Ricercatori britannici studiano il modo per trasformare la Co2 in carburante per auto

emissioni co2

Dei ricercatori britannici stanno lavorando su un progetto da 1,5 milioni di euro che mira ad assorbire l’anidride carbonica dall’aria e trasformarla in carburante per auto. Scienziati e ingegneri presso l’Università del West of England stanno collaborando con i colleghi dell’Università di Bath e dell’Università di Bristol che stanno conducendo la ricerca.

Il progetto mira a sviluppare materiali porosi in grado di assorbire il gas che causa il riscaldamento globale e convertirlo in sostanze chimiche che possono essere utilizzate per produrre carburante per auto o in plastica in un processo alimentato da energia solare rinnovabile.

Un’isola di spazzatura si è formata nell’Oceano Atlantico

isola dei rifiuti

Se Cristoforo Colombo avesse percorso l’Oceano Atlantico oggi, avrebbe trovato un’isola molto prima di scoprire l’America. Ma se l’avesse trovata, siamo sicuri non ci sarebbe più tornato. Stiamo parlando della Great Pacific Garbage Patch, o in italiano la Grande Chiazza di Rifiuti del Pacifico. Così è stata soprannominata l’opera peggiore dell’umanità: un’isola grande tra 700 mila e 15 milioni di km quadrati (non è possibile stimarla con precisione perché le immagini satellitari non la captano) che fluttua al centro del secondo oceano più grande del mondo.

Ma non è fatta di sabbia, rocce e terreno, ma solo di plastica e altra immondizia che, fluttuando nel mare, viene trasportata da quattro diversi tipi di correnti nell’area corrispondente al Mar dei Sargassi. Immaginatevi dunque che spettacolo vedere un’area grande da due a 50 volte l’Italia, maleodorante e fluttuante.

Sacchetti di plastica biodegradabili da biomasse lignocellulosiche

buste plasticaGli imballaggi per alimenti e altri articoli monouso in plastica potrebbero presto essere compostati a casa insieme agli altri rifiuti organici, grazie ad un nuovo polimero composto da zuccheri.
Il polimero degradabile è costituito da zuccheri noti come biomasse lignocellulosiche, che provengono da colture non alimentari come alberi a crescita rapida ed erbe, o da fonti rinnovabili prodotte da biomasse agricole o da rifiuti alimentari.
È stato sviluppato presso l’Imperial College di Londra da un team di scienziati che fa parte dell’Engineering and Physical Sciences Research Council, guidato da Charlotte Williams. La ricerca di materie plastiche verdi, in particolare per gli oggetti monouso, come gli imballaggi alimentari, è oggetto di importanti ricerche in tutto il mondo.

“Questo campo di ricerca è stimolato non solo da un punto di vista ambientale, ma anche per ragioni economiche e di approvvigionamento” spiega la dottoressa Williams.

Il fango sostituirà il petrolio nella produzione di plastica

fango-plastica

Circa il 4,6% del petrolio utilizzato nel mondo finisce nella produzione di plastica. Il problema principale delle materie plastiche è che non sono tutte utilizzate per fare contenitori per alimenti e giocattoli a basso costo. C’è plastica in ogni sorta di cose a cui ci affidiamo ogni giorno, dalle forniture mediche all’elettronica. Che cosa ne sarà di tutti quei prodotti se il petrolio dovesse ridursi, o finire del tutto?

Secondo un team di ricercatori giapponesi, potremmo essere in grado di produrre gli stessi oggetti utilizzando un materiale che non è per nulla tossico ed inquinante: argilla, acqua, e un agente addensante speciale.

Quando la tecnologia incontra l’ambientalismo: radio e computer di legno (fotogallery)

radio di legno 1

Se uno dei tanti problemi degli ecologisti è convincere le grandi aziende tecnologiche a sostituire i loro prodotti fatti con materiali inquinanti (prima di tutto plastica, ma tantissimi altri agenti chimici tossici) con quelli naturali, d’ora in avanti le difficoltà diminuiranno.

