Trivellazioni al largo delle Tremiti, il no della popolazione

di Redazione 3

Continuano le proteste di ambientalisti e di liberi cittadini contro le trivellazioni petrolifere a largo delle isole Tremiti. Come ha spiegato il Commissario al Parco Nazionale del Gargano e assessore all’Ambiente della provincia di Foggia, Stefano Pecorella

L’avvio di tale attività e la sua eventuale, non auspicata, futura espansione fanno sorgere spontaneamente forti perplessità circa la possibilità di assicurare stabilità e prospettica concreta al raggiungimento dell’obiettivo di tutela ambientale delle nostre ancora splendide aree protette terrestri e marine. Profondiamo quotidianamente sforzi, nelle difficoltà finanziarie dei nostri enti, per la crescita della cultura della cura ambientale e perché questa poi si tramuti in una migliore qualità della vita dei nostri cittadine e di fronte ad ogni pericolo, od anche presunto tale, è giusto e doverosos che ognuno possa far sentire la propria voce, democraticamente e nelle sedi opportune

ha poi concluso Pecorella, e ha dato appuntamento ai sindaci dei Comuni del Parco per discutere su come muoversi per bloccare il decreto firmato dai ministriPrestigiacomo e Galan, probabilmente ampliando l’area marina protetta affinché le trivellazioni off-shore siano interdette dalla zona.

Il decreto dà via libera alla Petroceltic Italia, emanazione di una società irlandese, di effettuare indagini nei fondali marini per cercare petrolio a largo delle isole Tremiti, ad una profondità di 140 metri su un’area di 730 km quadrati, un’area che grossomodo corrisponde a più della metà del comune di Roma. L’area interessata alle trivellazioni si trova esattamente a 40 km da Punta Penna e a 26 dalle isole Tremiti. Le ricerche di idrocarburi nel Mediterraneo lo scorso anno avevano ottenuto la valutazione ambientale favorevole, poi dopo il disastro della British Petroleum del Golfo del Messico, il ministro dell’Ambiente aveva adottato una moratoria per bloccare le trivellazioni sui nuovi impianti in Italia, la stessa cosa fatta per il ritorno al nucleare nel Paese dopo la vicenda della centrale di Fukushima. In tutto questo l’Italia unisce al danno anche la beffa, potrei dire:  non solo con la tecnica di ricerca idrocarburi utilizzata, la “air gun” ossia impulsi a ultrasuoni, mette a repentaglio la vita di delfini e cetacei, ma l’eventuale apertura di impianti a poca distanza dalle coste e dalle riserve marine protette delle Tremiti e del Parco Nazionale del Gargano creerebbe non pochi rischi per l’ecosistema; ma in tutto questo l’Italia andrebbe a guadagnare solo il 4% sui proventi, quando negli altri Paesi le royalties sono del 30-50%. Non è difficile  capire la grande quantità di richieste per trivellare i nostri fondali. Come ha detto anche Legambiente, è una follia.

Idrocuarburi nel Mediterraneo: il disastro ambientale di Porto Torres

Dopo Fukushima, le parole del ministro Prestigiacomo

Perché le trivellazioni mettono a rischio la biodiversità

Golfo del Messico dopo un anno

[Fonti: La Stampa; Libero News]

 

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