I pinguini imperatore marciano verso l’estinzione

Tutti ricorderanno il celebre film documentario del 2005 “La marcia dei pinguini“, in cui un magistrale Luc Jacquet raccontava con semplicità e realismo dettato dall’autenticità delle immagini,  il ciclo vitale di questi meravigliosi abitanti dei ghiacci. In Italia narrato dalla voce di Fiorello, la marcia fu un successo, una testimonianza del coraggio, dell’amore e della fratellanza che guida questa specie verso la sopravvivenza e l’unione, sfidando il freddo antartico.

Ebbene, pare che la marcia dei pinguini stavolta non sia verso la vita, ma verso la morte. I pinguini imperatore sarebbero destinati ad estinguersi prima della fine di questo secolo. E’ quanto si evince da una relazione stilata da un gruppo di ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI) e pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences degli Stati Uniti d’America.

Orsi alla riscossa!

Orsi alla riscossa! E la buona notizia viene dall’Italia. L’Abruzzo e il Trentino hanno pubblicato i dati dei censimenti effettuati nell’autunno scorso, prima che i nostri se ne andassero in

Scimpanzé africani rischiano l’estinzione

La popolazione degli scimpanzè dell’Africa occidentale è considerata ormai da tempo una specie in pericolo, che rischia l’estinzione. La percentuale di incremento nella decimazione di questi esemplari della Costa d’Avorio è davvero allarmante.
Secondo un recente studio effettuato dai ricercatori del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology sembrerebbe, infatti, che gli scimpanzé siano diminuiti, in quest’area del continente nero, di circa il 90% negli ultimi vent’anni.

Questo significa che la popolazione è stata quasi totalmente annientata, passando dai 12.000 esemplari di un tempo ai 1.200 censiti attualmente.
I fattori principali di questo declino sono stati individuati dai ricercatori nell’aumento del fenomeno della deforestazione e nel bracconaggio.

Squali del Mediterraneo a rischio estinzione

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Gli squali del Mediterraneo stanno scomparendo. La percentuale di riduzione dei grandi predatori ha superato negli ultimi due secoli il 97%.
A lanciare l’allarme è Francesco Ferretti, ricercatore maceratese 31enne, che collabora con le università canadesi più prestigiose.
Sono state analizzate venti specie di squali delle ottante presenti nel mar Mediterraneo: tra queste quindici sono risultate biologicamente estinte.
Altre cinque sarebbero in grave pericolo: verdesca, squalo volpe, squalo martello, smeriglio e mako.

La ricerca di Ferretti dal titolo Il declino degli squali in Mediterraneo, pubblicata dalla rivista scientifica Conservation Biology, ha individuato alla base di una riduzione così drastica gli effetti della pesca a strascico.
Questo tipo di pesca colpisce senza distinzioni tutte le specie presenti nei fondali, inclusi i grossi predatori del mare.

Anche l’ecosistema marino soffre lo stress.

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L’ambiente marino del pianeta azzurro verte in una condizione di forte degrado. Inquinamento delle acque, pressione antropica sulle coste e sovrasfruttamento delle specie ittiche, sono solo alcuni dei problemi che stressano l’ecosistema marino causando gravi danni all’ambiente e a tutti gli esseri viventi, compreso l’uomo. Nel mondo, oltre la metà della popolazione vive lungo i circa 440.000 kilometri di coste, all’interno di una fascia profonda 200 km. Qui si concentrano grossi centri urbani, come Tokio, Mumbai e New York, complessi industriali e turistici, reti autostradali e aree dedicate all’agricoltura intensiva.

In Italia, in base ai dati ISTAT, oltre il 30% della popolazione (circa 18 milioni di abitanti) risiede lungo il litorale che per il 43% appare totalmente urbanizzato e per il 28% parzialmente urbanizzato. Molte zone costiere, inoltre, presentano un ampio flusso turistico. Questa pressione antropica sulle zone costiere, sia in Italia che nel resto del mondo, modifica profondamente gli equilibri naturali, provocando la scomparsa, ad esempio, di zone umide costiere come le lagune, e delle foreste di mangrovie, nelle zone tropicali, utili per la protezione delle coste.

Biodiversità: assicurazione sulla vita del nostro pianeta

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La terra è popolata da numerosi esseri viventi, animali e vegetali che non conosciamo: oggi sono state classificate appena un milione di specie, mentre le stime elaborate dai biologi vanno dai 5 ai 10 milioni. Diventa quindi, ancora più urgente e importante occuparsi della conservazione di specie e ambienti che rischiano di sparire per sempre a causa dell’uomo, ancora prima di essere scoperti. Infatti la biodiversità nel mondo è calata quasi di un terzo negli ultimi 35 anni, principalmente a causa della progressiva distruzione di ambienti vivibili dalle varie specie animali. Lo sostiene il World Wildlife Fund, presentando i dati del suo Living Planet Index, l’indice globale della biodiversità istituito dall’associazione, che ne diffonde i dati aggiornati ogni due anni.

