L’allarme glifosato proviene da una recente ricerca condotta dal Salvagente, in collaborazione con l’associazione A Sud, che ha preso in esame i valori di donne incinte italiane che vivono lontano da aree agricole. Secondo quanto emerso dalle analisi 14 donne incinte su 14 avevano tracce di glifosato nelle urine in percentuali variabili.
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I quantitativi di glifosato riscontrati variano da 0,43 nanogrammi per millilitro di urina fino a 3,48 nanogrammi. Le ricerche su questo erbicida non sono ancora tali da poter stabilire se sia un livello elevato o non preoccupante ma una cosa è certa: questo potente erbicida brevettato dalla multinazionale Monsanto Company è stato classificato come probabile cancerogeno dallo Iarc, l’Agenzia di ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e quindi non dovrebbe essere presente nel nostro organismo, né tanto meno nelle donne che aspettano un bambino.
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E la cosa più allarmante è che le donne prese in considerazione dalla ricerca non vivono in zone agricole ma in città. E’ evidente quindi che la contaminazione da glifosato può avvenire anche per chi non sta a contatto con la terra. Principale indiziato è l’alimentazione, e non solo le verdure crude e cotte ma anche le farine e le carni, infatti oltre l’85% dei mangimi utilizzati in allevamenti sono costituiti da mais, soia, colza Ogm, resistenti al glifosato.
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Riccardo Quintili, direttore de il Salvagente, precisa:
Se non si cambia rotta nessuno può sentirsi al sicuro. Né può pensare che lo siano i propri figli, neppure se non hanno ancora visto la luce.