NASA, consumo risorse vegetali della Terra in crescente aumento

La popolazione mondiale continua a crescere ed emergono nuovi Paesi nel panorama dello sviluppo economico. Diretta conseguenza di un’umanità sempre più vorace è un consumo di risorse in costante, crescente ed inarrestabile aumento. A dirlo è la NASA, spiegando in un recente studio che il tasso di consumo delle risorse vegetali è in crescita sia nel suo complesso sia su base pro capite. Oltre che per il cibo, ad essere consumate sono le piante necessarie per la carta, per gli indumenti, per gli alimenti per il bestiame, per la legna da ardere, per i biocarburanti e per i materiali da costruzione e gli imballaggi.

Un gruppo di ricerca della NASA guidato da Marc Imhoff del NASA’s Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland, ha quantificato il consumo globale di piante nel 2004. Il gruppo ha inoltre rilevato che nel 1995 l’uomo aveva consumato il 20 per cento di tutto il materiale vegetale prodotto in quell’anno.

Sviluppo sostenibile

Sviluppo sostenibile

Il concetto, dall’anno della sua prima formulazione, nel 1987, ha acceso un vivace dibattito che ha portato e revisionarlo, ampliarlo ed estenderlo.
Secondo la prima definizione elaborata nel rapporto Brundtland (dal nome della presidente della Word Commission on Environment and Development WCED, la norvegese Gro Harlem Brundtland del 1987), poi ripresa nella Conferenza mondiale sull’ambiente e lo sviluppo ONU lo sviluppo sostenibile è:

uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie.

Una successiva definizione di sviluppo sostenibile, che estende il concetto ad una visione globale, venne fornita, nel 1991 dalla World Conservation Union, nell’ambito dell’Environment Programme and World Wide Fund for Nature, che lo identificò come:

un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende.

Biodiversità, a Nagoya approvato piano internazionale COP10

COP10, il summit internazionale sulla biodiversità che ha visto la partecipazione dei delegati di 193 Paesi, riunitisi a Nagoya, in Giappone, si è concluso il 29 ottobre scorso. I lavori, iniziati il 18 ottobre, hanno portato alla stesura di programmi condivisi a livello internazionale volti a tutelare la diversità biologica, nel rispetto degli obiettivi prefissati dagli Stati membri della Convenzione (CBD), siglata ormai diciassette anni fa.

Tre i punti cardine sui quali è stata impostata la ripresa del dialogo sulla biodiversità della Conferenza delle Parti:

  1. la conservazione della biodiversità;
  2. l’uso sostenibile delle risorse;
  3. la divisione equa dei benefici derivanti dalle risorse genetiche.

Allarme rifiuti: la montagna di spazzatura elettronica potrebbe presto sommergerci

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I Paesi ricchi stanno letteralmente inondando di spazzatura hi-tech i paesi del Terzo Mondo. Anziché impegnarsi nel riciclo e nello smaltimento, le nazioni industrializzate scaricano verso i Paesi poveri la responsabilità dello smaltimento. Computer, telefonini e televisioni che finiscono in discariche a cielo aperto o vengono bruciati, liberando sostanze molto tossiche per l´ambiente. I Paesi più colpiti: Cina, il porto nigeriano di Lagos (uno dei più colpiti), molte località indiane e africane. Questo perché scaricare la responsabilità dello smaltimento nei Paesi emergenti ha costi inferiori rispetto ai Paesi industrializzati.

Il problema dello smaltimento dei rifiuti di natura elettronica è emerso in maniera drammatica negli ultimi anni. Dopo anni di disinteresse delle autorità e l’accumulo di materiali inquinanti di ogni tipo, l’opinione pubblica si è accorta della pericolosità di questi scarti. I dati ufficiali a livello europeo parlano di 8 milioni di tonnellate di rifiuti provenienti da materiale elettronico: circa l’80% di essi finisce in discarica insieme a tutto il resto. Va sottolineato che oltre ai materiali non biodegradabili questi rifiuti contengono sostanze altamente inquinanti. Stiamo parlando di piombo, cadmio e mercurio, tanto per cominciare, che finiscono nel sottosuolo o vengono disperse nell’aria. L’Italia all’interno dell’Unione europea incide per circa il 14% su queste cifre.