Goi oggi è un villaggio abbandonato. Gli stagni in cui una volta abbondava il pesce e l’allevamento di polli che erano l’orgoglio del suo capo, Barrisa Tete Dooh, giacciono abbandonati, coperti da uno spesso strato nero. Il villaggio di pescatori è contaminato, la scuola è stata saccheggiata, le foreste di mangrovie sono rivestite di bitume e tutti si sono rifugiati in un luogo meno degradato dallo sfruttamento del bene più prezioso della regione: il petrolio greggio.
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Petrolio nel piatto in Basilicata ma i cittadini non lo sanno
Oggi sapere cosa mangiamo è davvero difficile: tra pesticidi, prodotti di dubbia provenienza e mozzarelle multicolor, nel nostro piatto, e anche nel bicchiere, vedi livelli troppo alti di arsenico, finisce davvero di tutto. A casa possiamo controllare cosa entra in dispensa, privilegiando scelte consapevoli come l’acquisto di prodotti a filiera corta, frutta e verdura di stagione, optando per prodotti biologici e controllando bene l’etichetta. Ma in vacanza, cosa finisce nel nostro piatto? Il pesce, ad esempio, che compriamo nei luoghi di villeggiatura cosa contiene? Non ci sono buone notizie su questo fronte per il pescato nella Val d’Agri, in Basilicata, che poi, guarda un po’ le coincidenze a volte, è l’area in cui è localizzato il centro oli Eni di Viggiano.
Marea nera nel fiume Yellowstone, allarme rientrato
Il gasdotto Silvertip scoppiato il 1 ° luglio scorso, versando circa 160.000 litri, 1.000 barili di petrolio, nel famoso Yellowstone River non rappresenterebbe più un problema. La Exxon ha annunciato di aver prosciugato i due segmenti di greggio che si erano venuti a creare lungo il fiume, rimuovendo la miscela di acqua oleosa che faceva gridare al rischio di disastro ambientale. Tutto ciò che è stato rimosso è stato portato nella raffineria di Billings dove verrà stoccato sotto la supervisione dell’EPA, l’Agenzia per la Protezione Ambientale americana.
Marea nera, incidente nel fiume Yellowstone
Gli Stati Uniti non riescono a vivere un periodo di calma dal punto di vista ambientale, e se un anno fa la famosa marea nera del Golfo del Messico a quest’ora aveva già reso l’area una palude nera, oggi la stessa sorte tocca al fiume Yellowstone che attraversa Wyoming, Montana e Missouri, ma soprattutto il Parco Nazionale a lui intitolato. La causa è stata una rottura nell’oleodotto della Exxon (che non è nuova a questo genere di disastri) che lo attraversa, il quale ha sversato nel fiume l’equivalente di mille barili di petrolio.
Specie in pericolo: la Russia blocca le trivellazioni per salvare le balene
Buone notizie arrivano dalla Russia. Nonostante si tratti di uno dei Paesi più spesso messi sotto accusa per le trivellazioni in cerca di petrolio, per una volta il Governo ha deciso di redimersi nel tentativo di salvare una specie in pericolo di estinzione, la balena grigia Occidentale. In alcune delle aree intorno all’isola di Sakhalin, le aziende petrolifere non riceveranno più i diritti di estrazione del petrolio.
Il nuovo regolamento si applica per ora solo ad una sezione delle acque circostanti Sakhalin, anche se numerose società hanno progetti attivi in altre zone nei pressi dell’habitat delle balene dove hanno già stabilizzato quattro piattaforme petrolifere off-shore e diverse piattaforme per il gas. La decisione servirà a bloccare almeno lo sviluppo di altre piattaforme.
Inquinamento e meduse, ecco cosa temono di più gli italiani al mare
Da una ricerca condotta da Ipr Marketing, presentata allo Slow Fish di Genova dalla Fondazione Univerde, è emerso che gli italiani al mare hanno paura dell’inquinamento causato soprattutto dal lavaggio delle petroliere e dalle trivellazioni, temono le meduse che possono irritare la pelle con i loro tentacoli, gli scooter d’acqua e anche gli squali.
L’inquinamento spaventa il 42% degli italiani, mentre hanno paura delle meduse il 24% degli intervistati e della guida irresponsabile di veicoli a largo delle spiagge, il 17% del campione. A mettere più paura è principalmente l’inquinamento causato dal petrolio e dagli idrocarburi. Se il 65% degli italiani teme le petroliere e le piattaforme di estrazione dell’oro nero, le navi container e i motoscafi, il 64% si dichiara contrario alle trivellazioni.
Marea nera: Greenpeace parte al contrattacco e svela documenti segreti sull’insabbiamento
Il sospetto lo avevamo tutti, ma ora questo è diventato una certezza. I cosiddetti “esperti” inviati a fare le valutazioni nel Golfo del Messico durante e dopo il disastro passato alla storia come la marea nera, hanno mentito all’opinione pubblica. Un po’ come ha fatto il Governo giapponese sull’esplosione della centrale nucleare di Fukushima, il tentativo di tranquillizzare la popolazione minimizzando i pericoli provenienti dalla dispersione del petrolio è venuto fuori.
