G8 ambiente: si comincia dal rinnovabile

La notizia sensazionale che trapela dai primi incontri del g8 sull’ambiente di Siracusa è che il nostro Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha finalmente cominciato a parlare di energie rinnovabili. La ministra che non ha fatto una grinza in Parlamento quando si è parlato di nucleare, quando si è fatto uno scempio nella gestione dei rifiuti, e quando sono stati tagliati i fondi per l’edilizia ecologica; ma davanti agli altri ministri dell’ambiente del mondo ha incentrato il suo discorso sulla necessità di puntare sul rinnovabile.

In particolare sull’eolico, ma anche sul sole. La discussione sulla veridicità dei dati sul riscaldamento globale e sull’impatto ambientale dell’uomo per fortuna non è stata nemmeno aperta, dato che finalmente nessuno più mette in dubbio i dati sul clima. Nobuo Tanaka, responsabile dell’agenzia internazionale dell’energia, ha aperto il congresso con dei dati a dir poco tragici: se continuiamo così, senza prendere provvedimenti ambientali, entro il 2030 le emissioni di CO2 aumenteranno del 45%, con un aumento della temperatura globale di 6 gradi.

Earth Day, 10 punti su cui riflettere

Oggi si inaugura l’Earth Day, così vogliamo dare un’occhiata allo stato di salute della Terra e dei suoi abitanti. Un checkup planetario per vedere come vanno le cose e analizzare alcune aree di miglioramento. Dai poli alle profondità del mare, cerchiamo di capire il nostro impatto sul pianeta e su noi stessi.

  1. Fusione dell’Artico. Dopo il dramma delle ultime estati artiche che hanno assottigliato i ghiacciai, alcuni scienziati sono sempre più preoccupati per la futura sopravvivenza del ghiaccio del mare Artico. Uno studio recente ha stimato che quelle acque potrebbero non avere più ghiacci nei prossimi 30 anni, molto prima rispetto alle precedenti stime che indicavano in un secolo la scadenza;
  2. Crollo dell’Antartico. L’Antartide ha visto il suo ghiaccio fondersi come accaduto per il ponte di ghiaccio del Wilkins Ice Shelf. Questa è una delle nove piattaforme di ghiaccio antartico che si sono perse negli ultimi decenni, una risposta ai “negazionisti” del riscaldamento globale;

Scimpanzé africani rischiano l’estinzione

La popolazione degli scimpanzè dell’Africa occidentale è considerata ormai da tempo una specie in pericolo, che rischia l’estinzione. La percentuale di incremento nella decimazione di questi esemplari della Costa d’Avorio è davvero allarmante.
Secondo un recente studio effettuato dai ricercatori del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology sembrerebbe, infatti, che gli scimpanzé siano diminuiti, in quest’area del continente nero, di circa il 90% negli ultimi vent’anni.

Questo significa che la popolazione è stata quasi totalmente annientata, passando dai 12.000 esemplari di un tempo ai 1.200 censiti attualmente.
I fattori principali di questo declino sono stati individuati dai ricercatori nell’aumento del fenomeno della deforestazione e nel bracconaggio.

Una petizione contro la deforestazione nella penisola di Sumatra

Delle conseguenze della deforestazione nella Penisola di Sumatra, che mette a rischio l’habitat di molti animali, tra cui le tigri, avevano già parlato tempo fa. Ma finalmente il governo indonesiano ha deciso di fare qualcosa di concreto per mettere un freno al disastro, arginando le perdite.

Ogni anno, infatti, si perdono milioni di dollari di capitale naturale proprio a causa del taglio delle risorse boschive.
Qualcosa, come dicevamo, sembra smuoversi: ieri i politici indonesiani, nel corso dell’IUCN World Conservation Congress a Barcellona,  hanno firmato un piano  che mira a proteggere le foreste rimanenti, salvando gli ecosistemi in pericolo sull’isola di Sumatra.

C’era una volta l’Africa, ora c’è l’uomo…

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L’Africa, continente dalle bellezze incomparabili ed ineguagliabili, rischia di perdere le sue caratteristiche uniche al mondo, a causa delle profonde devastazioni in atto e dei bruschi cambiamenti climatici.
Questo è l’allarme lanciato dall’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, in un atlante che documenta le trasformazioni subite dal continente nero nel corso degli ultimi anni.

L’azione distruttrice dell’uomo è testimoniata da centinaia di foto ed immagini satellitari, che mettono a confronto il prima ed il dopo, prendendo in esame le mutazioni fisiche degli ultimi 30 anni.
L’evidenza tra ciò che c’era e ciò che resta è sconcertante: laghi scomparsi nel nulla, foreste rase al suolo, costruzioni o meglio devastazioni umane con pretese di creare civiltà che hanno deturpato il paesaggio, feriscono la vista di chi l’Africa la immaginava incontaminata, in quelle foto di tramonti stupendi con leoni ed elefanti rivolti verso orizzonti dorati.

Consumatori, quotiamo i prodotti verdi: con Greener One è possibile

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Greener One è una nuova idea, lanciata a gennaio ed ancora in fase beta, ma, nella sua semplicità è geniale. Siamo dei consumatori attenti e sulla scia del crescere della sensibilità ambientale vogliamo essere responsabili, almeno negli acquisti e nei consumi.

Come scegliere tra la busta della spesa di plastica che non contribuisce alla deforestazione o la busta della spesa di carta che è biodegradabile? Greener One ci aiuta ad orientarci nella scelta dei prodotti che usiamo quotidianamente, con un indice che indica quanto è verde un prodotto.

