Nella giornata di ieri la Corte Costituzionale, come facilmente prevedibile con largo anticipo, ha rigettato i ricorsi presentati da 10 Regioni (in precedenza erano 11), le quali si erano opposte al ritorno al nucleare, almeno sul loro territorio. Per protestare contro questa decisione e contro tante altre del Governo che vuole a tutti i costi tornare indietro di 30 anni, quasi un centinaio di persone hanno dato vita ad un flash mob a Roma, in via del Corso, accasciandosi a terra per un minuto.
La decisione della consulta rileva infondatezze ed inammissibilità nei ricorsi di Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise, mentre il Piemonte, che con l’amministrazione Bresso aveva intrapreso lo stesso iter, l’ha ritirato quando Presidente di Regione è diventato il leghista Roberto Cota.
Secondo la Corte Costituzionale ci sono profili di “illegittimità” rispetto alla legge delega che conferisce i poteri alle Regioni, in quanto i luoghi su cui saranno costruite le centrali nucleari ed i siti di smaltimento sono considerati di importanza strategica nazionale, e dunque sotto il diretto contollo del Governo che in questo modo scavalca gli enti locali.
Il problema contestato dai governatori regionali è principalmente il fatto che, nonostante pare che i siti siano già stati individuati, non solo non sono ancora pubblici, ma la decisione sia stata presa senza consultare gli amministratori, con una sottrazione di poteri considerata illegittima. Gli altri aspetti contestati sono:
- I criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo dell’esecutivo centrale in caso di mancato accordo;
- La possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione;
- La procedura che prevede un’autorizzazione unica, esclusiva quindi del Governo centrale, sulle tipologie di impianti per la produzione di energia nucleare.
Peraltro tutti principi che vanno contro quel Federalismo tanto sbandierato dall’attuale Governo Berlusconi. Nel frattempo però le Regioni hanno effettuato la mossa successiva, impugnando il decreto del 15 febbraio scorso che in pratica trasferiva qualsiasi potere nelle mani uniche di Roma, lasciando alle Regioni solo l’amaro in bocca della consapevolezza di non poter fare nulla. Per ora si sono pronunciate su questo punto la Puglia, la Toscana e l’Emilia Romagna, ma probabilmente a breve lo faranno anche le altre. Nel frattempo Greenpeace, gli Amici di Beppe Grillo di Roma e Mondo Senza Guerre e Senza Violenza continuano la loro protesta sul web e per le strade della Capitale.
Fonte: [Ansa]