Una delle soluzioni è una splendida piccola radio in legno che è, oltre che eco-friendly, completamente ad emissioni zero, visto che è alimentata ad energia solare. Yanko Design mette in mostra la radio “Sweet Little”, fatta di legno di rovere, è dotata di un pannello solare sottile, posto in alto, per raccogliere l’energia per sintonizzarsi sulle stazioni. Il legno rappresenta l’80% della radio, con appena il 20% costituito da componenti elettronici.

Dove finisce la plastica? In mare, naturalmente…

plastica in mare

Se solo ci fermassimo a pensare un istante a quanti oggetti abbiamo a portata di mano, nella stanza, nella casa in cui ci troviamo, realizzati con la plastica, e facciamo una rapida proporzione con il numero della popolazione umana ci renderemo ben presto conto che si tratta di cifre enormi. Ma dove va a finire tutta la plastica usata e non riciclata? E che posto occupa questo materiale nella lista degli inquinanti?

Presto detto. A rispondere ai nostri quesiti ci hanno pensato i ricercatori del College di Farmacia dell’università Nihon a Chiba, con uno studio coordinato da Katsuhiko Saido e presentato in questi giorni nel corso del 238/imo Meeting and Exposition della American Chemical Society a Washington. Secondo i dati raccolti dagli studiosi, la plastica che finisce sulle spiagge, a causa dell’inciviltà di alcuni (molti) turisti, o per mano di smaltitori illegali di rifiuti, è tutt’altro che indistruttibile e non biodegradabile.

Dove vanno a finire i sacchetti di plastica?

sacchetti-di-plasticaTra le tante catene stupide che ci si ritrova a cestinare ogni giorno nella mail, oggi ne ho ricevuto una intelligente, una presentazione in power point efficacemente elaborata con delle immagini che non possono lasciare insensibili, e che affronta il problema dei sacchetti di plastica, dell’impatto che hanno sull’ambiente, sugli ecosistemi.
Ogni giorno insieme ai nostri acquisti, anche quelli meno ingombranti, ci portiamo a casa anche decine di buste di plastica. Ma in pochi sanno veramente che fine faranno quei sacchetti utilizzati una sola volta e cestinati subito dopo.

Le stime del National Geographic parlano di una cifra compresa tra i 500 miliardi e il trilione di unità utilizzate ogni anno in tutto il mondo. Costose da riciclare secondo Jared Blumenfeld, direttore del dipartimento del Medio Ambiente di San Francisco: per il riciclaggio di una tonnellata di borse di plastica si spendono 4.000 dollari, comprare la stessa quantità nuova costa soltanto 32 dollari.

Acqua in scatola, Box Water dalla parte dell’ambiente

Se l’acqua è in scatola. Impacchettata in cartone rigorosamente riciclabile. Sì, avete letto bene. Ecco una buona notizia. L’azienda si chiama Boxed Water, e vende un’idea rivoluzionaria: l’acqua in scatola. Scatola dalla parte dell’ambiente, che non ha nulla a che vedere con le tradizionali bottiglie di plastica cui siamo abituati da una vita. Boxed Water usa per il packaging dell’acqua (l’acqua, bene vitale) il 90% di materiale riciclato.

Un prodottino che provoca emissioni di CO2 in maniera sensibilmente inferiore (fino all’80%) rispetto alle classiche bottiglie di plastica. Non solo: l’azienda fa sapere che sta riducendo il suo impatto ambientale. E che intende dare in “sostenibilità” il 20% dei profitti.  Il 10% a fondazioni che si occupano di acqua e ambiente, e l’altra metà a progetti di “riforestizzazione”.

Notizie dal futuro: plastica “verde” biodegradabile dalle piante

Più di 20 milioni di tonnellate di plastica sono accumulate nelle sole discariche degli USA ogni anno. Miliardi in tutto il mondo. Ma le cose possono cambiare, basterebbe realizzare della plastica verde biodegradabile che non lascia tracce e che contribuirebbe a sgombrare non poche discarische dai rifiuti.

E’ quello che stanno cercando di fare i ricercatori dell’Università del Missouri che in un recente studio hanno evidenziato come la plastica a base di petrolio potrebbe presto essere sostituita da un materiale plastico non inquinante, rinnovabile, ottenuto da particolari piante. Lo scopo è quello di ridurre l’impronta ecologica dell’uomo e la dipendenza dal petrolio estero, ma questa nuova alternativa verde può anche fornire un’ulteriore fonte di guadagno dal raccolto per gli agricoltori.

