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Rifiuti, Roma rischia di diventare una nuova Napoli

rifiuti roma napoliSi sperava che i rifiuti in mezzo alla strada di Napoli, ma anche quelli di Palermo e delle altre città italiane travolte dalla crisi-immondizia, fossero soltanto un ricordo. Ed invece lo scandalo rischia di allargarsi ad altre aree. Persino alla Capitale. E’ l’allarme lanciato dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini che questa mattina ha annunciato che la discarica di Malagrotta chiuderà entro la fine dell’anno, senza più deroghe. Ciò significa che se non si trova un’alternativa i rifiuti resteranno per le strade.

Rifuti: Campania e Lazio le regioni più in difficoltà

Il problema rifiuti affligge in particolar modo la Campania e il Lazio: nelle due regioni i cittadini che lamentano difficoltà legate al problema immondizia sono oltre il 40%. A rivelarlo il rapporto annuale dell’Istat, “Pillole”, nella sezione incentrata  sui rifiuti in Italia.

rifiuti dimezzare mare europa

Rifiuti, dimezzare quelli in mare è la proposta europea per Rio+20

rifiuti dimezzare mare europaOrmai manca davvero poco a Rio+20, il meeting organizzato dall’Onu per trovare delle soluzioni ai problemi ambientali che si terrà a Rio de Janeiro, in Brasile, nel prossimo giugno. Man mano che ci si avvicina cominciano a prendere forma le proposte che guideranno il dibattito, e tra queste ecco quella europea: dimezzare i rifiuti in mare. Anche se sembra poco infatti, le tonnellate di immondizia che galleggiano nei mari e negli oceani di tutto il mondo sono talmente tante che messe tutta insieme potrebbero persino formare un mini Continente.

Rifiuti: Italia condannata per l’emergenza in Campania

L’Italia non può far vivere nei rifiuti i suoi cittadini, e per questo è stata condannata ad una pena simbolica da parte della Corte per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Il giudice, si legge nella motivazione, ha condannato l’Italia a causa di una emergenza infinita. Dal 1994 al 2009 infatti in Campania l’emergenza rifiuti è rimasta tale e quale, costringendo i cittadini a vivere un mezzo all’immondizia come in una bidonville del terzo mondo.

Palermo sommersa dai rifiuti, scattano i roghi e lo scarica barile

immondizia a palermo

Da una parte c’è il sindaco Cammarata che scarica tutta la colpa sul presidente Lombardo, dall’altra il capo della Regione che parla di immobilità del primo cittadino di Palermo. Di mezzo i cittadini e i turisti, milioni di persone che ogni giorno devono fare i conti con l’aria irrespirabile e i sacchetti dell’immondizia da scansare. E’ questa la foto del capoluogo siciliano, definito nei giorni scorsi da Le Monde una “città-spazzatura dimenticata”, e che farà cambiare idea ai molti turisti francesi che volevano passare le vacanze sull’Isola.

Un problema che esiste all’estero, esiste a Palermo e nelle altre aree della Sicilia colpite dall’emergenza, ma che non esiste per il resto d’Italia, che di questa vicenda sa poco o nulla. Come successo per Napoli, dove anziché l’immondizia sono sparite le telecamere, per la Sicilia le televisioni non sono mai esistite, a parte qualche web-tv e qualche coraggioso cronista di carta stampata che ha ripreso lo scempio di una città allo sbando.

Palermo: è emergenza rifiuti, ma nessuno ne parla

palermo-rifiuti

La situazione della città di Palermo, ma in generale quella di tutta la Sicilia, è molto preoccupante, e forse anche più grave di quella di Napoli di qualche anno fa. Ma la differenza con la situazione campana è che la Sicilia è governata da 7 anni dalla destra, e per questo i giornali, e soprattutto le telecamere delle televisioni, fanno finta che tutto va bene.

E’ questo, in sintesi, il grido d’allarme di Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, il quale a sua volta riprende l’allarme lanciato dall’Amia, l’azienda che si occupa della gestione dei rifiuti a Palermo, e che ormai è vicina al collasso. La situazione più critica è quella della discarica di Bellolampo, dove sono stoccate ad oggi circa 100 mila tonnellate di percolato, una sostanza altamente nociva, nota per la sua forte capacità di inquinare le falde acquifere.

Impariamo a riciclare l’umido

La civiltà del consumismo è anche la civiltà dello spreco. E probabilmente non c’è un simbolo migliore dello spreco dei rifiuti “umidi“. Chiamati così perché si tratta di composti organici, l’umido è una delle raccolte differenziate più snobbate in quanto, mentre ad esempio il vetro o la plastica sono più facili da individuare, e nella coscienza civile stanno cominciando a finire automaticamente nei cestini della raccolta differenziata, per quanto riguarda questa categoria, siamo sempre abituati a gettarla nell’immondizia indifferenziata.

Nell’umido rientrano tutti i composti organici, quindi bucce di frutta, avanzi del pranzo (ed in questi giorni chissà quanti ce ne saranno), ma non necessariamente si tratta di avanzi alimentari, dato che vi può rientrare ad esempio anche la pelle degli abiti, i fondi di caffè ed anche foglie e rami tagliati dal proprio giardino. Forse non ne siamo consapevoli, ma i rifiuti organici sono da soli un terzo di tutta l’immondizia che produciamo oggi, ed è questo il motivo principale per cui essi vanno riciclati.