A denunciare tutto è Greenpeace, i cui scienziati sono stati tenuti a debita distanza, finché hanno potuto, dagli agenti di sicurezza, ma che è stato in grado di “intercettare”, in stile Wikileaks, una gran mole di documenti scambiati tra il Governo statunitense e l’azienda responsabile, la britannica BP, dove veniva riportata la verità. Una verità che, ovviamente, è ben diversa da quella che le fonti ufficiali annunciavano ai media.
Trivellazioni Tremiti, Prestigiacomo: “Nessun problema, distanti dalle isole”
Le riceche di petrolio e di idrocarburi nelle acque a largo delle isole Tremiti, esattamente sono 26 i km di distanza che separano la terraferma e dalle trivelle della Petroceltic
Trivellazioni Tremiti, dopo Pasqua riunione tra Prestigiacomo e sindaci
Il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo si è impegnata a convocare, subito dopo Pasqua, un incontro istitutzionale, cui prenderanno parte il presidente della Provincia di Foffia, Antonio Pepe, e i parlamentari
Trivellazioni al largo delle Tremiti, il no della popolazione
Continuano le proteste di ambientalisti e di liberi cittadini contro le trivellazioni petrolifere a largo delle isole Tremiti. Come ha spiegato il Commissario al Parco Nazionale del Gargano e assessore all’Ambiente della provincia di Foggia, Stefano Pecorella
L’avvio di tale attività e la sua eventuale, non auspicata, futura espansione fanno sorgere spontaneamente forti perplessità circa la possibilità di assicurare stabilità e prospettica concreta al raggiungimento dell’obiettivo di tutela ambientale delle nostre ancora splendide aree protette terrestri e marine. Profondiamo quotidianamente sforzi, nelle difficoltà finanziarie dei nostri enti, per la crescita della cultura della cura ambientale e perché questa poi si tramuti in una migliore qualità della vita dei nostri cittadine e di fronte ad ogni pericolo, od anche presunto tale, è giusto e doverosos che ognuno possa far sentire la propria voce, democraticamente e nelle sedi opportune
ha poi concluso Pecorella, e ha dato appuntamento ai sindaci dei Comuni del Parco per discutere su come muoversi per bloccare il decreto firmato dai ministriPrestigiacomo e Galan, probabilmente ampliando l’area marina protetta affinché le trivellazioni off-shore siano interdette dalla zona.
Perforazione fondali a largo delle Tremiti in cerca di petrolio
Le perforazioni dei fondali marini a largo delle isole Tremiti e del Gargano si faranno. Dopo il “no” del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo che a tal proposito si era espressa
Marea nera, 10 mesi dopo la situazione non è cambiata molto
Stiamo quasi per “festeggiare” (si fa per dire) il primo anniversario della tragica esplosione dell’impianto petrolifero di BP Deepwater Horizon, uno dei più grandi disastri ambientali della storia del mondo. Ad oggi la tragedia è ancora una realtà in quell’area, anche se non se ne parla più. Proprio ieri mattina sono arrivati dei resoconti per fare il punto della situazione a distanza di ben 10 mesi da quando la crisi è iniziata, e l’aspetto più inquietante è che nuovo petrolio continua ad arrivare sulle rive di tutto il Golfo.
E’ una prova ulteriore che, anche se la maggior parte delle telecamere hanno lasciato l’area, la tragedia continua ad essere presente per la popolazione. L’ecosistema della regione e la salute di coloro che vivono lì vicino sono ancora in pericolo.
Rinnovabile significa posti di lavoro, “Italia torna indietro con il nucleare”, parola di Epifani
All’assemblea dell’Associazione Bruno Trentin svoltasi ieri a Roma sono intervenuti ieri personaggi di spicco del mondo del lavoro italiano ed internazionale, tutti riuniti per dibattere del futuro dell’industria e soprattutto dei posti di lavoro. Tutti erano d’accordo: per creare occupazione c’è bisogno di green economy, e alla base della green economy ci sono le rinnovabili.
A parlare è principalmente Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, a cui si sono affiancati il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari, il segretario dell’Ueapme (l’associazione europea delle piccole e medie imprese) Andrea Benassi, il presidente della Lega Coop Giuliano Poletti, il segretario della Cgil Susanna Camusso, e colui che ormai è diventato la voce internazionale dell’economia verde: Jeremy Rifkin.
Un altro motivo per abbandonare il petrolio: riduce le riserve d’acqua
L’estrazione e la raffinazione del petrolio è un processo che costa acqua. Ogni Paese che estrae l’oro nero è costretto a sprecare miliardi di litri di un bene ancora più prezioso. Le compagnie petrolifere della contea di Kern, in California, hanno calcolato che servono otto barili di acqua per produrre un barile di petrolio. Anche un bambino della scuola elementare arriva a capire che non ci andiamo a guadagnare molto.
Sempre le stesse compagnie hanno consumato l’83% della distribuzione delle risorse idriche del distretto lo scorso anno, e poi ci sorprendiamo che il bene comune per eccellenza arrivi a costare così tanto. Un paradosso se consideriamo che i nuovi dati provenienti da High Country News spiegano che la California sta diventando un posto sempre più soggetto a siccità, in cui alle compagnie petrolifere è stato permesso di aspirare la maggior parte delle fonti d’acqua restituendo acque reflue inquinate. Secondo il network, le acque reflue minacciano l’agricoltura dal momento che questo liquido inquinato finisce nel sistema delle acque sotterranee.