Ecocidio

Ecocidio

Con il termine ecocidio ci si riferisce alla distruzione di uno o più ecosistemi, danneggiati parzialmente o completamente privandoli delle loro caratteristiche naturali, con gravi ripercussioni sull’habitat della flora e della fauna del luogo e conseguenze sulle popolazioni indigene, sull’economia locale basata sullo sfruttamento delle risorse naturali come pesca, agricoltura e caccia. Esattamente, nella definizione fornita da Polly Higgins, avvocato ambientalista da anni impegnato sul fronte internazionale per ottenere il riconoscimento dei disastri ecologici come reato contro la pace da parte dell’ONU, l’ecocidio è

La distruzione, il danneggiamento e la perdita di ecosistema piuttosto estesa di un determinato territorio, provocata da agenti umani o da altre cause, al punto che il godimento pacifico del territorio da parte degli abitanti viene fortemente compromesso.

Ecocidio, una legge contro la distruzione degli ecosistemi per salvare il Delta del Niger da altri disastri

Il Delta del Niger è invivibile a causa, tra gli altri, della Shell, che ha di recente e finalmente ammesso la sua fetta di responsabilità nello sversamento di petrolio costante e massiccio avvenuto ad Ogoniland e Bodo, in Nigeria. Le stime dell’UNEP parlano di ingenti danni agli ecosistemi ed alle popolazioni locali, alla pesca, all’agricoltura, alla salute pubblica, un disastro dalla portata immensa e dagli impatti a lungo termine che potrà essere tamponato in non meno di trent’anni. Ma questa stima vale solo per due degli sversamenti avvenuti, quelli appunto di cui si è assunta la colpa la compagnia petrolifera Royal Dutch Shell.  In realtà nell’area, in cui operano numerose compagnie tra cui aziende nigeriane, Eni, Chevron, Total ed ExxonMobil,  dal 1976 al 2001, secondo quanto conferma un rapporto dell’UNEP, le perdite di greggio si attestano a ben 6.800 incidenti accertati.

Cambiamenti climatici e attività umane fanno ritirare le coste dell’Artico

Le coste dell’Artico si ritirano sempre più, ad un ritmo di circa mezzo metro ogni anno. Le cause dell’erosione sono da rintracciare nei cambiamenti climatici e nelle attività umane, sempre più frequenti. Questi in sintesi i risultati della ricerca condotta da trenta scienziati provenienti da dieci Paesi che hanno monitorato oltre 100.000 km di coste del Circolo polare artico, e pubblicato online il rapporto “Stato delle coste artiche 2010” sulla rivista Estuaries and Coasts.

I ricercatori, aderenti all’Associazione Helmholtz e all’International Artic Science Committee, sono preoccupati per il rapido tasso di erosione delle coste che in alcuni punti ha toccato anche i trenta metri nell’arco di un anno. Tra le aree più colpite vi sono il Mare di Beaufort, il Mare di Laptev e il Mare della Siberia Orientale.

Ecosistema

Ecosistema

Il termine ecosistema (sistema ambiente), è stato proposto per la prima volta dall’ecologo inglese George Tansley nel 1935, ma il concetto di ecosistema come idea di un insieme sinergico di organismi ed ambiente risale a tempi molto antichi, anche se è entrato nel gergo scientifico ufficiale solo nel XX secolo.

Un ecosistema è costituito dall’insieme di tutti gli esseri viventi  che si trovano in un determinato ambiente fisico-chimico, e dalle relazioni reciproche che intercorrono sia tra di essi che tra essi e l’ambiente circostante, e che mantengono un equilibrio e una omeostasi nel tempo attraverso il continuo scambio di materia e di energia.

Restauro ecologico per combattere il degrado ambientale

Si chiama restauro ecologico la riqualificazione di un ecosistema degradato, o distrutto, attraverso l’intervento dell’uomo. Per verificare l’efficacia del metodo e il costo degli interventi, un team di scienziati finanziati dall’Unione europea ha studiato a fondo il restauro ecologico e ha raccolto tutte le conclusioni in un dossier pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences.

I risultati pubblicati sulla rivista scientifica sono frutto della collaborazione degli scienziati ecologisti provenienti dal Regno Unito e dall’America Latina che hanno preso parte al progetto REFORLAN (Restoration of forest landscapes for biodiversity conservation and rural development in the drylands of Latin America) stanziato per oltre 1,7 milioni di euro dall’Unione europea.
Nel mondo sono molti gli Stati che cercano di riqualificare luoghi degradati o habitat molto danneggiati dall’attività umana. Si tratta soprattutto delle zone aride e semi-aride colpite dalla desertificazione, che occupano il 50% della superficie dei Paesi in via di sviluppo.

