carburante in mare

Carburante in mare a Taranto. Non si è trattato di una falla

carburante in mareTonnellate di carburante sono fuoriuscite da una nave con bandiera panamense nelle acque di Taranto e hanno creato una chiazza di almeno 800 metri quadrati nella rada di mar Grande. La Capitaneria di Porto avvisa che la “situazione è sottocontrollo” ma l’allarme per l’ambiente e per la popolazione resta. A poche ore dal disastro che ha colpito una zona già a rischio ambientale per le acciaierie dell’Ilva, si contano i danni all’ambiente e all’ecosistema marino.

Golfo del Messico, l’oceano guarisce più in fretta del previsto

I ricercatori dell’Università della California di Santa Barbara e della Texas A & M University hanno definito i risultati dei loro studi “molto sorprendenti”, quando hanno misurato le concentrazioni di gas metano nel Golfo del Messico. Hanno infatti notato che i livelli sono tornati quasi normali solo pochi mesi dopo l’enorme rilascio di petrolio avvenuto in seguito all’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon.

I risultati dello studio, condotto da John Kessler e David Valentine, sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Science. Essi mostrano che Madre Natura ha provveduto rapidamente alla rimozione di oltre 200.000 tonnellate di metano disciolto attraverso l’azione dei batteri che sono fioriti, consumando completamente il gas che era stato sprigionato dalla catastrofe.

BP: altro disastro nel 2008, lo svela Wikileaks

La somiglianza tra il disastro BP in Messico della scorsa estate e quello avvenuto nel 2008 è impressionante. L’unica differenza è che l’incidente di due anni fa è accaduto in Azerbaigian, e non sulle coste degli Stati Uniti, e per questo motivo nessuno al mondo ne ha saputo nulla. Almeno fino a che Wikileaks non ha svelato quest’altro segreto.

Le nuove rivelazioni fatte dal sito di Assange hanno parlato di alcuni dei soci di BP che si sono detti “sconvolti” che la società sia stata così reticente sull’incidente, tanto da aver tentato di nascondere informazioni persino a loro. Secondo le incredibili rivelazioni infatti, pare che il presidente dell’Azerbaigian abbia accusato la BP di aver rubato 10 miliardi di dollari di petrolio al suo Paese e aver utilizzato un “lieve ricatto” per assicurarsi i diritti a trivellare ampie zone nella regione del Mar Caspio.

Bp invia falso giornalista in Louisiana per dire che va tutto bene

falso giornalista

Ci sarà una fine alle ipocrisie e alle azioni ridicole della BP? Evidentemente no. Ecco l’ultimo di una lunga serie di errori curiosi e incredibili aggravanti: dopo essere stato pubblicamente vietato più volte l’accesso ai giornalisti al sito della fuoriuscita di petrolio, la compagnia petrolifera britannica ha inviato dei giornalisti finti sulla “scena del crimine” per raccontare una storia ben diversa dalla situazione reale.

Per fortuna il Wall Street Journal ha scoperto la trama, individuando immediatamente un dipendente delle pubbliche relazioni travestito da giornalista, infiltratosi in Louisiana. Dopo il salto vedremo un estratto di come il WSJ ha raccontato la vicenda.

Marea nera: disastro peggiore di Cernobyl

marea nera greenpeace

Secondo le stime effettuate da Greenpeace, il bilancio dell’ormai famosa “marea nera” potrebbe essere ben peggiore rispetto alle stime ufficiali. L’associazione ambientalista infatti parla di una fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma Deepwater Horizon di circa 10 volte maggiore rispetto a quanto dichiarato. Non che quello che la BP dichiari sia poco.

Già infatti se si rimanesse con le cifre diffuse dalla società britannica, il disastro sarebbe veramente terrificante. A dimostrare la gravità della situazione c’è l’intervento di Nicholas A. Robinson, co-direttore del Centro per gli studi giuridici ambientali Pace Law School di New York, il quale è intervenuto alla Conferenza internazionale Icef sulla governance globale per l’ambiente, ed ha definito questa catastrofe

un disastro ambientale peggiore di quello causato dall’esplosione di un reattore nucleare a Chernobyl nel 1986.

