I gas serra, alla base del fenomeno del riscaldamento globale con tutto ciò che esso comporta, sono provocati in larga parte dall’uomo. O meglio, la parte che li rende pericolosi si può affermare con certezza che sia di matrice umana. Dopo aver messo al bando una serie di sostanze chimiche, ora la partita si fa più complicata perché secondo i ricercatori dell’Università di Berkeley, in California, c’è un nuovo responsabile che però chiaramente non si può bandire: i fertilizzanti usati in agricoltura.
fertilizzanti
Fertilizzanti e plastica minacciano il Pianeta
Fertilizzanti e plastica minacciano gli oceani, mettendo a rischio la catena alimentare e la salute del Pianeta. Si tratta di due dei maggiori pericoli di cui l’umanità dovrà occuparsi, cercando di limitarne l’impatto e di scovare soluzioni valide per arginarne le conseguenze. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Agenzia ONU per l’Ambiente, UNEP Year Book 2011: Emerging Issues in our Global Environment, un’analisi che ha portato alla luce l’annoso problema dell’inquinamento da fosforo e da plastica negli oceani.
Il fosforo è usato nella produzione di fertilizzanti, utilizzati in misura massiccia per garantire una produzione agricola atta a soddisfare le esigenze nutrizionali di una popolazione mondiale in costante crescita. Negli ultimi 50 anni le concentrazioni di fosforo nelle acque sono cresciute di almeno il 75 per cento.
Fonti rinnovabili: Biomass, Progetto per le biomasse agricole e forestali
Si chiama “Biomass“, ed è un Progetto che punta alla promozione delle biomasse agricole e forestali come fonti per la produzione di energia rinnovabile. A sostegno di tale progetto sono stati programmati, in Provincia di Nuoro, degli eventi nelle giornate del 7-8 ottobre 2010 al fine di andare, tra l’altro, a verificare quali siano le opportunità che offrono in effetti le biomasse agricole e forestali nella valorizzazione e nella tutela delle risorse naturali, nella riduzione delle emissioni inquinanti, nel risparmio energetico e nella diminuzione dell’utilizzo delle fonti energetiche tradizionali, ovverosia i combustibili fossili.
La provincia di Nuoro, assieme a quelle di Pisa, Grosseto, e Massa Carrara, è partner di “Biomass” che è un progetto che è promosso dalla Provincia di Lucca, in partnership anche con l’Odarc, l’Office du Développement Agricole et Rural della Corsica, e con la Regione Liguria, nell’ambito del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia-Francia Maritimo; “Biomass” gode del finanziamento del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.
Biomasse e biogas: energia alternativa con gli scarti della vinificazione
In futuro gli scarti della vinificazione si potranno utilizzare nel settore energetico come biomassa, per la produzione del biogas, oppure per andare ad alimentare gli impianti che producono energia. A metterlo in evidenza è stata la Confagricoltura nel sottolineare in particolare come, a differenza di quanto si possa pensare, dall’uva a conti fatti non si butti via proprio nulla.
Le fecce del vino e le vinacce, infatti, non devono essere più visti come dei rifiuti che bisogna andare a smaltire, con tutti i problemi che ne conseguono, ma come dei veri e propri sottoprodotti del processo di vinificazione che sono ancora buoni per essere riciclati e riutilizzati in maniera conveniente da ogni punto di vista.
Vino, nuove norme per la eco-gestione
L’Italia è uno dei maggiori produttori di vino al mondo, ma ovviamente, oltre a produrre quel buonissimo succo d’uva, ha anche come diretta conseguenza la presenza di una gran quantità di materiale di scarto. Fino ad oggi il suo utilizzo era poco disciplinato dalla legge, e doveva rispettare solo le normative riguardanti i divieti di inquinamento ma un Decreto Ministeriale che entrerà in vigore a breve, cambierà questo genere di attività.
I prodotti di scarto della vinificazione e i suoi sottoprodotti potranno essere utilizzati per un uso agronomico indiretto (fertilizzanti), per un uso energetico (biomasse e biogas), e addirittura per uno farmaceutico e cosmetico. L’uso agronomico diretto invece sarà limitato alle 3 tonnellate per ettaro di superficie agricola, e verrà utilizzato per la distribuzione dei sottoprodotti nei terreni agricoli.
Fertilizzanti cinesi: 100 volte peggiori delle piogge acide
Tra i tanti problemi della Cina, quello più vicino a noi, e forse anche più pressante in questo periodo, è l’inquinamento. Non si parla ovviamente solo di quello atmosferico, ma è molto diffuso, anche se se ne discute poco, quello che riguarda le acque. Il Governo cinese, tra i più conservatori al mondo, e di conseguenza anche molto protezionista, ha ammesso il problema. Soltanto che, piccolo particolare, alcune statistiche dicono che la situazione è almeno due volte peggiore delle cifre ufficiali.
