Una scoperta scioccante è stata effettuata di recente dalla FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della sicurezza alimentare mondiale. Stando alla sua denuncia, la Cina denuncerebbe appena il 9% del pesce che pesca nelle acque territoriali africane, mettendo a rischio la sopravvivenza di molte specie. Com’è noto ci sono tantissime specie di pesce che rischiano l’estinzione a causa della pesca intensiva.
pesca illegale
Scoperto traffico illegale di tonno dal Mediterraneo, Italia coinvolta
Scoperto un traffico illegale di tonno rosso a partire dal Mediterraneo: oltre 18 mila tonnellate di pesce immesso illegalmente nel commercio attraverso Panama tra il 2000 e il 2010, all’insaputa dalla Commissione Internazionale per la conservazione dei tonni dell’Atlantico e del Mediterraneo (ICCAT). A denunciarlo il WWF, che invita i paesi coinvolti, l’ICCAT e l’Unione Europea a scoprire le origini del fenomeno al fine di debellarlo quanto prima. La destinazione finale di queste tonnellate e tonnellate di tonno rosso sarebbe il Giappone, e anche l’Italia sarebbe coinvolta nel traffico.
Salvare la pesca combattendo l’illegalità, la nuova battaglia del WWF
Come ormai i nostri lettori più fedeli sapranno, la pesca commerciale in tutto il mondo è a rischio. Gli stock ittici di un po’ tutto il pianeta, ma in particolare in Europa, stanno scarseggiando sempre di più e rischiano di diventare così esigui da portare molti scienziati a sostenere che sarà quasi impossibile pescare un solo pesce da qui a trent’anni. Per questo gli organi politici hanno deciso di porre delle forti limitazioni alla pesca commerciale, ma non c’è limitazione che funzioni se non si combatte l’illegalità. Il WWF ha presentato il suo piano per vincere questa sfida.
Ecologia, salvare la pesca e i consumatori con il sistema FishPopTrace
Dopo la proposta di legge presentata dal senatore Pd Roberto Della Seta per una pesca sostenibile per l’ambiente e più sicura per i consumatori, il cosiddetto “pesce a miglio zero“, arriva una nuova disposizione per il monitoraggio e la salvaguardia degli stock ittici del Mediterraneo e dei mari dell’Unione europea promossa dalla Commissione all’Ambiente dell’Europa.
Pesca illegale in Italia, multa in arrivo dalla Commissione UE
Brutte notizie sul fronte pesca nei nostri mari. La Commissione Europea ha aperto una procedura d’infrazione per l’Italia, la seconda per quanto concerne la pesca illegale. Ora il nostro Paese rischia una multa a dir poco salata, il tempo scorre e restano solo due mesi per offrire all’Unione una giustificazione plausibile per questa insostenibile situazione. Sul piede di guerra ed unite più che mai contro chi pesca illegalmente le associazioni ambientaliste italiane che chiedono vengano bandite le ferrettare e che chi è responsabile paghi il conto salato che verrà presto presentato al nostro Paese se non ci si dà una mossa.
Tonno rosso, ridotta di 600 tonnellate quota UE
A fronte delle 13.500 tonnellate previste per l’anno corrente, nel 2011 la quota di tonno rosso pescabile nell’Unione Europa si attesterà a 12.900 tonnellate. E’ quanto hanno deciso oggi a Parigi i delegati dei cinquanta Paesi afferenti alla Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (Iccat).
Nonostante le schiaccianti prove scientifiche che il tonno rosso dell’Atlantico sia in pericolo la quota è stata tagliata di appena il 4% per il 2011. Oliver Knowles di Greenpeace spiega al Guardian che a questo punto la parola conservazione dovrebbe sparire dalla sigla dell’ICCAT.
Pesca illegale, il dossier di Legambiente, LAV e Marevivo mappa la malapesca italiana
Spadare e ferrettare sotto accusa nel dossier di Legambiente, LAV e Marevivo che mappa la malapesca italiana. Il documento diffuso dalle tre associazioni in questi giorni dal titolo La pesca Illegale, Non documentata e non Regolamentata nell’Unione Europea: il caso delle derivanti italiane, denuncia l’uso illegale delle reti derivanti, piaga della pesca italiana, che causano la cattura e la morte di specie protette e a rischio di estinzione, in primis tartarughe, delfini, squali e balene.
Ad ottobre si conclude nel nostro Paese la stagione di pesca del pescespada, ma il mare di illegalità non si ferma e non conosce limiti legali di tempo e coscienza.
Nei primi sei mesi del 2010, solo per darvi un’idea del fenomeno della malapesca, sono stati 37 i pescherecci sanzionati a causa dell’uso illegale ed improprio di reti. Le associazioni ambientaliste hanno individuato i porti italiani in cui ci sono più pescherecci che praticano la pesca illegale, porti che hanno ricevuto la maglia nera del settore, ovvero la bandiera pirata. Si tratta dei porti di Ponza, Bagnara Calabra, Lipari, Porticello, Santa Maria La Scala, scali che ospitano oltre un terzo di tutti i pescherecci pirata, tollerati dalle autorità locali. Una nota di demerito a parte va al comune di Acitrezza, colpevole, per le associazioni ambientaliste, di aver addirittura celebrato lo scorso giugno la Sagra del Pescespada di San Giovanni pescato dalle storiche spadare trezzote.
Italia “pirata” come Cina e Panama
Un’altra umiliazione al nostro Paese, e a tutti i suoi abitanti, ce la regalano i nostri pescatori. Non tutti ovviamente. Non bastava il poco impegno verso le energie rinnovabili, verso la riduzione dell’inquinamento o l’arretratezza nel riciclo. A consegnare l’ennesima maglia nera all’Italia ci si mette anche la pesca, quella che passa per legale e viene addirittura finanziata dallo Stato, ma che è di legale alla fine ha ben poco.
Ad aggravare la situazione ci si mette la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), che oltre alla Francia, unico Paese “civile” nella lista, affianca all’Italia anche Libia, Cina, Panama e Tunisia, mettendole tutte sullo stesso piano, a causa della “pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata”. Una comunicazione che in molti si aspettavano ma che purtroppo fa male all’immagine del nostro Paese.
Cambiamenti climatici, futuro a rischio per i meccanismi migratori dei pesci
In Europa, la maggior parte delle specie di pesci migratori che completano il loro ciclo tra il mare e il fiume sono attualmente in pericolo. Sebbene i programmi di recupero e salvaguardia siano stati avviati da tempo, il futuro nella distribuzione di queste specie può subire delle drastiche modifiche a causa dei cambiamenti climatici. Al Bordeaux Cemagref, gli scienziati hanno sviluppato dei modelli biogeografici per prevedere quale potrebbe essere la loro effettiva distribuzione nel 2100.
Lo studio dei pesci migratori è degno di nota in quanto per completare il loro ciclo vitale usano sia il mare che gli ambienti d’acqua dolce. A partire dal’ultima era glaciale 18.000 anni fa, questo ha permesso loro di colonizzare progressivamente tutta l’Europa. Tuttavia, la pesca eccessiva, lo sviluppo delle attività marittime e fluviali e il conseguente inquinamento delle acque hanno contribuito a far regredire le popolazioni di pesci migratori con il risultato che oggi la maggior parte di queste specie è in serio pericolo.