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L’inquinamento ha un prezzo, proposte le tariffe sul carbonio in USA

inquinamento prezzo carbonio usaQuesta volta una delle promesse fatte in campagna elettorale sull’ambiente è stata mantenuta. L’amministrazione Obama ha avviato l’iter per realizzare una sorta di “prezziario” per quanto riguarda le emissioni di carbonio prodotte negli Stati Uniti. Lo ha rivelato con un tweet il senatore Henry A. Waxman, uno dei proponenti, prima ancora che la legge diventasse pubblica. Si tratta di una svolta storica per l’ambientalismo in quanto, una volta per tutte, si stabilisce che chi inquina paga.

Carbone, le compagnie minerarie australiane vogliono abbandonarlo

Finché sono gli ambientalisti a chiedere di abbandonare il carbone, siamo ancora all’interno del “gioco delle parti”; ma quando ad annunciarlo è la più grande azienda carbonifera al mondo, la situazione cambia radicalmente.

L’amministratore delegato della più grande compagnia mineraria del pianeta, l’australiana BHP, ha recentemente dichiarato che la nazione deve allontanarsi dal carbone al fine di rimanere competitiva in futuro. Anche se i propositi sono strettamente economici, l’aspetto positivo per l’ambiente non va sottovalutato.

Incendi in Russia, un danno da 238 miliardi di euro

Quello che è accaduto quest’estate in Russia è senza dubbio uno dei peggiori disastri ambientali a livello mondiale della storia. Ancora la stima dei danni precisa è impossibile da fare, e probabilmente non lo sarà mai a causa delle troppe variabili da conteggiare, ma stando ai calcoli degli ultimi giorni, quando pare che il peggio sia passato, il danno quantificabile in termini economici dovrebbe aggirarsi intorno ai 300 miliardi di dollari, o 238 miliardi di euro.

A stabilirlo sono stati un gruppo di ecologisti russi, i quali si oppongono ai dati forniti dal Governo russo. Anche secondo organizzazioni internazionali come WWF e Greenpeace Russia, le stime del Governo vanno al ribasso di almeno 5-10 volte, e così hanno tentato di stimare i danni con i loro mezzi.

Le 5 abitudini umane che mettono in pericolo gli oceani

Non importa dove viviamo, anche se siamo nel mezzo del deserto del Mojave o in un’enorme prateria, il nostro collegamento con l’oceano è sorprendentemente diretto. I sistemi marini del pianeta sono strettamente collegati con le nostre attività quotidiane, anche quando tali attività possono sembrare banali o distanti. Non ci credete? Ecco cinque modi in cui le nostre piccole scelte diventano grossi problemi per la salute degli oceani.

1) Le emissioni di carbonio e l’acidificazione degli oceani. Ogni volta che accendiamo le luci, apriamo il rubinetto dell’acqua, carichiamo un telefono cellulare, saliamo su un aereo o in qualsiasi altro modo creiamo emissioni di anidride carbonica, stiamo direttamente provocando l’acidificazione degli oceani e le perturbazioni dannose sulla vita marina che ne risultano. L’oceano è in grado di assorbire circa i due terzi delle emissioni di carbonio nell’atmosfera, e più CO2 assorbe, più acido diventa. Questo pH alterato provoca conseguenze sui gusci dei crostacei, lo sbiancamento dei coralli e la sovrabbondanza delle meduse. Decisioni come evitare un volo inutile con l’aereo, mangiare meno carne, e l’acquisto di energia pulita possono ridurre drasticamente la propria impronta di carbonio, e contribuire ad alleviare una delle più grandi minacce che incombono sui nostri oceani.

Emissioni CO2, KO grazie alle videoconferenze

video conferenza emissioni CO2Un nuovo rapporto diffuso dal Carbon Disclosure Project (CDP) e sponsorizzato da AT & T ha rivelato che la videoconferenza può significare un risparmio enorme per le imprese, sia in denaro che in impronta di carbonio. Secondo il rapporto, sostituire i viaggi tra Stati Uniti e Gran Bretagna con una “telepresenza” può significare

tagliare le emissioni di CO2 di circa 5,5 milioni di tonnellate in totale … e ottenere dei benefici per l’economia finanziaria di quasi 19 miliardi dollari, entro il 2020.