Allarme WWF: tra 50 anni non ci sarà più biodiversità

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I numeri cominciano a farsi preoccupanti: negli ultimi 35 anni abbiamo perso già un terzo della biodiversità su tutto il pianeta. I dati provengono da una ricerca fatta dal WWF, che da anni sta tentando in tutti i modi di preservare zone e parchi naturali proprio per proteggere le specie di animali e piante in via d’estinzione.

Le cause principali sono tre: prima di tutto, la distruzione degli ambienti. Molte specie animali, che per millenni hanno vissuto tranquillamente nelle loro oasi, adesso se le vedono sottratte a causa dell’invasione umana che gli sta letteralmente togliendo il terreno da sotto i piedi.
La seconda causa è il cambiamento climatico, dovuto ovviamente all’inquinamento, che sta facendo estinguere numerose specie di piante e pesci; e infine il commercio della carne e delle pelli, che miete vittime soprattutto tra le balene e le foche.

Come ti friggo il clima: disastri ambientali all’olio di palma

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“Come ti friggo il clima” è un rapporto di Greenpeace, dello scorso anno, in cui si denuncia l’abbattimento delle foreste, in special modo in Indonesia, per far posto alle piantagioni di palma.
L’olio del frutto della palma viene ampiamente impiegato nell’industria cosmetica, alimentare e nella produzione di biocarburanti.

Il disboscamento a favore delle coltivazioni di palme è responsabile di ben il 4% delle emissioni totali di gas serra.

Deforestazione zero: il nuovo monito di Greenpeace

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Se dico effetto serra cosa vi viene in mente? Probabilmente in molti, se non tutti, penseranno subito ai gas di scarico delle auto. A qualcuno può venire in mente il camino di un’industria.
Ma in pochi sanno che la maggior parte di responsabilità dell’effetto serra ce l’ha la deforestazione.

E’ un effetto al contrario, cioè le piante stanno lì, tra le varie funzioni, anche per diminuire i gas serra perchè esse sono capaci di assorbirli, metabolizzarli, e trasformarli in ossigeno. Ogni albero che viene abbattuto contribuisce a tonnellate di CO2 non assorbito, e quindi all’accumularsi di questi gas nell’atmosfera, fino ad arrivare all’effetto serra. L’effetto viene ancora ingigantito quando, abbattendo gli alberi, si libera il carbonio che loro trattengono nel suolo, sprigionando ulteriori gas tossici.

Una politica economica contro la deforestazione: il disegno di legge Lieberman-Warner

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Nei Paesi poveri e sottosviluppati si fa del denaro, abbattendo le foreste. Questi Paesi potrebbero essere pagati per non tagliare i loro alberi? Sembrerebbe di si, a quanto emerge dalla nuova politica economica americana volta a bloccare i cambiamenti climatici, guadagnandoci. Per la serie agire eco è giusto, ma se ci si guadagna pure è anche meglio, ecco emergere nuove prospettive economiche salva foreste.

E’ risaputo che le piante funzionano come dei veri e propri pozzi di assorbimento del carbonio, che altrimenti si libererebbe tutto nell’atmosfera.
Nel 1997, i firmatari del protocollo di Kyoto, aggiunsero una piccola clausola: gli “inquinanti” avrebbero potuto controbilanciare la produzione di gas serra, piantando nuove foreste. Questo includeva anche la possibilità per alcune grandi corporazioni di compensare le emissioni prodotte in un Paese, piantando alberi in un altro.
E se creare nuove foreste è un beneficio, non lo sarebbe ancora di più preservare quelle esistenti?

Scoperto l’albero più antico del mondo, ha 8000 anni

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Trovato in Svezia l’albero più antico del mondo. E’ un abete rosso e ha la veneranda età di 8.000 anni. Ne ha viste passare tante l’albero scandinavo, compresa l’ultima glaciazione della terra, avvenuta all’incirca mentre lui nasceva.

Scoperto da un gruppo di botanici dell’Università di Umea, in Svezia, questo esemplare unico al mondo è considerato un “miracolato”, dato che è sopravvissuto alla deforestazione selvaggia che avviene costantemente negli ultimi decenni in quelle terre. Sarà perchè la sua posizione è alquanto scomoda da raggiungere (si trova tra le rocce su di una montagna), oppure per pura casualità, fatto sta che l’analisi delle sue radici più vecchie con il carbonio 14 hanno dimostrato che questa conifera sempreverde è sopravvissuta per 8 millenni, e gode di ottima salute.

Il lungo cammino verso Kyoto 2: a Bangkok il Giappone contestato dai Paesi in via di sviluppo

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Il protocollo di Kyoto, sottoscritto l’11 dicembre del 1997 da più di 160 Paesi, ed entrato in vigore nel 16 febbraio del 2005, prevede l’impegno ad una riduzione delle emissioni di gas serra del 5,2% rispetto a quelle registrate nel 1990. Riduzione da compiersi nel periodo 2008-2012.
Ma si parla già di un Kyoto 2 per fissare nuovi parametri ed obiettivi di riduzione dei gas serra dopo il 2012.

Si è concluso venerdì sera a Bangkok l’incontro, sotto l’egida dell’Onu, dei delegati di più di 160 Paesi, giunti ad un ulteriore accordo per arrivare entro il 2009 ad una nuova risoluzione per la riduzione delle emissioni.