Cambiamenti climatici, anche i pesci migrano al Nord…

Pare che il richiamo del Nord sia irresistibile anche per i pesci. Per ragioni differenti da quelle degli uomini, ovviamente. Scontato dirlo, visto che ormai è responsabile di numerosi danni, ma la colpa è ancora una volta del riscaldamento globale. I mutamenti climatici in corso porteranno la metà dei pesci a Sud a spostarsi nei mari nordici, lasciando semi-vuote le reti da pesca delle popolazioni meridionali del Pianeta.

E’ quanto previsto da un recente studio, effettuato da un gruppo di ricercatori dell’università della East Anglia in Gran Bretagna, coordinato da William Cheung. La ricerca, diffusa dalla rivista Fish and Fisheries, ha dedotto questi dati a dir poco allarmanti, utilizzando un modello climatico di previsione al computer, e simulando, all’andamento attuale, la temperatura delle acque e le condizioni in cui verserà il pianeta nel 2050. Secondo quanto si evince dai risultati dello studio, i pesci migreranno in massa verso Nord, per effetto del surriscaldamento eccessivo dei mari del Sud.

Pinguino imperatore rischia l’estinzione in meno di un secolo

Ve lo ricordate il pinguino imperatore, l’uccello dell’Antartide di un fortunato film-documentario di un paio di anni fa? Probabilmente quello sarà l’unico documento, o uno dei pochi, che i nostri nipoti potranno utilizzare per vedere com’era fatto uno degli animali più affascinanti al mondo.

Il pinguino Imperatore sta letteralmente perdendo il suo regno, e di conseguenza anche la sua vita. Nello scorso ottobre uno studio del WWF stimò che, se le temperature globali si elevassero di soli due gradi, il 50% degli Imperatori e il 75% dei pinguini Adelie morirebbero. La brutta notizia è che questa stima è sin troppo ottimista.

Eco-agenda 2009, i principali appuntamenti del nuovo anno

L’anno nuovo è appena iniziato, ma ci hanno già avvisato: sarà peggiore del 2008. Crisi del petrolio, crisi economica, tornado, disastri ambientali, basta pensare a quanto è avvenuto l’anno da poco trascorso per chiedersi: cosa ci può essere di peggio?

Ma noi il 2009 vogliamo iniziarlo con i migliori auspici, sperando che l’elezione di Obama e l’attenzione che ha posto proprio sull’ecologia, contagi anche gli altri Paesi del mondo, risollevando allo stesso tempo le sorti dell’economia e la salvaguardia dell’ambiente. Il nuovo anno sarà ricco di appuntamenti, più o meno a carattere internazionale, più o meno importanti, ma tutti determinanti per offrire il proprio contributo alla lotta contro i principali dissesti climatici e problemi ecologici, per tenersi aggiornati sulle ultime ecotecnologie e seguire con interesse le iniziative dei Grandi per far fronte all’emergenza climatica e all’esaurimento delle risorse energetiche.

Worldwatch: “Le previsioni sui cambiamenti climatici? Peggio del previsto”

Da un paio d’anni va di moda andare controcorrente sul problema climatico. Su tutti i media il dibattito è sempre aperto a proposito del surriscaldamento globale, lo scioglimento dei ghiacci, e tutte le problematiche che riguardano la Natura. Molti ben pensanti dicono che queste sono tutte favolette e che non è vero nulla, ma poi molto spesso si scopre che si tratta di sedicenti esperti sguinzagliati dalle lobby del petrolio.

In tutto questo dibattito oggi interviene il Worldwatch Institute, un istituto di ricerca indipendente americano il quale, con la pubblicazione del suo rapporto “State of the world 2009” probabilmente chiuderà la bocca a molti scettici. Il periodo di osservazione va dal 1990 al 2007, e sul rapporto si legge che le previsioni poco rassicuranti fatte finora sono state fin troppo caute: il cambiamento climatico è peggio del previsto. I primi dati resi noti in questi giorni suddividono il problema in quattro categorie, riassunte nella seconda parte dell’articolo: emissioni, stato dei mari, cambiamenti climatici e la cura per salvarci.