Plastiki, una zattera di plastica in viaggio per l’Oceano

Una zattera di 20 metri fatta di bottiglie di plastica. Di fronte: l’Oceano Pacifico.

David Mayer de Rothschild (nella foto), ha 30 anni, è milionario e anche avventuriero. Il rampollo british dio una famiglia di banchieri da sempre ha avuto quest’idea: attraversare l’Oceano su una zattera fatta di bottiglie di plastica di acqua minerale. Ovviamente vuote. E se la zattera di tronchi con cui il norvegese Thor Heyerdahl attraversò l’Oceano Pacifico nel 1947 si chiamava Kontiki, la zattera di David porterà il nome di Plastiki.

Consumatori, quotiamo i prodotti verdi: con Greener One è possibile

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Greener One è una nuova idea, lanciata a gennaio ed ancora in fase beta, ma, nella sua semplicità è geniale. Siamo dei consumatori attenti e sulla scia del crescere della sensibilità ambientale vogliamo essere responsabili, almeno negli acquisti e nei consumi.

Come scegliere tra la busta della spesa di plastica che non contribuisce alla deforestazione o la busta della spesa di carta che è biodegradabile? Greener One ci aiuta ad orientarci nella scelta dei prodotti che usiamo quotidianamente, con un indice che indica quanto è verde un prodotto.

A favore o contro la bioplastica?

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La plastica tradizionale, o sintetica, è normalmente prodotta da derivati del petrolio come sottoprodotto della filiera del greggio verso il grande settore della petrolchimica. Gli oggetti in plastica tradizionale sono riassorbiti dalla natura dopo lunghi periodi di tempo: una busta di plastica lasciata galleggiare nel mare resiste all’attacco di qualsiasi batterio per secoli, una bottiglia di plastica necessita di 400 anni per decomporsi. A questo impatto ambientale si aggiunge il costo sociale del trattamento dei rifiuti in plastica.

La bioplastica, viceversa, si dissolve senza lasciare residui inquinanti, in base alla composizione chimica possono necessitare da pochi giorni a 4-5 anni. È un’alternativa a riciclaggio e reimpiego: i rifiuti bio teoricamente possono essere depositati tutti in discarica data la loro rapida biodegradabilità. Ciò consente di diminuire i contenitori dei rifiuti sul territorio (eliminando quelli di carta, vetro e materiale plastico) e i costi logistici di deposito (i rifiuti caricati periodicamente da un camion per la carta, uno per le plastiche, etc, verrebbero caricati “quotidianamente” insieme a tutti gli altri). Essendo prodotti degradabili al 100% non lasciano traccia nell’ambiente. Per un gran numero di motivi – non da ultimo a causa del prezzo costantemente alto del petrolio – si giudicano positive le prospettive future degli imballaggi prodotti da materie prime rinnovabili. L’industria fa inoltre affidamento sul sostegno della politica per andare avanti con lo sviluppo di questa tecnologia avveniristica.

I prodotti alla Spina per un contributo all’ambiente

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Ormai non è una novità ma pare essere sempre più diffusa nei super e ipermercati della penisola, il vezzo di vendere alcuni prodotti “alla Spina”, sfusi. Il cliente si reca presso il PdV e fa la spesa con un contenitore (rigorosamente biodegradabile e riutilizzabile), versa al suo interno la quantità desiderata (eventualmente predosata con l’ausilio di appositi dispenser), stampa l’etichetta con il prezzo e va a pagare alla cassa. Si spingono i clienti a “riciclare” i contenitori diminuendo i costi d’acquisto del prodotto e quelli più strettamente ambientali (è stimato che dall’avvio dell’iniziativa è stato evitato l’utilizzo di oltre 38mila bottiglie di plastica (corrispondenti a circa 2,3 tonnellate di plastica). Acquistare i prodotti alla spina ecologici e concentrati significa per l’esercente e il consumatore finale contribuire al processo di riduzione dei spesa rifiuti alla fonte e dunque dare il proprio contributo per un futuro più sostenibile.