Mutamenti climatici: veramente causati dall’uomo?

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Il termine mutamento climatico a volte si utilizza in modo poco appropriato, utilizzandolo come sinonimo di riscaldamento globale. La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change o UNFCCC) utilizza il termine mutamenti climatici solo per riferirsi ai cambiamenti climatici prodotti dall’uomo e quello di variabilità climatica per quello generato da cause naturali. In alcuni casi, per riferirsi ai mutamenti climatici di origine umana si utilizza l’espressione mutamenti climatici antropogenici.
Molto spesso si parla di come l’uomo sia causa di questi fenomeni, ma accanto alla schiera di studiosi che attribuiscono all’attività umana i mutamenti climatici in atto, esiste un’altra, forse meno folta ma sicuramente meno nota, convinta che i cambiamenti del clima non possano essere addebitati all’uomo. Da alcuni studi delle temperature globali è stato osservato che nel corso degli ultimi mille anni si sono avvicendati periodi di surriscaldamento e sensibili abbassamenti dei valori medi, chiaramente non collegati all’attività umana. Tra l’800 e il 1300, ad esempio, il clima del Pianeta ha attraversato un periodo di particolare surriscaldamento con temperature superiori alla media odierna, detto Periodo medioevale caldo. I Vichinghi conquistarono la Groenlandia (da green land = terra verde), chiamata appunto così per le enormi distese verdi che incontrarono.

Biodiversità: assicurazione sulla vita del nostro pianeta

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La terra è popolata da numerosi esseri viventi, animali e vegetali che non conosciamo: oggi sono state classificate appena un milione di specie, mentre le stime elaborate dai biologi vanno dai 5 ai 10 milioni. Diventa quindi, ancora più urgente e importante occuparsi della conservazione di specie e ambienti che rischiano di sparire per sempre a causa dell’uomo, ancora prima di essere scoperti. Infatti la biodiversità nel mondo è calata quasi di un terzo negli ultimi 35 anni, principalmente a causa della progressiva distruzione di ambienti vivibili dalle varie specie animali. Lo sostiene il World Wildlife Fund, presentando i dati del suo Living Planet Index, l’indice globale della biodiversità istituito dall’associazione, che ne diffonde i dati aggiornati ogni due anni.

Allarme WWF: tra 50 anni non ci sarà più biodiversità

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I numeri cominciano a farsi preoccupanti: negli ultimi 35 anni abbiamo perso già un terzo della biodiversità su tutto il pianeta. I dati provengono da una ricerca fatta dal WWF, che da anni sta tentando in tutti i modi di preservare zone e parchi naturali proprio per proteggere le specie di animali e piante in via d’estinzione.

Le cause principali sono tre: prima di tutto, la distruzione degli ambienti. Molte specie animali, che per millenni hanno vissuto tranquillamente nelle loro oasi, adesso se le vedono sottratte a causa dell’invasione umana che gli sta letteralmente togliendo il terreno da sotto i piedi.
La seconda causa è il cambiamento climatico, dovuto ovviamente all’inquinamento, che sta facendo estinguere numerose specie di piante e pesci; e infine il commercio della carne e delle pelli, che miete vittime soprattutto tra le balene e le foche.

Il riscaldamento terrestre incrementa il contagio da AIDS

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I danni da riscaldamento globale sono sempre più numerosi, le specie animali in via d’estinzione a causa dei cambiamenti climatici aumentano giorno dopo giorno, e nuove scoperte degli scienziati allarmano ambientalisti e non.
Uragani, innalzamento dei mari, squali che ritornano in antartide, pesci sordi che perdono le rotte, migliaia di notizie affollano ogni giorno il bollettino nero, e l’imputato principale resta sempre l’effetto serra.

Una nuova preoccupazione sta destando ansie e timori in questi giorni e riguarda la diffusione di una delle malattie più temute oggigiorno, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo: l’AIDS.
Sembrerebbe infatti che il brusco innalzamento delle temperature dovuto all’effetto serra, stia accelerando il contagio, diffondendo sempre di più la terribile epidemia nei Paesi sottosviluppati.

Ecocho: navigando in internet si contribuisce a piantare alberi

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Si chiama Ecocho ed e’ il nuovo motore di ricerca ecologico lanciato dall’Australia in 14 Paesi, tra cui l’Italia. Lo slogan è You search. We grow trees, Ecocho pianterà due alberi ogni mille ricerche effettuate su internet tramite Yahoo e Google, i due motori di ricerca americani presenti nella maschera del sito australiano www.ecocho.com, contrastastando così le emissioni inquinanti di anidride carbonica. Il motore di ricerca “verde” in Italia potrebbe avere un grande successo: basta pensare che nel 2007 Google e Yahoo! hanno ottenuto percentuali di utenza rispettivamente del 94 e del 21%.