Cos’è l’ Ecologia

Ecologia

Il termine ecologia fu coniato nel 1869 dal biologo tedesco Ernst Haeckel. La parola ha origine greca, da οίκος, oikos, “casa” o anche “ambiente”; e λόγος, logos, “discorso” o “studio” e indica la disciplina di studio della biosfera, l’insieme delle zone del pianeta Terra in cui le condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita, dei biomi, delle popolazioni e delle comunità. Nella sua accezione originaria, è

l’insieme di conoscenze che riguardano l’economia della natura – l’indagine del complesso delle relazioni di un animale con il suo contesto sia inorganico sia organico; comprende soprattutto le sue relazioni positive e negative con gli animali e le piante con cui viene direttamente o indirettamente a contatto – in una parola, l’ecologia è lo studio di tutte quelle complesse relazioni alle quali Darwinfece riferimento come alle condizioni della lotta per l’esistenza.

Per Haeckel, dunque, l’ecologia è lo studio delle relazioni degli esseri viventi con l’ambiente biologico circostante, con l’analisi di come ogni elemento di un ecosistema influisca sulle altre componenti, in una complessa trama di relazioni che può essere compresa solo grazie a conoscenze multidisciplinari. Per questo motivo l’ecologia è definita come scienza di sintesi perché richiede conoscenze da diverse altre scienze, dalla botanica alla zoologia, dalla fisiologia alla genetica, dalla fisica alla chimica alla geologia.

Rane a rischio estinzione, fondamentali per valutare l’ecosistema

I ricercatori di tutto il Pianeta lanciano un allarme estinzione per un terzo delle specie anfibie, e dalla Gran Bretagna parte un progetto per salvare rane e rospi, animali indispensabili per monitoriare la salute dell’ecosistema.

Il progetto che coinvolgerà 14 Paesi è stato presentato a Londra dal ricercatore  Robin Moore e avrà i finanziamenti della Conservation International (CI), della Amphibian Specialist Groups (ASG) e dell’International Union for the Conservation of Nature (IUCN). Lo studioso ricorda di quando

Un paio di anni fa ero in Ecuador con un gruppo di scienziati del posto alla ricerca di una specie che sembrava scomparsa da dodici anni. Non nutrivamo molte speranze di successo, ma quando tutto sembrava perduto ne abbiamo trovato un esemplare e ci siamo attivati per proteggere il suo ambiente. Dalla nostra missione ci aspettiamo molte storie di questo tipo.

Gli incendi boschivi fanno bene all’ecosistema

incendi aiuto ecosistemaCon il clima che cambia c’è una buona probabilità che gli incendi boschivi nell’area a nord-ovest del Pacifico diventino più estesi e più frequenti e, in base al parere di un esperto intervenuto ad una conferenza sull’argomento, questo avrebbe dei risvolti tutt’altro che negativi per l’ambiente. Una tesi che certamente farà discutere, dal momento  che non si parla d’altro che di preservare le foreste per salvare la terra (l’uomo, in verità) dai disastri ambientali.

Lo studioso che ha spezzato una lancia a favore degli incendi boschivi è John Bailey, professore associato presso il dipartimento di Ingegneria Forestale della Oregon State University. Bailey spiega che

il futuro del fuoco in questa regione è difficile da prevedere, sarà sempre variabile, ma senza dubbio sarà un elemento dominante degli scenari futuri. La gente dovrebbe capire, comunque, che il fuoco non solo è inevitabile, ma è anche una parte importante degli ecosistemi forestali.

Le farfalle monarca rischiano di perdere il loro paradiso invernale

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Ogni anno milioni di farfalle monarca (Danaus plexippus) migrano dal Nord America fino al Messico, compiendo un viaggio di 72 giorni e di circa 5 mila chilometri. Sorvolando tutti gli Stati Uniti, giungono nelle foreste di abeti dello stato di Michoacan, per trascorrervi l’inverno e poi ripartire a primavera. Ma da diversi anni, l’intensa deforestazione che interessa l’area sta mettendo in pericolo l’unica zona in cui sverna la monarca.

