Le nostre spiagge sono sempre più eco-compatibili. Non si visita più un sito o non si trova più un annuncio pubblicitario che non elogi gli aspetti ecologici di questo o quello stabilimento balneare. Ma saranno davvero così green? Senza entrare nel merito dei singoli casi, ultimamente ne stiamo vedendo di tutti i colori. Ad esempio, per permettere ai bagnanti di rimanere collegati ad Internet anche in spiaggia, c’è chi è arrivato a costruire degli ombrelloni fotovoltaici che hanno montato in cima un pannello.
Ma non si finisce qui. Abbiamo visto infatti anche passerelle in materiale riciclato, cabine alimentate da energia pulita (anche se non riusciamo a spiegarci a che serva l’energia in cabina), pozzi geotermici ed eco manutenzione. Tutti titoli auto assegnati dagli stabilimenti che sperano così di attirare i cosiddetti eco-turisti, quelli cioè che scelgono il luogo di vacanza in base alla sua sostenibilità.
Intendiamoci, non li stiamo criticando, ma siamo sicuri che siano così green? O si tratta piuttosto di greenwashing, cioè di specchietti per le allodole verdi? Noi abbiamo sempre sostenuto l’importanza di avere un’energia derivante da fonti pulite, ma se per secoli i bagnanti non hanno avuto bisogno di elettricità in spiaggia, ci sarà stato un motivo. Che senso ha spendere milioni di euro per creare impianti iper-tecnologici di ultima generazione, quando magari l’acqua è sporca?
Non dico che questi interventi non siano positivi, se la spiaggia è pulita, l’acqua è limpida ed i servizi essenziali come la raccolta differenziata sono garantiti, magari ci stanno pure. Ma il problema è che molto spesso queste strategie servono proprio per far credere che il proprio stabilimento sia ecologico e attirare gente che non ne capisce molto e si lascia convincere. L’unica spiaggia veramente green è quella libera, ma se proprio bisogna farci un business, io mi accontenterei di scoprire che sono garantiti i servizi essenziali per una spiaggia pulita. Tutto il resto è noia.
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