Parte di questo problema è dovuto agli scarichi agricoli, fortemente contaminati da un uso eccessivo di fertilizzanti. Ma l’acqua non è l’unica cosa che viene inquinata dai troppi prodotti chimici. Mongabay evidenzia in un nuovo articolo su Science che specifici suoli della Cina sono acidificati a causa delle cattive pratiche agricole:
L’agricoltura cinese si è intensificata notevolmente dall’inizio degli anni ’80 in una zona limitata della terra con ingressi di enormi quantità di fertilizzanti chimici ed altre risorse
spiegano gli autori, sottolineando che il consumo dei fertilizzanti azotati in Cina ha raggiunto 32,6 milioni di tonnellate nel 2007, con un aumento del 191% rispetto ai livelli del 1981.
L’incremento di Co2 non è responsabile della perdita della biodiversità
L’aumento dei livelli di biossido di carbonio può surriscaldare il pianeta e causare altri problemi ambientali, ma si teme che l’aumento dei livelli di CO2 potrebbe ridurre direttamente la biodiversità vegetale, secondo un nuovo studio condotto da Peter Reich, scienziato dell’Università del Minnesota. In realtà, l’aumento di CO2 può realmente aiutare a contrastare la perdita di diversità di un altro problema ambientale: la pioggia globale di azoto da fertilizzanti e fumi di scarico.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, ha coinvolto un osservazione di 10 anni di 48 appezzamenti piantati con 16 diverse specie di piante, i quali sono stati testati utilizzando ambienti con livelli elevati di azoto e anidride carbonica. I ricercatori hanno misurato il numero di specie osservate in ogni terreno, l’impianto di biomassa sia sopra che sotto terra, così come i fattori legati al suolo, acqua e luce, che possano incidere sulla crescita delle piante.
L’incremento della domanda di etanolo inquina i corsi d’acqua
Più fertilizzanti e pesticidi vengono utilizzati per la coltivazione del mais, maggiori fonti d’acqua nelle vicinanze potrebbero venire inquinate. Lo afferma uno studio della Purdue University, il quale aggiunge che questo pericolo potrebbe aumentare se le richieste di etanolo portassero a piantare ulteriori ettari di mais.
Lo studio sulle fonti d’acqua in Indiana ha scoperto che quei campi in cui si praticano le rotazioni continue di mais avevano livelli più elevati di azoto, fosforo e fungicidi. I risultati dello studio effettuato da Indrajeet Chaubey, professore associato di ingegneria agricola e biologica, e Bernard Engel, professore e capo di ingegneria agricola e biologica, sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Environmental Engineering.
Casa dolce casa…inquinante
Si dice che non c’è nessun luogo come casa propria. Ma alcune relazioni di scienziati americani su alcune case nelle aree residenziali della California potrebbero sconvolgere questo caposaldo. La tipica casa americana, probabilmente come nel resto del mondo Occidentale, è probabilmente una sottostimata fonte di inquinamento delle acque, secondo un nuovo studio segnalato al 238esimo Incontro Nazionale della American Chemical Society.
Secondo gli studiosi Lorence Oki, Darren Haver e colleghi, la spiegazione è che il rilascio delle acque provenienti dalla pioggia e dall’irrigazione di prati e giardini, si snoda nelle fognature comunali sottostanti. A queste si aggiungono le acque reflue dei lavaggi dei fertilizzanti, pesticidi e altri contaminanti scaricati, tutti materiali che infine ritornano a galla nei fiumi, laghi e altri corsi d’acqua.
Capelli umani e compost come fertilizzanti per le piante
I rifiuti prodotti ogni giorno da parrucchieri e barbieri di tutto il mondo, peli della barba, capelli, potrebbero presto trovare un possibile reimpiego come fertilizzante per le piante uniti a compost.
E’ quanto afferma una recente ricerca condotta da un team di studiosi della Mississippi State University, coordinato da Vlatcho D. Zheljazkov, con la partecipazione di Juan L. Silva, Mandar Patel, Jelena Stojanovic, Youkai. Lu, Taejo Kim, e Thomas Horgan.
Lo studio intitolato Human Hair as a Nutrient Source for Horticultural Crops è stato pubblicato su HortTechnology ed apre una nuova strada ecologica nel campo dei concimi naturali.
La produzione agricola vegetale si basa ora sull’utilizzo di materiali provenienti dal compostaggio dei rifiuti e di sottoprodotti come rifiuti solidi urbani, letame, il tutto serve a fornire alla piante le sostanze nutritive necessarie alla loro crescita e sostentamento.
Biologico: conviene produrre senza medicinali chimici di sintesi?

Tutti i sistemi agricoli che promuovono la produzione di alimenti e fibre in modo sano socialmente, economicamente e dal punto di vista ambientale. Questi sistemi hanno come base della capacità produttiva la fertilità intrinseca del suolo e, nel rispetto della natura delle piante degli animali e del paesaggio, ottimizzano tutti questi fattori interdipendenti.
La filosofia dietro a questo diverso modo di coltivare le piante e allevare gli animali non è unicamente legata all’intenzione di offrire prodotti senza residui di fitofarmaci o concimi chimici di sintesi, ma anche alla volontà di non determinare nell’ambiente esternalità negative, cioè impatti negativi sull’ambiente a livello di inquinamento di acque, terreni e aria. L’interesse dei consumatori per produzioni ottenute in modo “biologico” è andato crescendo negli anni, soprattutto in funzione del concetto di salubrità che si associa alle produzioni biologiche.
Inquinamento da mercurio: un problema da non sottovalutare