Discarica vuol dire energia

Sembra strano, e sconosciuto ai più, ma nella città di Milano c’è una discarica da 450 mila tonnellate di rifiuti che non solo non è dannosa per la cittadinanza, ma anche utile. I gas che vengono emessi dai rifiuti sono a tutti gli effetti metano il quale, raccolto e stoccato, dà energia elettrica a circa 250 mila persone.

Una cosa che in pochi, e forse neanche coloro che ne usufruiscono, sapevano, ma che andrebbe tenuta in considerazione quando si parla di smaltimento dei rifiuti. Perchè molto spesso si parla di termovalorizzatori, di discariche a cielo aperto e di chissà quali altre forme fantasiose per eliminare la nostra immondizia, ma purtroppo viene dimenticato che questa può tornare utile alla cittadinanza, e anche all’ambiente.

L’immondizia di casa e i resti agricoli insieme per un nuovo tipo di biocarburante

Abbiamo spesso parlato di biocarburanti e delle immense potenzialità a cui questa nuova fonte energetica potrebbe aspirare se non intaccasse gli equilibri nell’approvvigionamento delle risorse alimentari del mondo.
Come denunciato dalla Fao, infatti, il prezzo del grano, dello zucchero e delle altre colture destinate alla produzione di etanolo e degli altri biocarburanti, lievita con l’aumentare della richiesta e con l’incremento dell’industria del biocarburante.

Ecco perchè si rivela a questo punto necessario trovare al più presto altre materie prime da impiegare come fonte di energia alternativa da biomassa.
A questo proposito, gli scienziati stanno elaborando il modo di ricavare etanolo dalla commistione tra la comune spazzatura prodotta negli ambienti domestici e i resti delle colture agricole.
Ad elaborare questo ambizioso progetto sono stati i ricercatori dell’Agricolture Research Service (ARS), che stanno già effettuando degli esperimenti nei loro laboratori presso il Western Regional Research Center dell’ARS, che si trova ad Albany, in California.

E’ Costiglione d’Asti il comune riciclone 2008, e le grandi città dove sono?

In questo periodo in cui si sente tanto e forse troppo spesso parlare di immondizia, è bello anche premiare quei comuni che questo problema non ce l’hanno perchè sono stati in grado di risolverlo autonomamente. Legambiente li chiami “i comuni ricicloni“, e già da qualche anno li premia per l’alto tasso di riciclo di rifiuti urbani, facendoli diventare modello per tutta l’Italia.

I cosiddeti comuni ricicloni in tutta la nazione sono oltre mille (1081 per la precisione) e per la maggior parte sono al Nord (968), seguiti dal Sud (71) e dal Centro (42). Tra le regioni invece la più ecologica è senza dubbio la Lombardia, con 364 comuni virtuosi, seguita dal Veneto (326), ma solo in termini assoluti, perchè invece in percentuale è il Veneto che svetta in classifica, avendo ben il 56% dei propri comuni in classifica. Ma il comune migliore è Costiglione D’Asti (AT), in Piemonte con una percentuale di raccolta differenziata pari al 73,09%.

Gli 8 principi della bioarchitettura

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Finora abbiamo trattato di convegni, mostre e fiere della bioarchitettura. Abbiamo illustrato come anche la Chiesa ci tenga alle costruzioni ecologiche, e alle grandi opere di architetti famosi in tutto il mondo che si dedicano alle abitazioni “verdi”. Oggi scopriamo che non ci vuole una laurea in ingegneria per rendere la propria casa ecologica, e che ognuno può costruirsi da solo la propria bioarchitettura.

Ecco a voi i principi per una bioedilizia fai-da-te.
Primo principio: salvare l’ecosistema. Costruendo una casa che si basa sul risparmio energetico, con acqua calda tutto l’anno senza caldaie né termosifoni, grazie ad un involucro altamente coibentato, vetri a sud e un sistema di ventilazione controllato che permetta una minore dispersione di calore e un azzeramento dell’utilizzo di caldaie, termosifoni e impianti di aria condizionata. Il costo iniziale può essere fino a un quarto in più di quello delle normali case, ma questo poi verrà ammortizzato col tempo, grazie al risparmio appunto sul riscaldamento (che ogni anno diventa sempre più caro).

Cosa sono i termovalorizzatori?

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Da quando è scoppiato il caso rifiuti a Napoli abbiamo cominciato a sentir nominare tante parole nuove, o poco conosciute ai più. Una di queste è “termovalorizzatore“. Questa che sembra una parola buona, che scomposta sembra significare “valorizzazione del calore”, quindi una cosa positiva, la vediamo però associata a proteste e a significati negativi.

Cerchiamo di capirne di più. I termovalorizzatori hanno acquisito questo nome, a mio avviso, per indorare la pillola ai cittadini. Infatti prima questi enormi macchinari erano chiamati inceneritori, e siccome il nome non è che fosse molto incoraggiante, si è pensato, per calmare gli animi, di battezzarlo con qualcosa di più positivo.

Finalmente una buona notizia: il gas serra sarebbe in diminuzione

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Chi l’ha detto che il mondo è spacciato e le Agenzie per l’Ambiente danno soltanto notizie brutte e catastrofiche? Per una volta la notizia è di quelle che ci fanno dormire leggermente più rilassati: con la maggiore qualità di smaltimento dei rifiuti, le previsioni del gas serra sarebbero riviste al ribasso.

Il fulcro della questione sta nella migliore gestione dei rifiuti. Infatti se fino agli anni ’90 si è cercato di stoccare le “ecoballe” in discariche, o al massimo bruciarle, producendo più danni che benefici, con il nuovo millennio si sono sviluppate delle tecnologie tali da rendere i rifiuti meno dannosi per l’ambiente, e in alcuni casi anche utili.