In queste ore arriva sempre più forte dalle nostre parti l’eco degli scontri in Turchia. Il Paese considerato il “ponte” tra Occidente e Medioriente è in questi giorni alle prese con una rivolta che per ora non è sfociata in guerra civile soltanto perché le persone che l’hanno iniziata avevano scopi pacifici. Ma vista la violenza con la quale sta venendo repressa dalle autorità, non siamo sicuri che possa rimanere pacifica ancora per molto. L’aspetto che a noi interessa è che tutto è nato dalla difesa dell’ambiente.
Il Primo Ministro Erdogan, il quale ha come unico obiettivo quello di far fruttare sempre più soldi, ha autorizzato una grande catena a realizzare un centro commerciale, l’ennesimo, nella città di Istanbul. Non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che il luogo prescelto fosse il parco di Gezi. Si tratta di uno dei parchi più antichi della città che ospita una caserma del 1940 oggi in disuso. L’intenzione dell’amministrazione è di riconvertire questa caserma in un centro commerciale ben più grande della costruzione originaria, il quale dovrebbe cancellare praticamente qualsiasi traccia di verde nei dintorni.
Il parco offre ristoro ai cittadini di Istanbul che stanno vedendo trasformare la loro città sempre più in una cattedrale del cemento. Si respira sempre meno e così l’unico polmone rimasto nell’arco di chilometri era proprio questo parco. Un polmone verde che all’inizio del secolo scorso era il secondo più grande della città, ma che pian piano è stato ridotto a causa dell’edificazione di alberghi di lusso ed altri edifici che lo hanno lasciato con sempre meno alberi.
Ora, all’annuncio del centro commerciale che avrebbe raso al suolo tutta la vegetazione, la gente non ce l’ha fatta più ed è scesa in piazza. Inizialmente la forma di protesta prevedeva l’occupazione del parco per non far entrare le ruspe. Successivamente la situazione è degenerata sempre di più fino a costringere le autorità ad intervenire con la forza. Tutto ciò non ha fatto altro che indispettire la popolazione che è scesa in piazza ancora più numerosa, fino ad arrivare agli scontri di questi giorni.
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