Siccità, la colpa è della sovrappopolazione

Inquinamento? Deforestazione? Mutamenti climatici? No, se dovessimo fare una classifica dei problemi più gravi per la Terra, in vetta ci sarebbe la sovrappopolazione. Siamo consapevoli del fatto che gli esseri umani hanno un impatto significativo sulle forniture di acqua, specialmente perché sul pianeta l’acqua dolce direttamente disponibile è molto più scarsa di quella salata.

Tuttavia, mai avremmo potuto immaginare che “pesiamo” quattro volte più dei cambiamenti climatici sulle riserve idriche. Una nuova relazione dimostra che abbiamo davvero bisogno di concentrarci molto di più sugli esseri umani che sul riscaldamento delle temperature, se vogliamo evitare i conflitti più importanti nel prossimo futuro.

Siccità e risorse idriche, è allarme anche in Europa

Siccità e risorse idriche in Europa

L’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) questa mattina ha reso pubblico un dossier sulle risorse idriche dell’Unione, mettendo in evidenza il rischio siccità e la carenza idrica. I dati derivano da una scorretta gestione delle risorse, spesso sfruttate e da un uso improprio e insostenibile.

Come spiegato nel rapporto dell’Aea, l’estrazione intensiva delle falde acquifere in superficie ha saturato la capacità residua dei terreni, che praticamente non fanno in tempo a raccogliere altra acqua. Per far fronte al problema e al rischio siccità per i prossimi anni, si dovrebbe limitare l’uso di acqua, promuovendo un corretto uso della stessa, evitando quindi gli sprechi.

Emergenza idrica, fiume Mekong in Asia tocca livelli più bassi degli ultimi 50 anni

agricoltore sul fiume Mekong alle prese con la siccitàUna grave siccità nel Sud-est asiatico e nella Cina meridionale ha causato l’abbassamento del livello delle acque del fiume Mekong ai minimi storici degli ultimi 50 anni. In Thailandia il commercio via fiume non è più possibile e gli agricoltori dicono che non hanno abbastanza acqua per le loro colture. Molti accusano la Cina di aver sottratto ingenti quantitativi di acqua con le numerose dighe a monte, ma gli esperti dicono che le dighe non possono essere il problema.

Un gruppo di esperti della stazione di monitoraggio delle acque di Chiangsaen sta perlustrando il fiume, controllando con strumenti di precisione il livello dell’acqua.
Nappon Nampon, che è uno degli addetti alla misurazione dei livelli dell’acqua sul Mekong da 36 anni, ha dichiarato che quest’anno il fiume ha toccato il livello più basso che lui abbia mai visto.

“Alcune barche cinesi erano rimaste arenate sul letto del fiume. Poi la Cina ha rilasciato un po’ d’acqua (dalle dighe ovviamente ndr) e sono riuscite a risalire il corso del fiume”, ha spiegato.

Il riscaldamento globale è già iniziato: Italia più calda di 10 anni fa

riscaldamento eccessivo

Rispetto al 2000 oggi fa più caldo. Nonostante la primavera stenti ad arrivare, i dati del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura e dell’Istat parlano chiaro: la media delle temperature in Italia nel periodo 2000-2009 è di quasi un grado superiore rispetto all’ultima rilevazione del periodo 1971-2000.

L’anno-record del 2003, in cui c’è stato un caldo mai registrato prima, non è stato isolato. Per fortuna non si sono mai più avute temperature così alte, ma non è un caso che gli anni appena precedenti e successivi abbiano registrato sempre colonnine di mercurio più alte rispetto al decennio precedente.

I mutamenti climatici cominciano a farsi sentire anche in Europa

scioglimento ghiacciai alpi

Fino ad oggi in molti facevano finta di nulla riguardo ai cambiamenti climatici, perché gli effetti peggiori si stavano notando sulle isole oceaniche e nei Paesi africani più poveri. Come si dice, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Ma probabilmente questo ragionamento non si potrà fare più.

L’Agenzia europea dell’Ambiente ha fotografato la situazione ambientale del Continente, e non c’è di che stare allegri: tra animali che stanno sparendo, riscaldamento climatico e sovrasfruttamento delle risorse, l’Europa rischia di collassare su sé stessa. Il rapporto “Segnali Ambientali 2010” redatto da una serie di esperti del territorio di diversi Paesi europei è stato presentato sabato, e non è per nulla incoraggiante. Dopo il salto i dettagli.

La deforestazione cala, ma ancora molto resta da fare

deforestazione

Nella giornata di ieri la Fao (Food and Agricolture Organization) ha presentato al mondo il suo rapporto sullo stato di salute delle foreste, il quale a primo impatto sembra incoraggiante. Pare infatti che nel periodo che va dal 2000 al 2010 il tasso di deforestazione sia calato per la prima volta nella storia. Si è infatti passati da un taglio di 16 milioni di ettari all’anno negli anni ’90, a “solo”, si fa per dire, 13 milioni all’anno negli ultimi 10 anni.