BP: “La marea nera sarà fermata, ma non sappiamo quando” (video)

Per quanto terribile possa sembrare la situazione della marea nera, il presidente di BP, Tony Hayward, ha dichiarato al The Guardian che

la risolvero. Vi dò la garanzia. L’unico problema è che non sappiamo quando.

A questo punto non sappiamo più se ridere o piangere. Questa dichiarazione accompagna il video che mostra la falla nella piattaforma petrolifera del Golfo del Messico, la quale sta facendo fuoriuscire l’equivalente di circa 5000 barili di petrolio al giorno, tutti dispersi in mare. Un video agghiacciante che fa rimanere ancor più di sasso leggendo la superficialità delle misure intraprese dalla BP prima e dopo il disastro. Ma non finisce qui, perché Hayward ha rincarato la dose.

Dai capelli ai “pompon”, per fermare la marea nera la BP le prova tutte

recinti marea nera

La marea nera si sta diffondendo verso ovest, verso importanti canali di navigazione e aree ricche di frutti di mare del litorale della Louisiana, dove i divieti di pesca di gamberetti e ostriche sono stati allargati. Lo stato di emergenza è ormai stato dichiarato in quasi tutta l’area, ma nonostante tutto, la BP non ha la minima idea su come fermare la fuoriuscita di petrolio. Dopo un accumulo di gas cristallizzato nella cupola nella giornata di ieri, gli ingegneri sono stati costretti a ritardare gli sforzi per contenere le perdite, rimandando un nuovo tentativo alla giornata di sabato.

E così BP è stata costretta ad esaminare i modi per superare i problemi che si sono susseguiti, e sta prendendo in considerazione anche le alternative più “fantasiose”. Dagli idrati di gas (un gas metano fangoso che potrebbe bloccare il petrolio facilitandone il recupero tramite una nave) ai BOP (Blowout Preventer) cioè dei macchinari che pompano detriti ad alta pressione sott’acqua, i quali servono per ostruire i fori e ridurre notevolmente il deflusso del petrolio, le stanno provando davvero tutte.

Marea nera: la cupola ha fallito

chiazza petrolio

La piattaforma della BP che il 20 aprile scorso, a causa di un incendio, si è inabissata ed ha provocato il più grande disastro ambientale della storia del Nord America sembra aver subìto una maledizione. Dopo il fallimento dei primi interventi dei tecnici e quello dei robot che dovevano tappare le falle, ancora una volta c’è qualcosa che va storto. La mega cupola di cemento e metallo che doveva servire per limitare i danni ed assorbire il petrolio fuoriuscito ha fallito al suo primo tentativo.

La struttura alta 12 metri e pesante circa 78 tonnellate è stata fissata dai robot sottomarini in profondità a 1.500 metri in modo da bloccare la fuoriuscita di greggio e aspirarne circa l’85%. Purtroppo, a causa della gravità della situazione e soprattutto della sua novità, un’impresa simile non era mai stata effettuata prima, e nemmeno mai sperimentata nelle esercitazioni, e così al primo tentativo è fallita: il petrolio sta continuando ad uscire le macchia ad espandersi.

Disastro nella Grande Barriera Corallina: ci vorranno 20 anni per riparare i danni della nave incagliata

nave contro barriera corallina

Poco più di una settimana fa, una nave che trasportava carbone, la cinese Shen Neng 1, si è incagliata nella Shoals Douglas, un’area della Grande Barriera Corallina, al largo dell’Australia. La nave era all’interno di una area marina protetta, e come spesso accade, ha provocato un disastro di immani dimensioni. Scontratasi contro la barriera, ha lasciato fuoriuscire circa 4 tonnellate di carburante causando una chiazza di petrolio di circa 3 km.

Nonostante il tentativo del capitano della nave di sminuire la preoccupazione per il danno arrecato alla barriera corallina, le squadre accorse subito sul posto hanno liberato la nave dalla scogliera soltanto dopo una settimana di duro lavoro. Le prime stime dei danni fatti ai coralli parlano di circa 20 anni per permettere il pieno recupero dell’area distrutta.