Poiché le imprese sono costrette a tagliare drasticamente i costi per sopravvivere alla recente crisi economica e prepararsi per una regolamentazione più severa delle emissioni di gas serra, possiamo così notare come l’uso delle telecomunicazioni al posto del classico “faccia a faccia” sia la soluzione migliore per tutti.

L’esposizione ai gas del diesel fa male ai bambini sin dalla gravidanza

camion diesel

Ridurre le emissioni di carbonio è estremamente importante, ma non deve far dimenticare altri importanti obiettivi come, primo fra tutti, il miglioramento della qualità dell’aria. Un nuovo studio intitolato “L’esposizione in utero ad una bassa concentrazione di gas di scarico diesel interessa l’attività locomotoria spontanea ed il sistema monoaminergico nei topi maschi” pubblicato in Particle and Fibre Toxicology ha studiato l’impatto dell’inquinamento diesel sulla salute sui topi. I ricercatori hanno osservato alcuni effetti preoccupanti (insieme a quelli che già conoscevamo, come i problemi respiratori e cardiovascolari).

Dallo studio si legge che:

E’ stato riportato che l’esposizione neonatale e tra gli adulti ai danni dello scarico diesel, induce alterazioni comportamentali nel sistema nervoso centrale. Recentemente, ci siamo concentrati sugli effetti dell’esposizione prenatale ai gas di scarico diesel sul sistema nervoso centrale. In questo studio, abbiamo esaminato gli effetti dell’esposizione prenatale alla bassa concentrazione dello scarico dei motori diesel sul comportamento e il sistema monoaminergico neuronale.

Hanno dunque esaminato casualmente dei maschi neonati le cui madri erano state esposte ad uno scarico di motori diesel o aria filtrata durante la gravidanza, e fatto osservazioni a intervalli di 10 minuti per la durata di 3 giorni.

Inquinamento aereo: un nuovo disegno abbatterà le emissioni

progettazione aereo

Non c’è nulla di più inquinante di un aereo. Eppure le emissioni di carbonio dovute a questi mezzi potrebbe essere ridotta grazie ad una nuova collaborazione tra gli ingegneri delle Università di Bath e Bristol e l’industria aerospaziale. Il progetto da 1,4 milioni di sterline studierà nuovi modi per utilizzare i materiali compositi per i pannelli alari negli aerei, i quali saranno in grado di abbattere i consumi del carburante, e di conseguenza anche le emissioni nell’aria.

La ricerca, finanziata dall’Engineering & Physical Sciences Research Council (EPSRC) e dai costruttori di aeromobili Airbus e GKN, prevede possa utilizzare le fibre di carbonio che sono curve in piastre piane per produrre una tolleranza al danno nelle strutture senza fibbie.

Emissioni pro capite, ecco quanto inquinano le singole nazioni del mondo

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Guardando le emissioni di carbonio di un Paese non si riesce raccontare la storia completa di quanto esso contribuisce al riscaldamento globale. La Cina, per esempio, leader mondiale delle emissioni totali (6.018 milioni di tonnellate di anidride carbonica) ha superato gli Stati Uniti (5.903) nel 2007. Ma tutto ciò che i freddi dati in realtà dicono è che la Cina è un Paese in rapido sviluppo, con un sacco di gente.

Una misura più utile per capire l’effettivo apporto di ogni Paese è il dato sulle emissioni di anidride carbonica pro capite. Ai sensi di tale misura, l’americano medio è responsabile per 19,8 tonnellate a persona, i cinesi solo 4,6, addirittura meno degli italiani, che ne emettono 8,05.

L’esame della CO2 pro capite in tutto il mondo ci mostra anche il divario tra la responsabilità del mondo sviluppato per i cambiamenti climatici e quella dei Paesi in via di sviluppo. Mentre l’Australia emette addirittura 20,6 tonnellate a persona (in parte a causa della sua dipendenza dal carbone) e il Regno Unito solo 9,7 (in parte spiegato dalle centrali a gas), l’India, indicata come una delle nazioni più inquinanti, produce soltanto 1,2 tonnellate a testa. E sapete qual è il Paese più inquinante? Che ci crediate o meno, sono le Isole Vergini, che producono 118,3 tonnellate di CO2 a persona, 5 volte quelle degli Stati Uniti.

Quanta CO2 emette quest’articolo?

usare il pc

Venti milligrammi sono solo l’importo medio delle emissioni di carbonio generate dal tempo impiegato a leggere le prime due parole di questo articolo. Ora, a seconda di quanto velocemente si legge, circa 80, forse anche 100 mg di C02 sono stati rilasciati. E i pochi minuti che ci vorranno per arrivare alla fine di questo post faranno emettere circa un grammo di gas a effetto serra, se non di più.