Trovata la causa delle basse temperature della primavera, si chiama “La Niña”

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Per chi si preoccupava del riscaldamento globale, la natura ha previsto una soluzione. Si chiama “La Niña”, ed è il contrario del vecchio “El Niño“, cioè il processo di riscaldamento dei venti e dei mari.

Se vi state chiedendo come mai quest’anno la primavera sembra non arrivare mai, la risposta la danno gli esperti dell’Organizzazione Metereologica Mondiale, con sede a Parigi. Secondo i loro dati, quest’anno sarà un’anomalia rispetto agli ultimi. Infatti oltre alla primavera in cui saremo costretti ad indossare i cappotti, anche l’estate sarà meno afosa del solito, dato che sono previste temperature ben al di sotto della media.

Il maggior ghiacciaio argentino si sta ritirando. Un’altra conseguenza del riscaldamento globale

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Ci eravamo occupati qualche giorno fa del distacco di un iceberg al Polo Sud dovuto al riscaldamento globale. Il fenomeno era dovuto ad un innalzamento delle temperature che faceva sciogliere poco per volta la lastra di ghiaccio che teneva unite diverse masse solide o liquide-solidificate.

La stessa cosa sta avvenendo molto più vicino a noi. Il fenomeno dello scioglimento è accaduto in questi ultimi mesi anche in Argentina, quindi già nel mondo civilizzato, e non solo in un posto così lontano che tanto non interessa a nessuno. La zona interessata è il Perito Moreno, uno dei ghiacciai più grandi del mondo, presente nella regione argentina della Patagonia. Questo pezzo di terra rappresenta com’era il nostro pianeta nell’era Quaternaria, e per questo motivo l’Unesco lo ha dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Il riscaldamento globale affretta l’arrivo della Primavera

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L’effetto delle variazioni dei cicli stagionali sulle piante e sugli animali preoccupa i biologi.
Alcune specie, come ad esempio la farfalla Checkerspot stanno scomparendo perché le precipitazioni fuori tempo rispetto al ciclo naturale, hanno alterato il calendario delle piante su cui si sviluppa.

A Washington, città famosa per i ciliegi, gli alberi da frutto si sono coperti di fiori rosa già nel mese di marzo, quando di solito bisognava attendere il 5 aprile per iniziare a scorgere i primi fiori.
In California, una specie di farfalla è stata vista volare il 12 marzo, quando solitamente compare tra metà aprile e metà maggio.

Già il 9 marzo gli esperti di allergie potevano misurare la quantità di polline presente nell’aria, rispetto agli altri anni, in cui di solito non si poteva valutarne la percentuale in circolo fino alla fine di aprile.
Le gemme fioriscono prima, il polline si stacca con molto anticipo, e sembra che tutte le piante e gli animali abbiano messo la sveglia in anticipo. I dati sono preoccupanti.

Mega iceberg in arrivo dall’Antartide

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I primi effetti del cambiamento climatico si fanno sentire. Doveva staccarsi fra 15 anni l’iceberg del Wilkins Ice Shelf, in Antartide, ma l’innalzamento delle temperature hanno accelerato il processo, portando ieri al distacco totale di un pezzo di ghiaccio lungo 41 km e largo 2,5.

Fa paura vedere questa montagna grande due volte l’Isola d’Elba, 7 volte Manhattan, che ci ha messo poco più di 3 settimane per completare il distacco dal resto della massa, iniziato il 28 febbraio scorso. E pensate che questo mega ghiacciolo è solo il 4% dell’intera struttura. A darne notizia è stato Centro nazionale dati su nevi e ghiacci (Nsidc) dell’università del Colorado che ne ha anche diffuso le foto scattate da un satellite.
«Questo è un segno del peggioramento del riscaldamento globale», ha detto lo scienziato David Vaughan (Servizio antartico britannico), che lancia allarme, annunciando l’imminente pericolo di un altro distacco, se dovesse cedere la sottile lastra di ghiaccio che tiene fermo il resto della struttura.