Aumento del livello del mare, previsto innalzamento di un metro nei prossimi cento anni

Una nuova ricerca indica che il livello del mare potrebbe salire nei prossimi 100 anni di un metro rispetto ad oggi, previsione che è tre volte superiore alla prospettiva sull’innalzamento delle acque effettuata dall’UN’s Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC. La nuova rivoluzionaria tesi deriva da una collaborazione internazionale tra i ricercatori del Niels Bohr Institute presso l’Università di Copenaghen e scienziati inglesi e finlandesi, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista di divulgazione scientifica Climate Dynamics.

Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, il clima globale nel prossimo secolo sarà tra i due e i quattro gradi più caldo rispetto ad oggi , ma l’oceano è molto più lento nel trasmettere calore all’atmosfera così come le grandi lastre di ghiaccio in Groenlandia ed in Antartide sono decisamente più lente nello sciogliersi. La grande incertezza nel calcolo del futuro aumento del livello del mare deriva sostanzialmente dall’incapacità di prevedere la velocità con la quale i ghiacci che si sciolgono sulla terraferma confluiscano poi verso il mare.  Il modello impreciso di previsione di fusione del ghiaccio è alla base degli attuali pronostici effettuati dall’IPCC, che non sono in grado di rendere atto dei rapidi cambiamenti avvenuti negli ultimi anni. Ecco perchè questa ricerca ha affrontato il problema con un approccio totalmente diverso.

Scienzati svizzeri confutano le tesi degli scettici sul riscaldamento globale

Lo scetticismo, nemmeno tanto dilagante, attorno al riscaldamento globale avrà vita breve, almeno dal punto di vista scientifico. Le tesi esposte tra gli altri anche da Franco Battaglia, su Il Giornale, sull’aumento delle temperature come fenomeno naturale iniziato nel 1700, all’epoca della rivoluzione industriale, sono state di recente confutate dagli scienziati del Centro di ricerca GKSS di Geesthacht insieme ad un team di ricercatori dell’Università di Berna, in Svizzera.

Come risposta al rapporto La Natura, non l’Uomo, governa il clima rilasciato dall’organismo internazionale N-Ipcc, gli studiosi hanno esaminato per la prima volta la frequenza di anni più caldi rispetto alla media tra il 1880 e il 2006.
Risultato: l’aumento delle temperature successivo al 1990 non è affatto casuale nè tantomeno l’uomo ne esce completamente innocente.

Crisi alimentare e cambiamenti climatici: una relazione pericolosa

La metà della popolazione mondiale potrebbe trovarsi a fronteggiare una grave crisi alimentare dovuta ai cambiamenti climatici entro il 2100. E’ quanto predetto da una recente ricerca effettuata da un team di ricercatori dell’Università di Washington, coordinato dal professor David Battisti, esperto in scienze atmosferiche.

A quanto pare, il rapido innalzamento delle temperature rischia di alterare gravemente i raccolti nelle zone tropicali e subtropicali, entro la fine di questo secolo e, senza possibilità di reazione alcuna in quanto processi irreversibili se non in milioni di anni, lascerà la metà della popolazione mondiale a dover far fronte a gravi carenze di cibo.

Gli orsi polari stanno morendo di fame

Nuovo allarme per gli orsi polari, anche se in realtà la soglia di guardia degli scienziati non si è mai abbassata e i mammiferi dei ghiacci non hanno mai cessato di essere in pericolo. Stavolta a preoccupare gli esperti è la dilagante denutrizione registrata su un vasto campione di esemplari, causata dallo scioglimento dei ghiacciai in conseguenza dell’aumento delle temperature.

Le lastre di ghiaccio sempre più sottili, sempre più frammentarie e il riscaldamento delle acque che provoca una diminuzione anche nella fauna ittica, mettono a rischio l’approvvigionamento alimentare degli orsi, che risultano denutriti e provati dalla caccia infruttuosa. Pensate che il numero di orsi sottoalimentati è triplicato negli ultimi 20 anni.

La scoperta, batteri presenti nel ghiaccio registrano i cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici in corso hanno una portata vastissima e interessano una varietà e una pluralità di fenomeni inimmaginabili, essendo legati consequenzialmente a tutto quello che sta accadendo sulla Terra, disastri geologici, estinzione di numerose specie animali e vegetali, tornado, cicloni, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari.
Ebbene cosa hanno a che fare mutamenti così importanti e di proporzioni così enormi con i microorganismi più piccoli ed all’apparenza non determinanti per l’equilibrio terrestre come i batteri?

