricoltura è infatti il settore più penalizzato dalle temperature alte per via di siccità, aumento dei parassiti e di malattie delle piante favorite da climi caldi, e forti piogge, e l’équipe di ricercatori si spinge molto, forse troppo, in avanti con le previsioni, ipotizzando, per il 2050, uno scenario a dir poco disastroso, con una riduzione, in alcune aree, del 20% della produzione agricola. Si parla di perdite della resa fino al 22% per il grano, del 18% per il riso e fino al 30% per il mais.

Emissioni CO2 in calo nel 2009, male Cina, India e Brasile

La CO2, uno dei gas serra imputati del riscaldamento globale ed il cui aumento sarebbe in parte legato all’inquinamento provocato dall’uomo, è in calo. Si tratta di una buona notizia che giunge dalle rilevazioni fornite da uno studio effettuato dai ricercatori del Center for International Climate and Environmental Research di Oslo e pubblicato dalla rivista di divulgazione scientifica Environmental Research Letters.

I dati si riferiscono alle emissioni globali di CO2 relative all’anno 2009. Il decremento riportato è pari all’1,3% e fa riflettere il fatto che si sia registrato un più basso livello di anidride carbonica nonostante i tassi si siano elevati notevolmente in molti Paesi in netta espansione economica, in primis la Cina e l’India.

Deforestazione, 40 ettari di alberi tagliati ogni giorno per produrre le bacchette cinesi

Tra le tante attività anti-ecologiche che si praticano in Cina, c’è quella forse più nota al mondo: l’utilizzo delle bacchette per mangiare. Ci eravamo già occupati delle bacchette in avorio prodotte dalle zanne degli elefanti, ma il problema è che sono molto più comuni quelle in legno usa e getta.

Pare che addirittura il Ministero del Commercio cinese si sia reso conto che la situazione stava diventando insostenibile, ed ha per questo inviato un avviso ai produttori delle bacchette per avvertirli che la

Produzione, la circolazione ed il riciclaggio delle bacchette usa e getta dovrebbero essere più strettamente controllati.

Il motivo? Con circa 45 miliardi di paia di bacchette monouso ogni anno nel Paese, ovvero circa 130 milioni al giorno, un’enorme quantità di legno viene sprecato. In un Paese che sta cercando di aumentare la copertura forestale (da circa l’8% nel 1949 al 12-13% di oggi), non ci si può permettere il lusso di abbattere alberi con così tanta leggerezza.

Lucciole morte come pegno d’amore, un gesto romantico made in Cina

Ci risiamo. Tra il mercato delle bacchette di avorio che alimenta il massacro degli elefanti, il vigore sessuale e gli usi medicinali di parti di tigre, la cui richiesta sta portando alla profanazione delle riserve protette e la zuppa di pinne di squalo che è all’origine della barbara pratica del finning, non è inconsueto puntare ancora una volta il dito contro la Cina. Stavolta il problema è il business sorto intorno alle lucciole, donate come pegno d’amore, in quanto simbolo di romanticismo.

Vanno a ruba tra fidanzati e amanti, stando a quanto riportato dallo Shanghai Daily. Ma la cosa non piace al WWF, che critica l’ennesima pratica, moda o dir si voglia a scapito degli animali, e che stavolta colpisce nello specifico i luminosi insetti.

Auto elettriche, arriva la svolta cinese

Ora è deciso, le auto elettriche invaderanno il mercato nei prossimi anni. Come facciamo ad esserne così sicuri? Perché la seconda economia mondiale (o presunta tale) ha deciso che le case automobilistiche cinesi dovranno produrre auto elettriche. Non sarebbe una novità, se non fosse che a guidare questa scelta, comportando una “sterzata” piuttosto drastica all’economia, è lo stesso Governo di Pechino, il quale prenderà in mano le redini delle circa 100 piccole e grandi aziende automobilistiche cinesi, per farne una sorta di colosso unico dell’auto elettrica.