Allarme WWF: tra 50 anni non ci sarà più biodiversità

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I numeri cominciano a farsi preoccupanti: negli ultimi 35 anni abbiamo perso già un terzo della biodiversità su tutto il pianeta. I dati provengono da una ricerca fatta dal WWF, che da anni sta tentando in tutti i modi di preservare zone e parchi naturali proprio per proteggere le specie di animali e piante in via d’estinzione.

Le cause principali sono tre: prima di tutto, la distruzione degli ambienti. Molte specie animali, che per millenni hanno vissuto tranquillamente nelle loro oasi, adesso se le vedono sottratte a causa dell’invasione umana che gli sta letteralmente togliendo il terreno da sotto i piedi.
La seconda causa è il cambiamento climatico, dovuto ovviamente all’inquinamento, che sta facendo estinguere numerose specie di piante e pesci; e infine il commercio della carne e delle pelli, che miete vittime soprattutto tra le balene e le foche.

Orsi polari o prezzo della benzina più basso, cosa scegliereste voi?

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In questo periodo si sta facendo sempre più pressante un problema prima di tutto morale, ma da un certo verso anche materiale, che sta facendo preoccupare la gente di tutto il mondo. Per dirla in breve, gli orsi polari sono a rischio estinzione, hanno bisogno fondamentale dei ghiacci che costituiscono il loro territorio nel circolo polare artico. Il problema è che quella zona è ricca di giacimenti di petrolio che, se sfruttati, farebbero abbassare il prezzo del greggio.

Quindi che fare? Dar ragione alle nostre tasche, rischiando di veder aumentare a livelli stratosferici il prezzo della benzina, o salvare la vita a quelle poche decine di rappresentanti degli orsi polari? La decisione finale spetta ad uno degli uomini meno amati della terra, George W. Bush, che negli ultimi mesi del suo mandato ha avuto una svolta ecologista. Ma sarà sufficiente per salvare la vita all’orso bruno?

Come sarà la Terra fra cento anni? Ce lo spiega Legambiente

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Visti i buoni risultati che si stanno ottenendo con le iniziative di Legambiente, del WWF e di altre associazioni ambientaliste, la stessa Legambiente ha fatto una previsione in cui descrive come vede la Terra tra cento anni.
Il dossier, che si intitola “La Terra nel 2108” è un pò ottimistico, ma forse tiene conto del fatto che se non si prendono in considerazione i consigli degli ambientalisti, e non si cerca di rispettare un pò di più l’ambiente, si rischia che l’anno 2108 la Terra non lo vedrà mai.

La ricerca, presentata durante l’Earth Day da Pietro Cambi, prevede l’utilizzo di tecnologie super avanzate legate soprattutto al risparmio energetico e alle risorse rinnovabili, e gli animali, salvi dall’estinzione, che vivranno in armonia con l’uomo.

Le piante carnivore e il loro mondo affascinante

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Le piante carnivore suscitano sempre curiosità, riportando alla mente raffigurazioni fantastiche di piante “mangiatrici di uomini”, ma rassicuriamoci, queste immagini appartengono solo a una fervida fantasia: alcune arrivano a catturare piccoli vertebrati quali rane e topi di piccole dimensioni, ma le piante carnivore si nutrono soprattutto di insetti. Queste meravigliose piante hanno studiato e messo a punto un sistema di cattura e digestione incredibilmente avanzato, in modo da poter assorbire dalle proprie prede le sostanze nutritive essenziali per poter vivere. Le piante carnivore crescono prevalentemente in torbiere, su terreni estremamente poveri di sostanze nutritive come l’azoto, e sono costrette quindi a nutrirsi grazie alle loro “battute di caccia”.

Molti avranno tentato la coltivazione di queste piante, ma molto probabilmente la morte è sopraggiunta dopo pochi giorni dall’acquisto. La causa principale è la scarsa informazione che viene data e le credenze che vi sono su queste piante. Il 90% delle piante carnivore è fortemente sensisbile all’acqua calcarea o di rubinetto, che le porta nel giro di poco tempo a morte certa. Altro problema spesso è la mancanza di acqua, o la scarsa esposizione ai raggi solari. Le piante carnivore adorano grandi quantità di acqua e abbondante esposizione solare.

