REDD: il programma con cui le Nazioni Unite vogliono salvare le foreste

deforestazione

Evitare la deforestazione, attraverso lo schema delle Nazioni Unite che ha fatto parte dei negoziati sul clima a Copenaghen, è stato uno dei pochi settori in cui i Paesi si sono trovati sostanzialmente d’accordo. Denominato REDD (riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado forestale nelle nazioni in via di sviluppo), il programma è una collaborazione tra ONU, FAO (Food and Agricolture Organization), UNEP (il programma ambientale dell’ONU) e UNDP (programma per lo sviluppo dell’ONU).

Yemi Katerere, capo del programma REDD, ha spiegato alla Cnn le proposte del suo programma:

In teoria REDD è un sistema per fornire incentivi per i Paesi a non tagliare le foreste. Il sistema di incentivazione è in sostanza che i tuoi alberi valgono di più in piedi che tagliati. È possibile ottenere una ricompensa per non tagliare i boschi.

L’idea è molto semplice: se la funzione delle foreste pluviali, come la cattura di carbonio, la funzione idrografica, regolazione del clima e biodiversità, viene riconosciuta, il loro valore salirà.

Dimezzare le emissioni di gas serra? Basta non mangiare più carne

no carne

Quando si parla di inquinamento, la prima idea che ci viene in mente sono le industrie che emettono quei gas neri nell’aria. Dopodiché si passa ai gas di scarico delle automobili, specialmente nelle città affollate. Ma in pochi sanno che la maggior parte dell’inquinamento è prodotto da ciò che mangiamo. Anzi, solo la produzione di carne ne produce più della metà.

A confermarlo è uno studio effettuato da scienziati americani, Robert Goodland e Jeff Anhang che hanno pubblicato un articolo dal titolo “Livestock and Climate Change” (bestiame e cambiamento climatico), uscito di recente sulla rivista World Watch Magazine.

Inquinamento: Bush sapeva ma ha secretato tutto

Bush-epa-rapporto segreto

Nel dicembre 2007 l’amministrazione Bush ha constatato che i gas ad effetto serra, in particolare quelli emessi dai veicoli a motore, sono un pericolo per la salute pubblica, e quindi dovevano essere disciplinati dalla Clean Air Act. Questo rapporto però è stato secretato, anche se la sua esistenza era ben nota a tutti.

Le 29 pagine del rapporto dall’EPA (l’agenzia per l’ambiente) sono state viste da Bush stesso e solo da pochi altri eletti, ma non sono state autorizzate delle copie, e l’Office of Management and Budget della Casa Bianca ha bloccato un tentativo di renderlo pubblico. Il documento è stato rilasciato solo ora, per la prima volta, al pubblico americano.

Lavorare con le energie rinnovabili fa bene alla salute

installatori pannelli solari

L’espansione delle energie rinnovabili dovrebbe migliorare sensibilmente lo stato di salute degli attuali 700.000 lavoratori occupati nel settore energetico negli Stati Uniti. A stabilirlo è uno studio del Medical College of Wisconsin, a Milwaukee. La loro ricerca, pubblicata sul Journal of American Medical Association da Steven Sumner e Pietro Layde, ha esaminato i rischi per la salute dei lavoratori nelle industrie con fonti energetiche rinnovabili rispetto a quelle con combustibili fossili.

Il rischio di lesioni e la morte sul lavoro tra i lavoratori è un costo nascosto, noto come “esternalità“. Essa porta ad una serie di problemi dovuti a danni all’ambiente ed effetti negativi sulla salute umana causati da inquinamento, lesioni e morte tra i lavoratori nel settore energetico.

Il Dr. Sumner ha esaminato i rischi per la salute umana associati con i tradizionali combustibili fossili, quali carbone, petrolio e gas naturale, rispetto alle fonti di energia rinnovabili come l’energia eolica, solare e biomassa. L’energia eolica e solare sembrano offrire minor rischio di lesioni e di morte sul lavoro rispetto ai tradizionali combustibili fossili nella fase di estrazione dell’energia, dove per quanto riguarda il vento e il sole è minimizzato o eliminato. La biomassa, composto di biocarburanti, rifiuti organici, legno e combustibili derivati, che attualmente rappresenta più della metà del consumo di energia rinnovabile negli Stati Uniti, non sembra offrire un significativo vantaggio per la sicurezza dei lavoratori rispetto ai combustibili fossili.

Squali verso l’Antartide: colpa del riscaldamento globale

shark.jpg

Nuovi studi dei biologi marini hanno determinato che il riscaldamento globale potrebbe spingere gli squali a spostarsi presto verso l’Antartide. I biologi riuniti per la conferenza annuale dell’Associazione americana per l’avanzamento della scienza (AAAS), hanno avvertito che il ritorno dei predatori nell’Antartide potrebbe rivelarsi devastante per l’ecosistema sottomarino.
Le acque circostanti l’Antartico sono troppo fredde per gli squali -ha spiegato Cheryl Wilga, professore di biologia all’Università di Road Island -ma il riscaldamento globale potrebbe renderle ospitali per gli squali nei prossimi cento anni.
Le conseguenze sarebbero devastanti poichè il mare antartico, dopo la scomparsa dei temibili predatori, ha sviluppato un ecosistema dominato da molluschi, invertebrati ed un ambiente che è unico al mondo. Questo equilibrio potrebbe essere minato dal ritorno degli squali, con conseguenze deleterie.

Le acque antartiche dovrebbero rimanere al di sopra dello zero per far diventare abitabile l’ambiente per alcune specie di squali, e alla velocità con cui sta aumentando la temperatura, potrebbe accadere già in questo secolo– ha continuato il professor Wilga.
Una volta arrivati nell’Antartico, niente sarebbe più come prima e l’intero ambiente marino ne sarebbe completamente devastato e sconvolto.