Chi segue con attenzione le campagne pubblicitarie del settore alimentare forse se ne sarà accorto. Sono numerosi i prodotti che negli ultimi mesi sottolineano nella loro comunicazione l’assenza dell’olio di palma dalla lista degli ingredienti. In alcuni casi si tratta di prodotti che non ne hanno mai fatto uso mentre in altri casi si tratta di ricette rivisitate per eliminare specificamente l’olio di palma. Poche settimane fa era stata invece l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile a promuovere una campagna informativa a sostegno dell’uso di questo prodotto. Queste operazioni che coinvolgono direttamente i media generalisti sono però solo la punta dell’iceberg di un dibattito culturale, scientifico ed ecologico molto più complesso.
deforestazione
Difendere la foresta amazzonica: Greenpeace si allea con gli indigeni Ka’apor
La deforestazione illegale della foresta amazzonica è un problema che va avanti da anni e sembra non aver mai fine. Per la salvaguardia del territorio si compiono spesso diversi passi
Nutella e olio di palma, le accuse, le scuse e il profondo commento del ministro Galletti
L’attacco del ministro Francese dell’Ecologia alla Nutella e all’olio di palma contenuto nel prodotto di casa Ferrero ha scatenato un forte dibattito. Sono arrivate quesi subito le scuse del ministro Ségolène Royal, poiché la Nutella contiene sì l’olio di palma, ma certificato come sostenibile, quindi in teoria non correlato alla deforestazione causata, in genere, dalle coltivazioni di tale pianta. In tutto questo dibattito il ministro italiano dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha voluto prendere posizione con un commento che, ahinoi, è lontano da quello che molti si aspetterebbero dal titolare del ministero dell’ambiente.
Premio Strega, vince l’ambiente con Feltrinelli e Giunti
Sono cinque i finalisti dell’ambito Premio Strega, che verrà assegnato tra poche ore, ma tra essi quello che vince è l’ambiente che si aggiudica i primi due posti nella classifica portando in trionfo le case editrici Feltrinelli e Giunti, tra le più virtuose secondo Greenpeace nell’impegno per salvare le foreste.
Deforestazione, in Amazzonia raggiunge +26%
La deforestazione in Amazzonia sta crescendo vertiginosamente e solo nel semestre compreso tra il mese di agosto 2012 e il mese di febbraio 2013 ha distrutto 1.695 km di foresta. L’aumento del fenomeno è del +26% rispetto all’anno scorso e le conseguenze rischiano di avere ripercussioni per l’intero Pianeta.
Riscaldamento globale è colpa anche dei nostri antenati
Il nostro stile di vita, si sa, causa gran parte di quel fenomeno che oggi chiamiamo riscaldamento globale. Le emissioni industriali, quelle delle nostre auto ed il riscaldamento domestico sono notoriamente le principali cause dell’innalzamento delle temperature, ma un recente studio ha dimostrato che, dopotutto, non è completamente colpa nostra. Secondo i ricercatori del Max Planck Institute for Meteorology in Germania, la colpa è (almeno in parte) dei nostri antenati.
Aerei a biocarburante, possibile -80% di CO2
Incentivare i biocarburanti per gli aerei potrebbe essere una mossa in grado di ridurre la grande quantità di CO2 collegata ai mezzi di trasporto aerei. Come ha dichiarato Tony Tyler, direttore generale della International Air Transport, con i biocarburanti gli aerei potrebbero produrre l’80% in meno di CO2, ma perché questa pratica si diffonda occorrono interventi politici ed economici specifici. Tuttavia c’è chi sostiene che con i biocarburanti si finirebbe, dall’altra parte, per incentivare la deforestazione.
Emissioni gas serra aumentate del 3,2% nel 2011
Il mondo si dà da fare nel tentativo di tagliare le emissioni, ma a causa di alcuni Paesi super-inquinatori, come la Cina, ogni sforzo risulta vano. E’ quanto se ne deduce dall’ultimo studio della IEA (Agenzia Internazionale per l’Energia) che ha calcolato che nel 2011, nonostante una maggiore attenzione all’ambiente e nonostante la crisi economica, le emissioni di gas serra globali sono aumentate del 3,2%.
Barbie salva-foreste, parola di Mattel
Dopo le accuse mosse da Greenpeace e dalle maggiori associazioni ambientaliste alla Mattel per l’uso di legnami provenienti dalle foreste dell’Indonesia per la confezione della bambola più famosa al mondo; Barbie cambia totalmente look e stile di vita passando al green. Il motivo della sua redenzione? Il rifiuto di Ken che dichiara di mollarla perché
Non esco con ragazze complici della deforestazione.