Scandalo! Il governo statunitense da in affitto ai magnati dell’oro nero l’habitat degli orsi polari

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GreenPeace, il Centro per la Diversità Biologica e la NRDC hanno intentato una causa legale contro l’amministrazione Bush, per non aver emesso entro i termini stabiliti alcun provvedimento e decisione volta a stabilire se l’orso polare dovesse essere elencato nelle specie minacciate dal riscaldamento globale.
La querela degli attivisti ha il fine di costringere per via legale il governo a rilasciare immediatamente la decisione finale a riguardo. GreenPeace ha manifestato contro il Dipartimento degli Interni americano, definendolo un’istituzione per i lobbisti dell’olio, con riferimento al petrolio.

Il Dipartimento degli Interni avrebbe infatti preso tempo e addotto frequenti ritardi sulla decisione, per poi attuare un progetto di locazione di 29 milioni di ettari di habitat del’orso polare, destinati alla perforazione dei pozzi petroliferi.
Un quinto dei rimanenti orsi polari artici dipende dal ghiaccio del Chukchi Sea: è lì che si procacciano il cibo, ma proprio in quella zona le compagnie petrolifere stanno cercando di ottenere nuove licenze per il trivellamento.

7 aprile: un primo passo verso la soluzione del riscaldamento globale

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Il 7 aprile prossimo, in tutto il mondo si terrà la giornata mondiale della Sanità, che avrà come tema “proteggere la salute dal cambiamento climatico“.
Il problema, sollevato dall’Onu e dall’Organizzazione mondiale della Sanità, si incentra sul fatto che le morti dovute al riscaldamento globale e all’inquinamento non riguardano più soltanto gli orsi polari, i pinguini o alcune specie di piante rare, ma comincia a coinvolgere anche l’uomo. Secondo le loro stime dall’agosto del 2003 ci sono state ben 44.000 morti dovuti alle ondate di caldo, e le nuove concentrazioni di popolazione in macro-zone hanno aumentato il diffondersi di malattie come la malaria. Ma anche le inondazioni (e non soltanto quelle dello Tsunami), siccità e tornado sono causati dai cambiamenti del clima, e anch’essi sono stati responsabili di decine di migliaia di vittime.

Tagli all’acqua, a causa del riscaldamento globale

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Non c’è più acqua, o almeno non ce n’è più come un tempo. Un articolo pubblicato su Science (1 febbraio 2008) da un gruppo di esperti di idrologia e climatologia richiama l’attenzione su un fenomeno che rischia di essere sottovalutato.

Spiega uno dei coautori Tennis Lettenmaier, professore di ingegneria civile alla University of Washington:

«Con il cambiamento climatico, gli anni passati non sono necessariamente rappresentativi per il futuro», «Questo lavoro dimostra che il modo in cui sono stati condotti gli affari nel passato non funzionerà a lungo con un clima che cambia».

Quando parla di affari Lettenmaier si riferisce a quelli degli Stati Uniti, e in particolare ai 500 miliardi di dollari annui per le infrastrutture idriche. Questi calcoli andavano bene finchè reggevano gli schemi classici di una variazione costante nelle risorse idriche. Ma l’interferenza umana ha prodotto grandi cambiamenti nel clima del nostro pianeta. Pioggia, neve, correnti: tutto è cambiato, fenomeni fondamentali per chi deve gestire le risorse di acqua e calcolare i periodi di siccità o la probabilità di una qualche catastrofe legata al clima, come inondazioni o uragani.
I risultati della ricerca si estendono dunque ben al di là dei confini statunitensi, e investono l’intero pianeta. «Storicamente, guardare alle osservazioni passate si è rivelato un buon metodo per stimare le condizioni future», interviene Christopher Milly, idrologo del Us Geological Survey. «Ma il cambiamento climatico moltiplica le possibilità che il futuro porti inondazioni mai riscontrate nelle vecchie misurazioni».

Il passato è morto, dicono in sostanza i ricercatori, e anche se riuscissimo a ridurre di molto le emissioni di gas serra, il riscaldamento persisterà e lo schema globale delle acque continuerà a mostrare comportamenti mai visti in precedenza.
Naturalmente la situazione cambia a seconda della regione geografica: «Le nostre stime migliori attualmente ci dicono che la disponibilità d’acqua crescerà sostanzialmente nel nord dell’Euasia, in Alaska, in Canada e in alcune regioni tropicali, e decrescerà sostanzialmente in Europa, nel Medio Oriente, nel sud dell’Africa e nel Nord America sudoccidentale», dice Milly.