I tentativi di conversione sono già stati provati negli anni scorsi, con la decisione del Governo di inserire nelle principali città del Paese qualcosa come mille auto elettriche all’anno a partire dal 2008. Questo proposito è lo stesso che abbiamo potuto riscontrare nelle maggiori nazioni mondiali, e proprio come loro, anche qui è stato disatteso. Ma non è detto che continuerà ad esserlo in futuro.

Trasporto ecosostenibile, in Cina arriva l’autobus gigante

In Cina i risultati della tecnologia non smettono mai di stupire e questa volta ci pensa l’autobus ecosostenibile gigante, un mezzo capace di passare sopra alle vetture per facilitare la viabilità e agevolare il trasporto dei passeggeri.

Il 3D Express Coach è un autobus alto 5 metri e largo fino a 6 ideato per far fronte ai problemi del traffico e dell’inquinamento. In Cina ogni giorno circolano circa 60 milioni di vetture e pensare di costruire altre strade o potenziare le linee della metropolitana avebbe un costo in denaro e in ambiente troppo elevato: cemento accanto ad altro cemento e ancora più vetture per strada.

Rifiuti nello spazio, alla Cina il primato per l’inquinamento in orbita

Residui di razzi, satelliti dismessi, parti di veicoli: sono solo alcuni pezzi dei rifiuti che gravitano nello spazio. A produrli sono, ovviamente, le tre principali potenze spaziali nella misura del 93% dell’ammontare della spazzatura orbitante.
Stando ai dati forniti dall’Agenzia Spaziale Federale Russa Roscosmos il 40% dei rifiuti sarebbe prodotto dalla Cina, al secondo posto ci sarebbero gli Stati Uniti con il 27,5% e al terzo la Russia con il 25,5%. Il restante 7% è imputabile a tutti gli altri Paesi che in questi ultimi anni hanno partecipato alle missioni spaziali internazionali o hanno azzardato una propria corsa nello spazio.

Ci pensavo proprio oggi: ma quanti poco onorevoli primati detiene la Cina? Ci accaniamo spesso contro il Paese asiatico per via della continua richiesta di parti di animali per la medicina tradizionale, cerimonie sacre, aumento del vigore sessuale, ma anche per la cucina: vedi bacchette di avorio che alimentano l’uccisione di centinaia di elefanti e zuppa di pinne di squalo, che spingono pescatori di tutto il mondo a praticare la redditizia quanto barbara pratica del finning.

Finning, il massacro degli squali con la barbara tecnica dello “spinnamento” (foto)

Oggi parliamo di finning, lo spinnamento degli squali. Immaginate il terribile predatore dei mari catturato, privato delle pinne e rigettato in mare ancora vivo, annegare senza via di scampo o morire dissanguato lentamente. Ecco, in sintesi, questo è il finning, l’ennesima barbarie dell’uomo cacciatore crudele che non ha alcun rispetto per le sue prede.

Dico in sintesi perché in realtà dietro lo spinnamento degli squali c’è molto di più. Ci sono tradizioni dure a morire, in particolare una ricetta molto diffusa in Asia, in special modo in Cina, di una zuppa realizzata con le pinne di squalo.  Questo piatto è considerato una prelibatezza ed è molto diffuso sulle tavole asiatiche.

Energia, la Cina supera gli USA per consumo

Dai dati pubblicati in questi giorni dall’International Energy Agency (IEA) la Cina risulta essere il Paese che consuma più energia al Mondo, persino dopo gli Stati Uniti. Per Zhou Xan, il portavoce dell’Ufficio Nazionale per l’Energia di Pechino la notizia non è attendibile

E’ una stima che può servire come indicazione ma che non è molto credibile. Noi pensiamo che non abbia capito bene la situazione cinese, ed in particolare gli sforzi che la Cina ha fatto per risparmiare energia, ridurre le emissioni e sviluppare nuovi fonti di energia.