Trivellazioni petrolifere al largo delle Tremiti: Legambiente ha reso noto con un comunicato diffuso nelle ultime ore di avere impugnato davanti al TAR del Lazio, insieme ad altre associazioni ambientaliste, il decreto del Ministero dell’Ambiente (126/2011) che esprimeva un giudizio favorevole sulla compatibilità ambientale del programma di indagini sismiche avanzato da Petroceltic Italia, atto ad individuare nuovi giacimenti da avviare allo sfruttamento petrolifero al largo delle coste abruzzesi, molisane e pugliesi. Il procedimento del Ministero, secondo quanto lamentano le associazioni, induce a dubitare che sia stata effettuata una valutazione corretta dell’impatto ambientale che comporta l’operazione.
Inoltre la Regione Puglia, che già in passato si era opposta a dei progetti di ricerca presentati dalla Petroceltic, non sarebbe stato coinvolta nella procedura. Spiega Legambiente che il programma industriale che si cela dietro questo permesso di ricerca è in realtà molto ampio, tanto da intessare 11 aree di indagine petrolifera e da riguardare ben 4mila chilometri quadrati di mare territoriale.
Ciononostante, si legge nel comunicato, questa autorizzazione ha formato oggetto di una VIA singola, senza alcuna valutazione delle interferenze e degli impatti cumulativi riferiti alla iniziativa nella sua globalità. Così facendo il ministero dell’Ambiente ha evidentemente violato i principi affermati solo un anno fa dal giudice amministrativo in relazione a un analogo progetto di ricerca frazionato in lotti della società Northern Petroleum (cfr. sentenza TAR Puglia – Bari, n. 2602/2010).
Il procedimento, per le associazioni, deve essere rinnovato tenendo conto dei principi di pubblicità ed aprendo alla partecipazione. Legambiente contesta l’utilizzo della tecnica air-gun che provocherebbe danni ai mammiferi marini:
come attestato dalle perizie necroscopiche eseguite nel dicembre 2009 sui capodogli che si spiaggiarono sulle coste garganiche in seguito a fenomeni di embolia gassosa.
Per Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, ci troviamo di fronte ad una lottizzazione senza scrupoli del nostro mare che stravolge anche le Aree Marine Protette:
Una ricerca forsennata per individuare ed estrarre i 129 milioni di tonnellate che, secondo le stime del Ministero dello Sviluppo economico, sono recuperabili dal mare e dalla terra italiani. Ma il gioco non vale la candela. Agli attuali ritmi di consumo, queste riserve consentirebbero all’Italia di tagliare le importazioni per soli 20 mesi, col serio rischio di ipotecare, invece, per sempre il futuro di intere aree di importante valenza naturalistica e turistica.
[Fonte: Legambiente]