Una carta di credito di carbonio, il primo mercato personale delle emissioni è in Australia

Immaginate una carta di credito davvero singolare, che vi permette di pagare i vostri consumi ed il costo degli spostamenti, spendendo in benzina ed elettricità, o di guadagnare, muovendovi a piedi, in bici o in auto elettrica.
E’ il meccanismo alla base del primo mercato personale di emissioni, un’originale iniziativa made in Australia.

Siamo a Norfolk Island, un’isoletta del Pacifico di 35 kmq a 1700 km dal continente, che conta 3000 residenti e ospita centinaia di turisti ogni anno.
L’isola, dal passato tormentato, un tempo colonia penale e successivamente insediata dai marinai dell’ammutinamento del Bounty, sarà conosciuta, d’ora in avanti, come il primo luogo al mondo a dotarsi di una carbon bank, a disposizione dei cittadini, che avranno diritto allo stessa quota di unità di carbonio, caricata in una carta di credito, valida per pagare le proprie emissioni.

Principe Carlo: “Abbiamo 100 mesi per evitare la catastrofe”

Parlando ad oltre 150 dirigenti d’azienda, al convegno sulle misure da adottare per combattere la crisi economica a livello mondiale di Rio de Janeiro, il principe Carlo ha lanciato un avvertimento agghiacciante: il tempo per salvare il pianeta sta scadendo.

Le proiezioni più ottimistiche ci dicono che abbiamo meno di 100 mesi (poco più di 8 anni, ndr) per modificare il nostro comportamento, prima che i cambiamenti climatici comportino rischi catastrofici ed orrori inimmaginabili. Le difficoltà che il mondo affronta oggi saranno nulla in confronto ai concreti effetti che il riscaldamento globale avrà sull’economia mondiale. I primi risultati sono che in vaste aree del mondo moltissime persone sono costrette sin da ora a fuggire da inondazioni o siccità. C’è incertezza sulla produzione di cibo e sulla mancanza di acqua e, naturalmente, sulla crescente instabilità sociale e di potenziali conflitti. Essa incide sul benessere di ogni uomo, donna e bambino sul nostro pianeta.

Il principe poi ha ribadito che solo lo sviluppo sostenibile, in particolare alla luce della crisi economica attuale, è la strada migliore per l’umanità.

Inquinamento cinese? Colpa dell’Occidente

Sulla scia della visita incentrata sul clima di Hillary Clinton a Pechino, una nuova relazione dettagliata dimostra quanta CO2 l’Occidente “provoca” alla Cina, quando acquista il “made in China”. Circa il 9% del totale delle emissioni cinesi sono il risultato della produzione delle merci per gli Stati Uniti, mentre il 6% proviene dalla produzione di merci per l’Europa. Ma chi è responsabile, e come si può ovviare a questa situazione?

Il dato del 15% totale delle emissioni prima dimostrate dev’essere almeno raddoppiato se consideriamo i costi di trasporto, effettuati nella quasi totalità da imbarcazioni cinesi perché meno costose, e dallo smaltimento dei residui della lavorazione per i prodotti Occidentali. Da questo si evince che almeno un terzo delle emissioni cinesi sono di responsabilità europea e americana. La nuova ricerca, che sarà pubblicata questo mese sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters, mostra che circa un terzo di tutte le emissioni di carbonio cinese tra il 2002 e il 2005 sono ampiamente dimostrabili di provenienza Occidentale. Ovviamente non si può pensare che dal 2005 ad oggi la situazione sia cambiata di molto.