Orsi polari al Motor Show di Bruxelles

Nella giornata di ieri un gruppo di orsi polari ha invaso Bruxelles. No, non erano animali scappati da uno zoo, ma attivisti di Greenpeace travestiti da orsi che protestavano contro le auto inquinanti. In particolare i volontari dell’associazione ambientalista ce l’avevano con la Volkswagen che proprio in occasione del Motor Show che si sta tenendo in questi giorni sta presentando la sua nuova auto chiamata UP e considerata una delle più inquinanti al mondo.

Orsi polari malati: colpa delle industrie

Gli orsi polari sono uno dei simboli degli animali in via di estinzione, ma oggi si scopre che non solo sono a rischio per i cambiamenti climatici, ma anche per cause ben più dirette: l’inquinamento industriale. Ma al Polo Nord, direte voi, non ci sono industrie. Vero, se non fosse che le particelle inquinanti emesse a migliaia di chilometri di distanza possono viaggiare fino lì, facendo ammalare questi animali il cui sistema immunitario non è pronto ad accogliere questi agenti chimici.

Ecosistemi a rischio: individuate 13 aree nell’Artico

Le 13 aree più a rischio per la biodiversità e il patrimonio naturalistico si trovano nell’Artico, tra esse lo Stretto di Bering e la costa del Mare di Barents. Nel circolo polare artico l’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) ha individuato 77 aree da tutelare.

Nel rapporto annuale, pubblicato oggi, si evince che gli ecosistemi marini più ricchi del Polo Nord sono a rischio a causa del riscaldamento globale del Pianeta che favorisce lo scioglimento dei ghiacciai marini e l’acidificazione degli oceani. A queste cause si aggiungono ora anche attività umane prima non presenti nell’area e in grande espansione, come la pesca e i trasporti marittimi, l’esplorazione per cercare gas e petrolio nei fondali artici. Tra gli effetti più imminenti ci sarà la perdita della fauna selvatica dell’artico: orsi polari, balene, trichechi, foche ed uccelli.

Nissan presenta la sua auto elettrica con uno spot sul riscaldamento globale (video)

E’ raro che uno spot pubblicitario si basi su un luogo comune, ma questo è esattamente ciò che è successo con la nuova réclame televisiva di Nissan (ancora non arrivata in Italia) per presentare la sua nuova Leaf elettrica.

Lo spot “incriminato” utilizza la classica immagine degli orsi polari che stanno perdendo il loro habitat a causa dello scioglimento dei ghiacciai dell’Artico per colpa del cambiamento climatico. Ovviamente ha diviso la blogosfera tra quelli che l’hanno lodato, e quelli che non l’hanno molto apprezzato, compresi gli ambientalisti che non hanno molto gradito l’utilizzo di uno stereotipo così sfacciato.

Parte dell’Alaska diventa area protetta per gli orsi polari

orso polare

Finalmente gli orsi polari hanno vinto la loro battaglia. Se il rischio di estinzione ancora non è stato completamente eliminato, almeno ora potranno godere di un’area molto vasta dove poter vivere e riprodursi senza che nè l’uomo nè le sue attività potranno ostacolarlo.

A deciderlo è stata l’Amministrazione del Presidente Barack Obama, la quale ha stabilito che un’area di 520 mila chilometri quadrati in Alaska (più grande dell’Italia ed un terzo della terra dello Stato che la ospita) sia destinata all’orso polare, e nessuno potrà entrarvi, se non per rilevazioni scientifiche. L’orso polare, simbolo degli animali in via d’estinzione insieme al panda, è entrato nella lista delle specie minacciate solo nel 2008, dopo che numerose polemiche e rivolte degli ambientalisti hanno costretto l’amministrazione Bush, dopo anni di sfruttamento proprio del territorio del Nord America, ad ammettere che si tratta di una specie a rischio.

Il riscaldamento climatico nell’Artico potrebbe non finire mai

caribù

I profondi cambiamenti radicali nell’Artico a causa del riscaldamento globale non si limitano allo scioglimento dei ghiacci marini e alle conseguenze sugli orsi polari. Un nuovo studio constata che le forze del cambiamento climatico si stanno moltiplicando in tutto il freddo Nord, le quali producono effetti diversi in ogni ecosistema con il risultato che il volto della regione artica può essere alterato per sempre. Spiega uno degli autori dello studio Eric Post della Penn State University:

L’Artico come lo conosciamo potrebbe appartenere al passato. Di solito, quando si parla di declino nella regione artica, si mostrano le foto del ghiaccio nel mare e dell’orso polare. Questo studio cerca di muoversi al di là di tale strategia, citando la vasta gamma di carte che quantificano il declino ecologico nell’Artico.