Pare che siano proprio questi piccolissimi organismi viventi a fungere da registratore dei cambiamenti climatici, fornendo alla scienza un’idea più precisa delle conseguenze dell’aumento delle temperature. E’ quanto ha scoperto in un recente studio il professor YAO Tandong insieme ad un team di ricercatori della ITP (Tibetan Plateau Research), della Xiamen University e della Chinese Academy of Sciences.

Cambiamenti climatici, Groenlandia tallone d’Achille

E’ la Groenlandia il tallone d’Achille della Terra nel dissesto ambientale provocato dall’innalzamento delle temperature. E’ quanto ha affermato Hans Joachim Schellnhuber, direttore dell’Istituto di Potsdam per le ricerche sul clima nonchè consigliere per l’ambiente del governo tedesco.
Intervistato dal quotidiano tedesco Saarbruecker Zeitung, lo studioso non ha nascosto la gravità della situazione attuale in cui versa il Pianeta, illustrando quelli che sono i rischi di un ulteriore incremento del surriscaldamento terrestre.

Per quanto riguarda gli effetti dei cambiamenti climatici, secondo Schellnhuber, non bisogna affatto sottovalutare le conseguenze dell’aumento delle temperature: le previsioni parlano di devastanti e tragici stravolgimenti negli equilibri globali, pronti a scatenarsi anche soltanto con la registrazione di due gradi in più rispetto ad oggi.

Cambiamenti climatici, futuro a rischio per i meccanismi migratori dei pesci

In Europa, la maggior parte delle specie di pesci migratori che completano il loro ciclo tra il mare e il fiume sono attualmente in pericolo. Sebbene i programmi di recupero e salvaguardia siano stati avviati da tempo, il futuro nella distribuzione di queste specie può subire delle drastiche modifiche a causa dei cambiamenti climatici. Al Bordeaux Cemagref, gli scienziati hanno sviluppato dei modelli biogeografici per prevedere quale potrebbe essere la loro effettiva distribuzione nel 2100.

Lo studio dei pesci migratori è degno di nota in quanto per completare il loro ciclo vitale usano sia il mare che gli ambienti d’acqua dolce. A partire dal’ultima era glaciale 18.000 anni fa, questo ha permesso loro di colonizzare progressivamente tutta l’Europa. Tuttavia, la pesca eccessiva, lo sviluppo delle attività marittime e fluviali e il conseguente inquinamento delle acque hanno contribuito a far regredire le popolazioni di pesci migratori con il risultato che oggi la maggior parte di queste specie è in serio pericolo.

Obama chiama Al Gore per risolvere i problemi climatici

La svolta ecologica passa anche e soprattutto dalla politica, e il politico più ambientalista della storia, Al Gore, ritorna a far sentire la sua voce grazie a colui che guiderà il mondo per i prossimi 4 anni: Barack Obama. Il neo presidente eletto degli Stati Uniti, intento in questi giorni a formare la squadra di Governo, ha annunciato di aver chiesto una mano all’ex candidato alla Casa Bianca del Partito Democratico per rendere la sua squadra il più ecologica possibile.

L’annuncio lo ha dato ieri il Washington Post, il quale ha rivelato l’incontro tra Obama, il suo vice Biden e Al Gore, per discutere di cambiamenti climatici e di energie rinnovabili. Un primo segnale importante che segnala la svolta ecologica dell’amministrazione americana, come promesso in campagna elettorale.

Il carbone ci costa 360 miliardi di euro all’anno

Secondo il rapporto di Greenpeace, stilato in collaborazione con “Ce-Delft“, un istituto indipendente olandese, il costo che grava sull’intero pianeta per l’utilizzo del carbone, attualmente, è di circa 360 miliardi di euro all’anno, molto di più di quello che i vari Governi di tutto il mondo ci vogliono far credere.

Infatti quei Paesi che puntano su questa risorsa spesso si trincerano dietro la frase “il carbone costa di meno rispetto alle altre fonti energetiche”, giustificandolo come un risparmio che conviene anche ai cittadini. Tutto questo è falso. Infatti il carbone è il combustibile fossile più inquinante al mondo (paradossalmente anche più del petrolio), dato che da solo contribuisce al 41% delle emissioni di gas serra imputabili all’uomo.