Numerosi boscaioli sfruttano, infatti, anche illegalmente, le foreste al confine tra lo Stato del Michoacan e quello del Messico, alterando sensibilmente l’habitat delle farfalle. Secondo alcuni ricercatori dell’Università del Kansas, la migrazione invernale dei lepidotteri potrebbe scomparire in breve tempo. La distruzione delle foreste, infatti, provoca gravi danni all’ambiente e agli ecosistemi, riducendo anche la diversità biologica.

Giornata oasi 2008: per un 25 maggio all’insegna della biodiversità

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Se non avete ancora preso impegni per il prossimo 25 maggio, WWF Italia propone una domenica alla scoperta della natura, in una delle tante oasi protette presenti nelle regioni italiane.

L’obiettivo dell’iniziativa è di far conoscere il mondo delle biodiversità, i tanti meravigliosi luoghi protetti ed incontaminati che ancora esistono nel nostro Paese.
L’intento del WWF si spinge però oltre: la maggiore sfida di questa giornata è data dalla volontà di risvegliare le coscienze all’amore per la Natura, evidenziando il contrasto tra il come dovrebbe essere, e la contaminazione attuale.

Fuori dal tunnel del gas serra: un’autostrada per gli animali in Gran Bretagna

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Proteggere la biodiversità è oggi uno tra gli obiettivi primari di scienziati ed ambientalisti.
C’è chi pensa alla clonazione degli animali per salvare le specie a rischio, chi agli ecotipi alimentari per tutelare l’ambiente originario delle piante agricole, e c’è chi si domanda come faranno flora e fauna accaldate a scappare dalle temperature roventi.

Quando gli effetti dei cambiamenti climatici ed il surriscaldamento terrestre renderanno inospitale e inabitabile l’ecosistema di piante e animali, quale superoe bipede salverà gli abitanti della Terra meno evoluti?
Senza condizionatore e bibite refrigeranti, la vita è dura per i nostri amici animali.
Ecco perché nella Severn Vale, nel Gloucestershire in Gran Bretagna, è in progettazione una vera e propria via di fuga per gli animali.

Gli 8 principi della bioarchitettura

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Finora abbiamo trattato di convegni, mostre e fiere della bioarchitettura. Abbiamo illustrato come anche la Chiesa ci tenga alle costruzioni ecologiche, e alle grandi opere di architetti famosi in tutto il mondo che si dedicano alle abitazioni “verdi”. Oggi scopriamo che non ci vuole una laurea in ingegneria per rendere la propria casa ecologica, e che ognuno può costruirsi da solo la propria bioarchitettura.

Ecco a voi i principi per una bioedilizia fai-da-te.
Primo principio: salvare l’ecosistema. Costruendo una casa che si basa sul risparmio energetico, con acqua calda tutto l’anno senza caldaie né termosifoni, grazie ad un involucro altamente coibentato, vetri a sud e un sistema di ventilazione controllato che permetta una minore dispersione di calore e un azzeramento dell’utilizzo di caldaie, termosifoni e impianti di aria condizionata. Il costo iniziale può essere fino a un quarto in più di quello delle normali case, ma questo poi verrà ammortizzato col tempo, grazie al risparmio appunto sul riscaldamento (che ogni anno diventa sempre più caro).

Squali verso l’Antartide: colpa del riscaldamento globale

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Nuovi studi dei biologi marini hanno determinato che il riscaldamento globale potrebbe spingere gli squali a spostarsi presto verso l’Antartide. I biologi riuniti per la conferenza annuale dell’Associazione americana per l’avanzamento della scienza (AAAS), hanno avvertito che il ritorno dei predatori nell’Antartide potrebbe rivelarsi devastante per l’ecosistema sottomarino.
Le acque circostanti l’Antartico sono troppo fredde per gli squali -ha spiegato Cheryl Wilga, professore di biologia all’Università di Road Island -ma il riscaldamento globale potrebbe renderle ospitali per gli squali nei prossimi cento anni.
Le conseguenze sarebbero devastanti poichè il mare antartico, dopo la scomparsa dei temibili predatori, ha sviluppato un ecosistema dominato da molluschi, invertebrati ed un ambiente che è unico al mondo. Questo equilibrio potrebbe essere minato dal ritorno degli squali, con conseguenze deleterie.

Le acque antartiche dovrebbero rimanere al di sopra dello zero per far diventare abitabile l’ambiente per alcune specie di squali, e alla velocità con cui sta aumentando la temperatura, potrebbe accadere già in questo secolo– ha continuato il professor Wilga.
Una volta arrivati nell’Antartico, niente sarebbe più come prima e l’intero ambiente marino ne sarebbe completamente devastato e sconvolto.