Dice Ken Caldeira della Stanford University

Mentre la Terra, in media, si è riscaldata di circa 0,4 gradi Celsius negli ultimi 150 anni, l’Artico si è riscaldato da due a tre volte tale importo. Questa amplificazione del riscaldamento globale nella regione artica è in parte il risultato di un ciclo di auto-alimentazione: quando il ghiaccio marino si scioglie, gli oceani assorbono più calore dai raggi del sole, diminuendo la formazione del ghiaccio durante l’inverno. Negli ultimi due o tre decenni, la quantità di ghiaccio che copre l’Artico d’estate è scesa di circa 45.000 chilometri quadrati all’anno.

L’innevamento sulla terra è diminuito anche nelle latitudini più settentrionali, e la fusione comincia prima durante la primavera. Questi cambiamenti fisici per l’ambiente hanno un profondo impatto sulla flora e la fauna che abitano nella regione artica. Il ghiaccio si scioglie e le migrazioni delle specie artiche che dipendono dalla stabilità e dalla persistenza della coltre di ghiaccio sentono particolarmente il peso del cambiamento climatico.

Youtheria: il nuovo database per scoprire cosa fare per salvare gli animali in via d’estinzione

animali youtheria
foto: utheria.org

Che cosa accadrebbe agli orsi polari, se la gente costruisse città nel profondo del circolo polare artico? O alle popolazioni delle tigri, se le praterie dell’India si desertificassero? Una nuova banca dati che permette agli utenti di esplorare i fattori che predispongono diverse specie di mammiferi ad entrare nel tunnel dell’estinzione (dovuti ad esempio all’invadenza umana che rallenterebbe il tasso di riproduzione) potrebbe essere utile nella pianificazione dei progetti di conservazione.

Chiunque può accedere al sistema on-line, si chiama Youtheria, e consente agli utenti di manipolare i parametri tra cui l’ecologia degli habitat, la dimensione della cucciolata e la dieta di ogni singolo animale, e testare le proprie ipotesi.

Un orso polare sul Tamigi…

Un’orso polare sul Tamigi. E’ soltanto la foto di una scultura, bizzarra, paradossale, incredibile, inverosimile. Eppure efficace. Ha un terribile impatto sull’immaginario comune e serve a ricordarci continuamente che gli orsi sono in pericolo. L’idea di una campagna di sensibilizzazione basata sul potere suggestivo delle immagini è dell’Eden, un nuovo canale digitale che si dedica alla storia naturale e vuole mettere in evidenza le disastrose conseguenze dei cambiamenti climatici in atto.

Il ghiaccio al Polo si fa sempre più sottile. C’è chi dice che siano bufale, che gli orsi sono in aumento, sono gli stessi, pochi scienziati che negano il fenomeno del riscaldamento globale come imputabile all’uomo, riconducendolo ad un processo geologico del tutto naturale. Ma la maggioranza del mondo scientifico, ambientalisti a parte, è convinto che l’impronta dell’uomo su quanto sta accadendo sia tutt’altro che irrilevante.

Gli orsi polari stanno morendo di fame

Nuovo allarme per gli orsi polari, anche se in realtà la soglia di guardia degli scienziati non si è mai abbassata e i mammiferi dei ghiacci non hanno mai cessato di essere in pericolo. Stavolta a preoccupare gli esperti è la dilagante denutrizione registrata su un vasto campione di esemplari, causata dallo scioglimento dei ghiacciai in conseguenza dell’aumento delle temperature.

Le lastre di ghiaccio sempre più sottili, sempre più frammentarie e il riscaldamento delle acque che provoca una diminuzione anche nella fauna ittica, mettono a rischio l’approvvigionamento alimentare degli orsi, che risultano denutriti e provati dalla caccia infruttuosa. Pensate che il numero di orsi sottoalimentati è triplicato negli ultimi 20 anni.

Ecco cosa ci lascia di ecologico (e non) il 2008

Ieri ci siamo occupati di cosa ci attendeva nel nuovo anno a proposito dell’ecologia. Qualche piccola anticipazione di un anno che si prospetta più verde che mai. Ma tutto ciò è dovuto solo al fatto che il 2008 è stato l’anno in cui l’ecologia ha preso piede nella nostra vita quotidiana, ed è diventata la preoccupazione maggiore per gran parte della popolazione mondiale. Forse seconda soltanto alla crisi economica.