Il calo di 3 milioni di ettari non è di certo poco, ma pensare che ancora ogni anno sparisca una quantità di alberi talmente vasta quanto l’intero territorio della Grecia rimane un dato preoccupante. Secondo l’organizzazione internazionale, a rimarcare più di tutti questo scempio è l’America del Sud, dove avviene un terzo di questo taglio, seguita dall’Africa e dall’Oceania, dove però l’uomo c’entra marginalmente. In queste terre infatti sono circa 10 anni che la Natura sembra essersi ribellata e ha inviato una siccità ininterrotta che ha inaridito il terreno e favorito gli incendi, responsabili di gran parte di questo tasso di deforestazione.

I mutamenti climatici causano siccità e deforestazione in Europa

deforestazione europea

A seguito della presentazione del “Libro Verde“, la relazione della Commissione Europea sullo stato ambientale dell’Unione, si intuisce immediatamente il pericolo che stiamo correndo a causa dei mutamenti climatici. Le conseguenze sono molteplici e spesso legate tra di loro.

Il primo problema, sempre più evidente, sono gli incendi. Ogni anno mediamente perdiamo, all’interno dei confini dell’Europa Unita, mezzo milione di ettari di foreste, con circa 50 mila incendi concentrati perlopiù nel Sud Europa, in particolare in Italia, Spagna e Grecia. Purtroppo però, a causa del riscaldamento globale, questi incendi non rimarranno stabili (e già così sarebbe problematico), ma sono destinati ad aumentare.

Anche le anatre rischiano l’estinzione

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La perdita di zone umide di alcune regioni con estese praterie del Nord America, causata da un clima più caldo e secco, influenzerà negativamente milioni di uccelli acquatici che dipendono dal cibo della regione, secondo una ricerca pubblicata il 1 febbraio sulla rivista Bioscience. La nuova ricerca mostra che la regione sembra essere molto più sensibile al riscaldamento climatico e alla siccità di quanto si pensasse.

L’impatto per i milioni di anatre attratte dalle zone umide per gli innumerevoli siti di riproduzione in primavera rende difficile immaginare come si possa mantenere il livello attuale delle popolazioni di uccelli acquatici in condizioni climatiche alterate. I genitori non possono avere il tempo per allevare i loro piccoli fino all’età in cui possono volare a causa dell’essiccazione delle zone umide che avverrà troppo in fretta nel clima più caldo del futuro

ha spiegato il dottor Glenn Guntenspergen, un ricercatore US Geological Survey e uno gli autori del rapporto. Un nuovo modello di zona umida sviluppato dagli autori per capire gli impatti del cambiamento climatico sulle zone umide della regione fornisce proiezioni importanti sulle riduzioni del volume di acqua, la riduzione del tempo in cui l’acqua rimane nelle zone umide e le modifiche alla dinamica della vegetazione delle zone umide in questa regione di 800.000 km quadrati.

Sir Gordon Conway: “I cambiamenti climatici devasteranno l’Africa”

siccità in africa

Uno degli scienziati più influenti del mondo, professor Sir Gordon Conway, professore di sviluppo internazionale presso l’Imperial College di Londra, ha avvertito che il cambiamento climatico potrebbe devastare l’Africa, prevedendo un aumento catastrofico della carenza di cibo. Il professore ha affermato in un nuovo documento che il Continente si sta già riscaldando più velocemente rispetto alla media globale e che la popolazione residente può aspettarsi una più intensa siccità, inondazioni e mareggiate.

Ci sarà meno acqua potabile, le malattie come la malaria si diffonderanno maggiormente e i più poveri saranno colpiti più duramente, mentre i terreni agricoli saranno danneggiati entro il prossimo secolo. Spiega Conway che:

C’è già la prova che l’Africa si sta riscaldando più velocemente rispetto alla media mondiale, con temperature più calde e meno giorni di freddo estremo. L’Africa è probabile che diventi 4°C più calda nei prossimi 100 anni, e [sarà] molto secca.

Conway prevede che la fame nel continente potrebbe aumentare drammaticamente nel breve termine, come la siccità e l’aumento della desertificazione, e il cambiamento climatico che colpisce gli approvvigionamenti di acqua.

Attività solare più riscaldamento globale aumentano le possibilità di fenomeni come El Niño

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Quando il sole è più caldo, può avere un impatto sul clima della Terra in modo simile ad eventi come El Niño e La Niña, secondo un nuovo studio effettuato in Colorado. Il sole effettua un ciclo di circa 11 anni, durante il quale l’attività sulla sua superficie si intensifica o si dissipa. Si tratta di un segnale facile da osservare osservando il numero di macchie solari che punteggiano la sua superficie. La portata totale di energia della Terra dal sole varia in base al solo 0,1% di tutto il ciclo solare.

Gli scienziati hanno cercato per decenni di collegare questi alti e bassi al naturale clima della Terra e alle variazioni climatiche, e per distinguere i suoi sottili effetti dal più grande modello di surriscaldamento globale causato dall’uomo. Ma questo legame si è dimostrato difficile da trovare.

