Gli obiettivi del pacchetto clima dell’Unione Europea non sono negoziabili, e non si possono annacquare soprattutto ora, che con l’elezione a Presidente di Barack Obama, anche gli Stati Uniti si stanno allineando alle scelte dell’Europa.
E’ questo l’appello lanciato dal presidente della commissione Ue Josè Manuel Durao Barroso a due giorni dall’incontro dei 27 per ratificare il pacchetto del 20-20-20. Barroso non fa mai il nome dell’Italia nel suo discorso di presentazione del summit, ma i riferimenti sono fin troppo evidenti per permettere ai nostri rappresentanti di fare orecchie da mercante.
I parametri non si trattano, e quindi nessun aiuto alle imprese o ad interi settori, l’economia non si blocca rispettando l’ambiente, anzi questa è un’opportunità in più per rilanciarla. Tra i tanti proclami che ha fatto il Governo nei giorni scorsi c’è il rischio di vedere solo l’accordo sulla revisione al 2014 effettivamente attuato, dato che per quanto riguarda la riduzione degli obblighi di emissione ed eventuali aiuti comunitari, Barroso non ne vuole proprio sentire parlare.
In risposta di questo monito, si sollevano subito due voci, quella del presidente Sarkozy e quella del presidente polacco Tunsk. Il presidente francese si è subito schierato con Barroso, ritrattando quegli accordi verbali presi dal suo Ministro dell’Ambiente con l’Italia, che sembravano andare nella direzione dell’accordo per sfuggire al pacchetto in maniera condivisa; quello polacco invece ha ridimensionato le richieste del suo Paese e di quelli dell’Est Europa, auspicando una riduzione o l’eliminazione dei pagamenti dei permessi di emissione tra il 2013 e il 2019.
Ricordiamo infatti che nel trattato esiste una sorta di “tassa di emissione“, cioè una somma da pagare per quelle industrie che decidono di emettere CO2 dopo il 2013. Il prezzo sarà deciso da una “Borsa” europea delle emissioni la quale, per come stanno adesso le cose, graverebbe solo sulle spalle dei Paesi più sviluppati, e servirebbe per aiutare quelli dell’Est europeo. Resta ora da conciliare questa richiesta (che potrebbe essere accolta) con quella della Germania che vuole esonerare dal pagamento l’industria pesante, e quella dell’Italia che cerca di tirar fuori determinati settori a rischio come quello manufatturiero. La risposta la avremo tra due giorni, quando a Bruxelles i grandi d’Europa si riuniranno per decidere il da farsi.
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