Abbiamo seguito con vivo interesse lo scontro tra la APP (Asia Pulp and Paper), il colosso della carta, e Greenpeace, relativa alla pubblicità ingannevole della multinazionale sul suo ruolo di protettrice delle foreste pluviali indonesiane, habitat della tigre di Sumatra. Lo spot del brand con l’orma della tigre aveva fatto infuriare gli ambientalisti e come dargli torto. D’altra parte, negli ultimi anni, sembra che i pubblicitari delle multinazionali che meno si interessano al rispetto dell’ambiente non trovino idee più coerenti di animaletti teneri ed alberelli appena plantumati per promuovere il volto buono di queste aziende.
Decisamente provocatorio come certi spot sullo sviluppo sostenibile delle compagnie petrolifere nei confronti delle popolazioni indigene che in realtà intossicano, a dir poco inguardabili. Qualche giorno fa un comunicato della APP annunciava la ricollocazione di una tigre di Sumatra nel suo ambiente, a testimonianza dell’impegno della multinazionale per la fauna selvatica dei territori in cui è attiva. Lo ammetto, l’ho volutamente ignorato, etichettandolo come l’ennesima trovata di facciata, a pochi giorni dalla polemica con Greenpeace, poi!
A distanza di qualche giorno, infatti, ecco che la stessa Greenpeace ci spiega, anche se era facilmente intuibile, da dove viene quella tigre in realtà e dove è diretta. L’esemplare di Panthera tigris sumatrae viveva nella foresta pluviale, il suo habitat, ma la progressiva distruzione del patrimonio forestale dell’area la costringe ad avvicinarsi agli insediamenti umani, così diventa un pericolo ovviamente. I nostri eroi, la APP, quelli che le hanno distrutto la casa, insomma, pensano bene di prenderla e sistemarla nel Parco nazionale di Sembilang e ne approfittano per farsi pure un po’ di pubblicità a tinte verdi, che non guasta mai di questi tempi.
Greenpeace la definisce una barzelletta, di quelle che non fanno ridere però, sottolineando che
come qualsiasi prodotto uscito dalla macchina pubblicitaria di APP basta grattare leggermente sulla superficie per scoprire cosa c’è davvero sotto. Quello che APP non dice è che se l’habitat di una delle ultime 400 tigri di Sumatra rimanesse intatto, invece di essere convertito in piantagioni industriali per la produzione di cellulosa proprio da APP, non ci sarebbe bisogno di spostare o “riallocare” la specie altrove.
La APP ha riallocato Putri, questo il nome della tigre, nel Nord di Sumatra, un’area in cui ha raso al suolo ben 27mila ettari di foresta pluviale. Spiega Chiara Campione, responsabile Campagna Foreste di Greenpeace che
I grandi predatori, come le tigri, hanno bisogno di habitat altrettanto grandi per poter sopravvivere, cacciare e riprodursi. È frammentando il loro ambiente con strade e piantagioni, che si spingono questi animali verso i centri abitati e l’estinzione. E non si tratta solo delle tigri ma di migliaia di specie che vivono nella foresta pluviale indonesiana, alcune delle quali molto rare, che non potranno essere preservate trasportandone un esemplare alla volta da un’altra parte.
Preservate no di certo ma trasportare un esemplare alla volta da un’altra parte, ci scommettiamo, garantirà un bel po’ di materiale verde marcio per decine di nuovi spot del colosso. L’ipocrisia ringrazia, tigri e foreste un po’ meno.
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