Il maggior nemico dei biocarburanti negli ultimi non è stata nè la diffidenza, nè l’arretratezza di certe strutture. Ma semplicemente il principio che il cibo viene prima dell’energia. Molte critiche infatti sono state mosse ai produttori di biocarburanti, soprattutto in Brasile, che preferivano utilizzare ad esempio l’olio di colza, e non solo, il quale andava a diminuire il cibo per le popolazioni che abitavano vicino le piantagioni, e che, per fare spazio a questi enormi campi, portavano al disboscamento di centinaia di ettari di foreste, con tutte le conseguenze che conosciamo.
La soluzione, come spesso accade, era sotto gli occhi di tutti, ma finora nessuno (forse volontariamente) se ne era accorto: bastava affidarsi agli scarti. Se in linea teorica i biocarburanti erano l’alternativa migliore al petrolio (non inquinavano, erano prodotti naturali e riproducibili), in pratica erano molto dispendiosi. E allora la tecnologia ci ha permesso di produrli anche dagli scarti della lavorazione di cereali e legno, utilizzandone le parti non commestibili.