Ma cosa effettivamente ci ha lasciato il vecchio anno, è un tema abbastanza discusso. I modi per vedere l’ecologia (ed anche per farla) sono molteplici. Per questo motivo in molti considereranno positivi determinati aspetti che per altri non lo sono, così come molte persone che hanno tentato di fare qualcosa di veramente ecologico, alla fine hanno fatto solo un buco nell’acqua. Vediamo di che si tratta.

Bush ha deciso, gli orsi polari sono salvi

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La decisione del Governo americano è arrivata, e gli animalisti possono finalmente esultare: Bush ha confermato gli orsi polari come razza in via d’estinzione, l’Alaska non sarà più trivellato.
La (sofferta) decisione è arrivata la scorsa settimana, più in silenzio di quanto ci si aspettava, data l’importanza dell’evento.

Ne avevamo parlato 15 giorni fa, ponendovi, in breve, la questione se fosse stato meglio salvaguardare l’habitat naturale degli orsi oppure trivellare i giacimenti di petrolio dell’Alaska per far abbassare il prezzo della benzina. Ovviamente il risultato è stato scontato, nessuno vuol vedere sparire l’ennesima specie dalla faccia della Terra, e questo l’avrà pensato anche Bush, che per la prima volta nella storia americana, ha anteposto una razza animale agli interessi economici. La decisione è arrivata dopo una ricerca del Ministero degli Interni Usa, che ha capito che, sfruttando quelle zone, i ghiacciai si sarebbero sciolti per due terzi della loro consistenza attuale entro il 2050, lasciando agli orsi davvero poco terreno sul quale sopravvivere.

Orsi polari o prezzo della benzina più basso, cosa scegliereste voi?

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In questo periodo si sta facendo sempre più pressante un problema prima di tutto morale, ma da un certo verso anche materiale, che sta facendo preoccupare la gente di tutto il mondo. Per dirla in breve, gli orsi polari sono a rischio estinzione, hanno bisogno fondamentale dei ghiacci che costituiscono il loro territorio nel circolo polare artico. Il problema è che quella zona è ricca di giacimenti di petrolio che, se sfruttati, farebbero abbassare il prezzo del greggio.

Quindi che fare? Dar ragione alle nostre tasche, rischiando di veder aumentare a livelli stratosferici il prezzo della benzina, o salvare la vita a quelle poche decine di rappresentanti degli orsi polari? La decisione finale spetta ad uno degli uomini meno amati della terra, George W. Bush, che negli ultimi mesi del suo mandato ha avuto una svolta ecologista. Ma sarà sufficiente per salvare la vita all’orso bruno?

Isole Svalbard: la ricerca si fa tra fiordi ed orsi polari

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A meta’ strada tra il Polo e Capo Nord ci sono le Isole Svalbard, un arcipelago popolato da 2650 persone e da 10mila orsi. Qui troviamo una comunita’ scientifica internazionale proveniente da 40 paesi, che si è stabilita in queste isole, poco ospitali a dire il vero, per studiare nell’Universita’ piu’ settentrionale del mondo. Le isole Svalbard furono scoperte da Willem Barentsz nel 1596 e, ad oggi rappresentano il territorio con la minore densita’ di popolazione al mondo, solo 1 abitante ogni 25 chilometri quadri, in realta’ l’unica isola abitata è Spitsbergen, la piu’ grande, dove spicca la capitale Longyearbyen, sulla foce del fiordo principale dell’isola. Questa citta’ nacque come sede di miniere carbonifere ed attirava soprattutto minatori e pescatori, oggi invece le attivita’ principali sono molto piu’ redditizie e meno faticose, infatti il turismo, la ricerca scientifica e le attivita’ commerciali rappresentano le risorse piu’ sfruttate.

In effetti le Isole Svalbard non sono un luogo climaticamente gradevole, in quanto ci sono 4 mesi all’anno di buio completo e le notti raggiungono 40°C sottozero. Per questi motivi la comunita’ è molto giovane, composta da coppie con bambini, mentre gli anziani si trasferiscono in Norvegia poiché mancano strutture per persone non autosufficienti, difatti a 2 ore di aereo si trova Tromsǿ. I cittadini di Longyearbyen sono soprattutto stranieri, la maggior parte dei quali immigrati per scopi “intellettuali”, infatti la comunita’ scientifica è vastissima, soprattutto all’UNIS (University Centre in Svalbard), costruita con materiali a basso impatto ambientale.