Gli scienziati del National Center for Atmospheric Research (NCAR) a Boulder, Colorado, hanno utilizzato modelli climatici di più di un secolo di temperaturature oceaniche record per trovare una connessione tra loro. Spiega Gerald Meehl, leader dello studio:

Abbiamo precisato gli effetti di un nuovo meccanismo per capire cosa accade nel Pacifico tropicale, quando vi è un massimo di attività solare. Quando c’è un picco di sole, avviene un forte impatto sulle zone tropicali e sulle precipitazioni atmosferiche di tutto il mondo.

I risultati del modello, pubblicati sul Journal of Climate, hanno dimostrato che quando il sole raggiunge il massimo di attività, si riscaldano le parti senza nubi dell’Oceano Pacifico sufficientemente per aumentare l’evaporazione, la pioggia tropicale ed intensificare gli alisei, raffreddando il lato orientale del Pacifico tropicale.

Lotta alla siccità, il know how israeliano

israele-lotta-siccitaL’acqua manca, ma di idee ne piovono in abbandonanza a sopperire alla naturale aridità del territorio israeliano, aggravata dalla costante diminuzione delle piogge. Per far fronte al problema, lo Stato ebraico oggi ricicla il 75% delle sue acque reflue e nel 2016 coprirà il 35% del suo fabbisogno grazie alla dissalazione dell’acqua di mare.

Il Paese sta investendo da anni in questo settore. Priorità numero uno: aumentare il volume d’acqua disponibile. Impianti di desalinizzazione, perforazione ancora più in profondità delle falde acquifere, aumento del volume della pioggia. Non c’è tecnologia che non sia stata esplorata e sulle quali non si sia investito per trovare un rimedio alla siccità.
A sessanta chilometri a sud di Tel Aviv, sul mar Mediterraneo, sorge Ashkelon, un gigantesco impianto di dissalazione dell’acqua di mare. Lanciato nel 2006, ha prodotto circa 100 milioni di metri cubi all’anno di acqua potabile

“per un prezzo competitivo di 0,53 centesimi per m³, “dice Erza Barkai, uno degli amministratori di IDE, la società che ha sviluppato la tecnologia alla base dell’impianto.

I mutamenti climatici spostano le precipitazioni verso Nord

temporale

Scioglimento dei ghiacci, inaridimento del terreno, aumento delle temperature, innalzamento del livello del mare. Conosciamo tutti le tante conseguenze dell’innalzamento delle temperature, ma oggi a queste se ne aggiunge una nuova: lo spostamento delle precipitazioni.

Uno studio condotto da Julian Sachs e da ricercatori dell’università di Washington, a Seattle, ha rilevato che normalmente i temporali si spostano verso Nord di 3 km l’anno, ma con il riscaldamento globale questo trasferimento avviene in maniera più veloce. Si spiegherebbe così perché molte zone tropicali ed equatoriali restano sempre più “a secco” nel vero senso della parola.

CO2 e siccità mettono a rischio le coltivazioni

coltivazioni-siccita-co2La sicurezza degli approvvigionamenti alimentari mondiali è duramente messa alla prova dai cambiamenti climatici in atto. Le vecchie piante non sono infatti abituate a temperature così torride e la mancanza di acqua, con l’avanzare della desertificazione, non fa che rendere ancora più arida la terra coltivabile. Motivo per il quale gli scienziati si stanno adoperando al fine di trovare piante più resistenti al riscaldamento terrestre e meno sensibili all’alta quantità di CO2 immessa nell’atmosfera dalle attività umane e non.

Un nuovo clima esige nuove colture. Continuare ad ignorare il problema potrebbe risultare pericolosamente deleterio, dal momento che gli studiosi hanno scoperto che le piante cresciute in ambienti aridi e/o inquinati, con alti tassi di CO2, avrebbero meno principi nutritivi rispetto alle altre e valori elevati di sostanze tossiche per l’organismo. Un recente studio, effettuato da un team di ricercatori della Monash University di Victoria (Australia), ha infatti individuato un incremento di composti tossici e una diminuzione del contenuto proteico nelle piante coltivate in territori con alto tasso di inquinamento.

Le fattorie africane stanno diventando sempre più difficili da gestire

fattoria-africana

Gli agricoltori africani presto si ritroveranno ad affrontare temperature sempre più calde in qualsiasi stagione rispetto al passato. Per far fronte a questo rapido cambiamento climatico, anche gli allevatori e gli impianti che forniscono le loro colture avranno bisogno di grandi cambiamenti, e presto.

Gli esperti hanno previsto che per un po’ di tempo gli agricoltori rischieranno di affrontare problemi come la siccità. Infatti, alcuni casi in Sudafrica sono già stati segnalati. Per vedere quanto è veloce questo cambiamento, Marshall Burke, un economista della Stanford University, ha fatto la media dei risultati da 18 modelli climatici a livello mondiale per prevedere la temperatura e le condizioni della pioggia nel 2025, 2050 e 2075 nelle regioni dell’Africa, dove la maggior parte del mais, miglio e sorgo crescono oggi. Quindi, supponendo che anno per anno la variabilità rimarrà la stessa di oggi, ha calcolato quanto sarebbe la sovrapposizione con l’attuale clima.