Ad Abu Dhabi, la città più ricca del pianeta, la vita è da sogno. La media di reddito procapite ammonta all’incirca intorno ai 17 milioni di dollari. Questo è dovuto dal fatto che i ricchi cittadini arabi sono seduti su un’immensa fortuna nera chiamata petrolio (circa un decimo di quello presente su tutta la Terra). Ma nonostante ciò, anche questi magnati del petrolio sono interessati alle energie rinnovabili. Può sembrare un controsenso, ma è così.
La sfida dei prossimi anni, accettata da tutti questi miliardari, è di investire enormi quantità di denaro nel nuovo settore dell’economia basato sull’energia pulita. Gli stessi leader si rendono conto infatti che, anche se di petrolio ce n’è ancora a sufficienza, esso non ci sarà per sempre. Per questo motivo meglio premunirsi e farsi trovare pronti all’eventualità che i rubinetti rimangano improvvisamente a secco.
Il secondo World Future Energy Summit si concluderà oggi, e si tiene appunto ad Abu Dhabi come scelta strategica per andare incontro alle prospettive economiche che questa scelta può garantire. Circa 15 mila delegati si sono riuniti nelle tre conferenze sull’energia tenutesi nei tre giorni della manifestazione, e hanno parlato delle strategie future di investimento nelle rinnovabili, sulle tecnologie da sfruttare ed anche sugli accordi internazionali da intraprendere. I temi su cui si dibatte in questi giorni sono i più disparati. Oltre ai più classici infatti si parla anche di trasporto pulito, edifici, rifiuti e tanto ancora, con la presenza, per la prima volta, anche di un padiglione italiano formato da tre aziende nostrane che si occupano di rinnovabili: Sedna, Vp Solar e Solare XXI, più lo stand internazionale dell’Enel Greenpower. C’erano proprio tutti, compresi molti rappresentanti politici come ad esempio Tony Blair, ma come al solito nessun italiano. Per questo da noi non ne sentiremo mai parlare.
Secondo gli organizzatori e i partecipanti all’evento, questo è il settore dell’economia che risolverà la crisi finanziaria che sta colpendo il mondo in questi mesi, ed è per questo che gli Emirati Arabi l’hanno presa tanto a cuore. Con il crollo del costo del petrolio e gli investimenti che non vanno più a buon fine, si è calcolato che in quelle zone la crisi ha colpito più che nel resto del mondo. Si è calcolato che, fino ad ora, sono stati persi 2.500 miliardi di dollari, e gli sceicchi non hanno intenzione di perderne ancora. Per questo si approcciano a questa tecnologia con una visuale imprenditoriale. Lo faranno anche per guadagnarci, nessuno lo mette in dubbio, ma forse sarà proprio questa la scintilla che permetterà di far iniziare la rivoluzione ecologica in tutto il mondo.
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