Tigri a rischio estinzione: l’unico modo per salvarle è smettere di tagliare foreste
L’abbiamo spesso ribadito anche su queste pagine: la prima causa di estinzione per la maggior parte delle specie è la perdita di habitat dovuta alla deforestazione. Anche l’inquinamento, la caccia e la cattura per scopi commerciali fanno la loro parte, ma è il vero e proprio “sfratto” che viene presentato ad ogni specie di animale a metterne a rischio la sopravvivenza. L’esempio più lampante è la tigre, un animale forte, che si adatta facilmente e che mangia praticamente qualsiasi cosa. L’unico problema è che, non avendo più una casa, non può nemmeno riprodursi.
Tigre di Sumatra, chi non muore si rivede… negli spot della APP
Abbiamo seguito con vivo interesse lo scontro tra la APP (Asia Pulp and Paper), il colosso della carta, e Greenpeace, relativa alla pubblicità ingannevole della multinazionale sul suo ruolo di protettrice delle foreste pluviali indonesiane, habitat della tigre di Sumatra. Lo spot del brand con l’orma della tigre aveva fatto infuriare gli ambientalisti e come dargli torto. D’altra parte, negli ultimi anni, sembra che i pubblicitari delle multinazionali che meno si interessano al rispetto dell’ambiente non trovino idee più coerenti di animaletti teneri ed alberelli appena plantumati per promuovere il volto buono di queste aziende.
Benzina verde, “metti (l’estinzione di) una tigre nel motore”
Il diesel è responsabile dei cambiamenti climatici, della deforestazione e dell’estinzione di specie a rischio come la tigre di Sumatra.
La notizia allarmante sembra incoerente con le politiche europee adattate finora e con l’incentivazione a fare il carico di benzina verde, verde perché attenta all’ambiente. Eppure il dossier pubblicato da Greenpeace spiega che nel diesel di verde ce n’è davvero poco: la miscela è ottenuta con l’aggiunta di biocarburante ma non di quelli che aiutano il clima, ma di quelli più nocivi all’ambiente del petrolio stesso: colza, soia e olio di palma.
Biocarburanti “immorali”: chiesta moratoria all’Unione Europea
La Direttiva Energetica per le Energie Rinnovabili dell’Unione europea mira a raggiungere il 10% dei carburanti per il trasporto formato da biocarburanti entro il 2020. Come abbiamo più volte sottolineato, ci sono un sacco di problemi che riguardano il raccolto al fine di produrre biocarburanti, la maggior parte del quale, almeno fino ad oggi, proviene dalle piante che altrimenti potrebbero essere utilizzate come alimento.
Il Nuffield Council on Bioethics ha effettuato un’inchiesta, durata 18 mesi, e in occasione della presentazione dei suoi risultati ha vivamente consigliato di sopprimere immediatamente tali obiettivi perché sono considerati “immorali”. Il Consiglio per la bioetica scrive che la rapida espansione della produzione di biocarburanti, anche per quelli utilizzabili in Europa, verrà protratta nei Paesi in via di sviluppo dove provoca la deforestazione e costringe milioni di popolazioni indigene allo sfratto.
Congresso di Cancun: le conseguenze dell’accordo
Anche se i colloqui sul clima di Cancun sono sembrati in una situazione di stallo che si è protratta per la quasi totalità delle due settimane che è durata la conferenza, nell’ultima notte è stato finalmente raggiunto un nuovo accordo sul cambiamento climatico. Secondo Greenpeace però tale accordo è servito solo a salvare i colloqui delle Nazioni Unite, ma non per salvare il clima.
In base al testo, che non è ancora legalmente vincolante, i tagli drastici alle emissioni di carbonio dovrebbero mantenere l’aumento della temperatura globale sotto i 2° C, e si richiede che eventuali rafforzamenti possano portare tale obiettivo ad 1,5° C. Tuttavia l’importo totale delle riduzioni di emissioni attualmente stabilite sono insufficienti per soddisfare tale obiettivo, con circa il 15% delle riduzioni previste, rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, quando il 40% o più sarebbe necessario. Gli impegni attuali ci porteranno ad un incremento delle temperature di circa 3-4° C, a metà strada di quello che Bill McKibben ha descritto come un futuro “impossibile e miserabile”.