Mulini a vento e pannelli solari sono diventati i simboli del crescente interesse per l’energia alternativa in America. Eppure il Congresso in questo periodo inizia a discutere di nuove norme per limitare le emissioni di anidride carbonica e per promuovere l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, ma con una domanda di base: quanto gli americani saranno disposti a pagare per sfruttare il vento ed il sole?
Il contenimento delle emissioni di biossido di carbonio porterà quasi certamente ad aumentare i prezzi, secondo gli esperti. Ed aumentare la fiducia della nazione in materia di energia rinnovabile porterà di per sé ad aumentare dei costi. Quindici mesi in una fase di recessione poi fanno il resto. Gli sforzi per frenare le emissioni di anidride carbonica stanno cominciando a sembrare inevitabili. L’Environmental Protection Agency la scorsa settimana si è impegnata a disciplinare la politica dei gas inquinanti nocivi. Obama intanto spera sempre di inserire il famoso “cap-and-trade” che costringerebbe inquinatori a ridurre le loro emissioni o acquistare permessi da produttori “puliti”. Inoltre si è anche discusso se richiedere che una certa percentuale di energia elettrica della nazione provenga da fonti rinnovabili.
L’effetto di queste misure, qualsiasi esse siano, sarà un incremento del costo dell’energia elettrica. Infatti il regolamento delle emissioni di anidride carbonica aumenterà il costo della combustione del carbone e degli altri combustibili fossili. I costi di produzione più elevati comporteranno un aumento delle bollette. Almeno in un primo momento.
Le incognite sono tante. Prima di tutto capire quanto le imprese ridurranno la dipendenza dal carbone o altre fonti classiche per affidarsi alle rinnovabili. Infatti più si rimane ancorati ai combustibili fossili e più il costo dell’elettricità sarà alto. Un altro ostacolo saranno le oscillazioni del mercato. Se il prezzo del gas naturale viene sufficientemente elevato, il vento potrebbe apparire conveniente rispetto ad esso, ma adesso il gas naturale è bruscamente calato grazie alla crisi, e paradossalmente si va a finire che il vento costa più del gas.
In America già qualcuno comincia a titubare, affermando che forse le energie rinnovabili non siano così conventienti come sembra. Anzi, escludendo le tasse contro l’inquinamento, allo stato attuale i combustibili fossili costerebbero di meno perché, ad esempio, la potenza delle celle fotovoltaiche è generalmente più costosa di quella di termica solare che come grado di sviluppo è ancora molto indietro.
Un moderno impianto a carbone convenzionale, senza la tecnologia per la cattura del biossido di carbonio, costa circa 7,8 centesimi al kilowatt/ora, un impianto ad alta efficienza di gas naturale, 10,6 centesimi, e un nuovo reattore nucleare, 10,8 centesimi. Un impianto eolico invece costerebbe 9,9 centesimi per kilowattora, meglio del nucleare e del gas, ma peggio del carbone. Il problema è che in periodi in cui c’è poco vento, i costi per ricavare ugualmente l’energia potrebbero portare il prezzo fino a poco più di 12 centesimi, il che rende questa tecnologia la meno conveniente. L’allarme che lanciano gli economisti quindi è che in un periodo di crisi come questo forse è il caso di continuare sulla vecchia strada, mentre dopo che sarà passata la crisi, e i costi di petrolio, gas e quant’altro riprenderanno a salire, sarà il caso di passare ad altre fonti rinnovabili, che grazie alla ricerca potranno diventare anche meno costose.
Fonte: [The New York Times]
tommi 30 Marzo 2009 il 4:12 pm
per me ci manca pochissimo al punto di non ritorno.. penso che se dobbiamo iniziare a investire sulle rinnovabili dobbiamo cominciare già da ora, altrimenti sarà veramente troppo tardi.. non so se ieri sera avete visto report…