Completato il censimento dei delfini d’acqua dolce

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I biologi stimano che oggi sulla Terra esistano tra i 5 e i 15 milioni di specie di piante, animali, microrganismi. Dei quali solo 1,5 milioni sono stati descritti ed hanno un nome. Il totale stimato comprende circa 300.000 specie di piante e, per gli animali, tra i 4 e gli 8 milioni di specie di insetti, e circa 50.000 specie di vertebrati (dei quali circa 10.000 sono uccelli e 4.000 sono mammiferi). Perchè le specie stanno estinguendosi? La conversione della terra a causa dell’uomo, con risultante perdita di habitat naturali, labiodiversità globale è in diminuzione più velocemente del tasso naturale di estinzione a causa dei cambiamenti d’uso delle terre, dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e comunque, qualsiasi sia la causa, il processo non è facilmente arrestabile, e delle molte specie che si stanno estinguendo, spesso, neanche sappiamo che esistono.

Dopo due anni di lavoro, completato il censimento della specie in cinque nazioni e tredici fiumi del Sudamerica. 3.188 i delfini censiti in 3.600 km dell’Amazzonia e dell’Orinoco.

Il primo censimento dei delfini d’acqua dolce è stato un ottimo esempio di lavoro di squadra che va al di là dei risultati scientifici raggiunti. Ha infatti consentito di consolidare il lavoro che il WWF fa su questa specie in tutto il mondo

afferma Saulo Usma, coordinatore del progetto acque dolci del WWF Colombia, che continua:

Ad aprile ci incontreremo a Santa Cruz, in Bolivia, con esperti di varie organizzazioni per consolidare la strategia di conservazione del delfino d’acqua dolce. Questa strategia verrà pubblicata dallo IUCN e adattata ad ogni paese.

Drammatiche previsioni sugli effetti dei cambiamenti climatici: primavera 2008

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Rondini in Toscana, orsi che si svegliano dal letargo, alberi in fiore, piselli e fave italiane gia’ sui banchi del mercato. Sono alcuni dei fenomeni resi noti dalla Coldiretti nel corso dell’incontro “Il clima cambia la primavera“. Anticipi delle fioriture, allungamento delle stagioni vegetative, variazione della distribuzione delle specie. Sono i primi effetti osservabili sul nostro patrimonio di biodiversità come risposta alle anomalie climatiche degli ultimi anni.

La crescente attenzione che si registra per le tematiche ambientali è giustificata senza dubbio dalle previsioni drammatiche degli esperti sugli effetti dei cambiamenti climatici, un aumento che potrà causare un forte aumento degli impatti con riduzione della produttività agricola e delle risorse idriche in vaste aree, spostamenti geografici di specie, perdite totali di biodiversità e rischio di estinzione per circa 20-30 per cento delle specie vegetali e animali

prosegue Coldiretti. Sono 9 le specie vegetali messe sotto la lente della “Mappa della primavera”, (il progetto realizzato da Federparchi, Legambiente e Coldiretti con la collaborazione scientifica dell’Università degli studi di Roma “la Sapienza”, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ): albero di Giuda, corniolo sanguinello, erica, mirto, ginestra, sorbo, sambuco, ulivo e castagno.

Quasi 1000 balene salvate ogni anno da Greenpeace, ma il Giappone non demorde

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Molte specie di balene sono in via d’estinzione, ma questo sembra importare poco al governo giapponese. Infatti il mercato della carne dei grandi cetacei è il fulcro dell’economia del sol levante, che non si cura del rischio di rimanere senza prede tra qualche decina di anni, ma continua a cacciare quelle che ci sono adesso, indistintamente.

La cosa più grave è che, secondo un sondaggio effettuato dal Nippon Research Center Ltd (membro della Gallup International Association), risulta che l’87% dei giapponesi non sa che la caccia alle balene viene finanziata con i propri soldi.
L’istituto di ricerca ha effettuato questo sondaggio su un campione di 1501 persone che vanno dai 15 ai 60 anni. Da qui è emerso che sono il 25% quelli che si oppongono alla caccia, mentre il 31% la sostiene, ma solo nelle proprie acque.

Le conseguenze della deforestazione nell’isola di Sumatra

Secondo uno studio realizzato dal WWF in una delle province di Sumatra, esiste uno stretto rapporto tra il fenomeno della deforestazione, i cambiamenti climatici e l’estinzione di specie rare come la tigre di Sumatra.
Più di 4 milioni di ettari di foresta tropicale sono stati distrutti negli ultimi 25 anni, e i dati si riferiscono alla sola provincia di Riau!
Il nostro Paese è, purtroppo, uno tra i principali importatori di legname.

Il disboscamento provoca un’alta immissione di CO2 nell’atmosfera, con gravi conseguenze per il clima dovute all’effetto serra.
La distruzione delle foreste comporta la scomparsa degli habitat di alcuni animali, seriamente a rischio estinzione.
Riau ha perso il 65% del totale delle sue foreste e di conseguenza l’84% degli elefanti e il 70% delle tigri.
Attualmente a Riau ci sono soltanto 210 esemplari di elefanti e 192 tigri.