Si tira un primo bilancio sulla tromba d’aria scatenatasi ieri sull’Ilva: 38 feriti di cui 20 operai e ancora un disperso, finito in mare dopo il crollo di una gru. I danni sono ingenti, dal fulmine che ha spezzato un camino dell’impianto siderurgico ad alcune case della zona, oltre a un campanile crollato e a più di una gru tirata via dal vento.
La tromba d’aria abbattutasi sull’Ilva e dintorni, ieri a Taranto, di scala 1-2 con venti calcolati fino a 200 km/h, ha causato ben 38 feriti, tra cui 20 operai dell’Ilva e 10 bambini di una scuola media delle vicinanze, i cui vetri sono andati in frantumi. Fortunatamente non si registrano feriti gravi ma solo lievi. Purtroppo, tuttavia, un uomo è ancora disperso: si tratta di un operatio dell’area imbarchi dell’Ilva, nella zona portuale. L’uomo si trovava nella cabina di comando di una gru crollata al passaggio della tromba d’aria ed è stato tirato in mare (a 24 metri di profondità, secondo le stime circolanti). Le ricerche sono state interrotte ieri sera a causa del mare mosso, si aspettano novità per la giornata di oggi.
Secondo l’Arpa Puglia che monitora la qualità dell’aria nella zona non si sono registrati superamenti dei limiti di inquinamento, nessun danno ambientale, quindi, legato al passaggio della tromba d’aria sull’Ilva. L’Ilva sembra davvero non poter uscire per un attimo dalle prime pagine dei giornali, tra arresti, sequestri, scioperi, manifestazioni, persone a favore della chiusura purché il risanamento ambientale abbia la priorità e persone favorevoli all’immediata riapertura dell’impianto per il bene degli operai (o più spesso, quando si tratta di politici, per il bene dell’economia) e questa nuova frustata ambientale non c’è davvero un attimo di quiete attorno alla questione dell’Ilva. E intanto, mentre si tira il bilancio di questa tromba d’aria, il ministro dell’ambiente Corrado Clini spinge come sempre per la riapertura dell’impianto. Il decreto legge che potrebbe permetterlo sarà domani al vaglio del Consiglio dei ministri.
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