Marea nera: anche il siringone è un flop

fuoriuscita petrolio

Nel giorno in cui Barack Obama annuncia che le nuove trivellazioni petrolifere verranno permesse solo con la piena certezza che non ci saranno nuovi disastri (e a questo punto non dovrebbe permetterle mai), la BP annuncia di ridimensionare le stime sul recupero delle perdite del petrolio, aggravando ancor di più la situazione.

La società inglese ha drasticamente ridotto le sue stime di quanto petrolio è stato recuperato ogni giorno dalla piattaforma nel Golfo del Messico attraverso il tubo a sifone di oltre 1.500 metri di lunghezza, il quale sembrava potesse risolvere il problema. Il petrolio recuperato è stato 2.010 barili (319.500 litri) al giorno durante i sei giorni precedenti al 23 maggio, meno della metà rispetto ai 5.000 barili (795.000 litri) al giorno che la società stimava di poter recuperare. A volte il recupero è stato ancora minore, intorno ai 1.360 barili al giorno (216.200 litri).

Marea nera: la soluzione potrebbe essere una siringa

incendio petrolio

Ancora è presto per cantar vittoria, ma qualcosa sta cambiando. La BP potrebbe aver trovato almeno il bandolo della matassa, e per sbrogliarla è solo questione di tempo. Nei giorni scorsi un megasiringone da 1.500 metri è stato infilato nella falla ed è riuscito a convogliare, almeno per qualche ora, una parte del petrolio che fuoriusciva nella stiva della petroliera Discoverer Entreprise. La sua funzione è di recuperare un po’ del greggio che andrebbe perduto e di tentare di rallentare l’inquinamento delle acque fino a che non verrà trovata una soluzione per fermare definitivamente le perdite.

Ma la soluzione definitiva potrebbe essere la siringa stessa. Infatti gli ingegneri hanno ipotizzato di utilizzare lo stesso tubo per sparare dei fanghi pesanti all’interno del buco in modo da tappare la falla. Siamo ancora a livello progettuale, ma vista la gravità della situazione, il tempo stimato per portare a termine quest’operazione è di 7-10 giorni.

Marea nera: la denuncia di Greenpeace

operai marea nera

La maxi-cupola sta arrivando. Un’enorme campana di vetro sta per raggiungere le coste della Louisiana dove cercherà di limitare i danni della fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma BP. Peccato che per molti ormai il grosso del danno è stato fatto. I pescatori sono stati “ingaggiati”, al doppio della paga, per ripulire le acque vicine alla costa. Ma dopo che la pulizia sarà stata effettuata che ne sarà di loro? Non si potrà mangiare più pesce per decine di anni, sempre che qualche animale resti in vita, vista la morìa di tartarughe e tonni rossi che vengono a galla in tutto il Golfo del Messico.

Ma per Greenpeace non è una novità. Sotto accusa è prima di tutto Barack Obama. Proprio lui aveva autorizzato quella trivellazione, anche se a sua discolpa c’è da dire che l’amministrazione americana aveva chiesto alla BP, poche settimane prima dell’incidente, di migliorare le norme di sicurezza, cosa che non è stata fatta. Addirittura si dice che la compagnia britannica sia andata a scavare anche più in profondità rispetto a quanto non fosse autorizzata, ma capire le cause adesso passa in secondo piano. La rabbia ora è concentrata sul fatto che un disastro simile si poteva benissimo evitare. Per questo Greenpeace si pone 6 domande e si dà altrettante risposte, una più agghiacciante dell’altra. Le trovate dopo il salto.