Occorre andare oltre il PIL per ristabilire l’economia nell’area del Mediterraneo che risulta essere “sommerso dal debito ecologico”. E’ questo quanto emerge dal nuovo rapporto Living Planet Report 2012 realizzato dal Wwf per conoscere l’impronta ecologica del Mediterraneo.
Nonostante la ricchezza naturalistica del Mediterraneo, definito dal Wwf un “tesoro di biodiversità” è sommerso dal debito ecologico. Il sovrasfruttamento delle risorse e degli ecosistemi, come le zone costiere, le foreste, i boschi, le zone umide che diversificano il territorio; sta facendo collassare quest’area. A dimostrarlo ci sono i dati raccolti dal Wwf nel rapporto “Andamento dell’impronta ecologica nel Mediterraneo” del Global Footprint Network che si è svolto a Venezia nell’ambito della Conferenza Internazionale “Garantire la competitività del Mediterraneo”. Come spiega Gianfranco Bologna, direttore scientifico di Wwf Italia
Il rapporto documenta che la domanda dell’area mediterranea per le risorse ed i servizi ecologici è incrementata del 197% nei 47 anni presi in considerazione, dal 1961 al 2008, aumentando il deficit ecologico del 230%, e del 150% negli ultimi 4 anni, a partire dal 2008, e che nel solo 2008 tre paesi da soli hanno inciso per più del 50% sull’impronta totale della regione mediterranea.
Sono stati la Francia (21%), Italia (18%) e la Spagna (14%) a indicedere sull’impronta ecologica dell’area. Le loro politiche falliranno se non prenderanno in considerazione il deficit ecologico del Mediterraneo. Il Wwf propone come rimedio il programma “Oltre il PIL” realizzato in collaborazione con la Commissione europea, il parlamento europeo, l’Ocse e il Club di Roma. E’ necessario dunque affinacare “una contabilità ecologica e sociale a quella economica e individuare nuovi indicatori di benessere e progresso”. Strategia politica che è nettamente controtendenza rispetto a quella messa in atto negli ultimi anni per uscire dalla crisi finanziaria: anziché puntare sulla riduzione dell’impronta ecologica si stanno varando leggi che deregolano la tutela del capitale naturale e dei beni comuni. E questo si sta verificando in Spagna, Grecia, Portogallo e Italia. Quel che occorrerebbe, annuncia Bologna
Sono gli investimenti nel capitale naturale, come ad esempio nelle Green Infrastructures per riconnettere il tessuto della natura dell’area mediterranea e mettere in campo urgentemente azioni che riducano questo ‘deficit ecologico’ facendo in modo che le capacità rigenerative dei sistemi naturali siano in grado di ricostituire le risorse utilizzate dalle nostre economie e le capacità ricettive degli stessi rispetto ai nostri scarti e rifiuti.
Un totale di circa 29 miliardi di euro!
[Fonte e foto: Wwf]
Commenti (1)