Questo può non sembrare molto:

Ma nel complesso, se si considerano tutte le persone che visitano un sito web e poi tutti i secondi che ciascuno di essi spendono su di esso, si rivela essere un gran numero

dice il Dott. Alexander Wissner-Gross, professore presso la Harvard University che studia l’impatto ambientale dei computer. Wissner-Gross stima che ogni secondo in cui qualcuno naviga in un sito Web semplice, genera circa 20 milligrammi di C02. Se si scarica una canzone, si invia una email o si guarda un video in streaming, si ha un impatto variabile sull’ambiente.

Secondo alcuni ricercatori, c’è la necessità di creare un ecosistema verde, dove internet non è solo indispensabile ma anche urgente.

Fa parte del quadro complessivo di sostenibilità. Gli scienziati ci dicono che abbiamo 10 anni per compiere un’azione seria per evitare gli effetti più catastrofici dei cambiamenti climatici. Avviare un qualche tipo di iniziativa è assolutamente vitale.

spiega Chris Large, capo del settore ricerca e sviluppo del UK-based Climate Action Group. Una serie di studi hanno messo in evidenza la crescente domanda di energia dei computer. Un rapporto del 2007, dalla società di ricerca Gartner, ad esempio, stima che la produzione, uso e smaltimento di tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni genera circa il 2% dei gas a effetto serra del mondo, analogo a quello prodotto da tutta l’industria dell’aviazione.

La Cina fissa al 2050 il limite per il taglio delle emissioni

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Finalmente anche la Cina ha deciso di aderire seriamente al taglio delle emissioni, e non soltanto a parole come ha fatto fino a questo momento. Il problema è che inizierà le operazioni per diminuire le proprie emissioni di carbonio entro il 2050. A stabilirlo è stato il maggiore consigliere sul cambiamento climatico cinese, Su Wei, uno dei politici più influenti, intervistato sabato scorso dal Financial Times. E’ una data molto remota, ma almeno si tratta della prima volta che la nazione ha fisstato un periodo di tempo.

In Cina le emissioni non continueranno ad aumentare dopo il 2050

ha detto Wei, direttore generale dell’Istituto nazionale per lo sviluppo e la riforma del dipartimento della Commissione sui cambiamenti climatici. La Cina attualmente è in concorrenza con gli Stati Uniti per il posto in cima alla classifica mondiale sulle nazioni che sono le maggiori produttrici di emissioni di gas a effetto serra, e per questo la sua posizione al riguardo sarà al centro dell’attenzione ancor prima dell’inizio dei negoziati sul clima che si terranno a dicembre a Copenaghen (Danimarca).

Ecco cosa accade se non preserviamo le foreste dalla riconversione a colture per biocarburanti

foresta-pluviale

Tutte le più recenti scoperte sulle emissioni prodotte dai cambiamenti nell’uso del territorio devono essere prese in considerazione per determinare se i biocarburanti siano veramente utili come emissioni di carbonio e come fonti di combustibile. Una nuova ricerca svolta presso il Global Change Research Institute mostra che l’inserimento delle emissioni di carbonio dovute alla deforestazione abbassa l’effetto della mitigazione dei cambiamenti climatici. In breve se non cominciamo a gestire le nostre foreste, tutto potrebbero sparire entro il 2100 per fare posto alle colture di biocarburante.

I ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo aver utilizzato un computer che progetta un modello economico che prende in considerazione l’energia, l’agricoltura, i cambiamenti nell’uso del suolo, le emissioni e le concentrazioni di gas ad effetto serra per capire meglio come le decisioni umane e i processi naturali interagiscano tra loro nel controllo del clima.

Emissioni: sotto accusa le grandi navi da carico

Le grandi navi da carico che solcano mari e oceani stipate di merci inquinano il doppio di quanto si era stimato precedentemente.
Sono gli allarmanti risultati di un recente studio condotto dagli scienziati del NOOA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e dai ricercatori della University of Colorado e pubblicato dalla rivista Geophysical Research Letters.

Tra tutte le emissioni inquinanti, quella delle navi commerciali è stata finora la meno studiata.
In realtà, le enormi imbarcazioni adibite al trasporto delle merci da una parte all’altra del mondo, inquinano eccome.