Marea nera, a Tony Hayward BP offre un “calcio nel sedere” da 14 milioni di euro

Immaginate di essere i responsabili del peggior disastro ambientale della storia americana. Immaginate che Henric Svanberg, uno dei vostri collaboratori, se la stia spassando su uno yacht in compagnia della sua amante mentre si lotta contro il tempo per arginare una fuoriuscita di petrolio che è costata la vita a 11 uomini, morti nell’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon.

Immaginate di aver messo in ginocchio l’economia incentrata su pesca e turismo di centinaia di località costiere del centro America. Immaginate di aver distrutto l’ecosistema di una delle oasi naturaliste (in Louisiana) di pellicani più  preziose al mondo. Immaginate di aver ucciso delfini, pesci, bruciato vive tartarughe perché i soccorsi degli animalisti intralcerebbero gli incendi controllati.

Bp conferma le trivellazioni in Libia, la politica italiana insorge

I timori di qualche giorno fa si sono rivelati fondati, la BP avvierà, entro poche settimane, le prime trivellazioni al largo delle coste libiche. Una situazione che riguarda da vicino noi italiani, visto che il punto in cui si troverà il nuovo pozzo sarà distante solo 500 km dalle coste della Sicilia.

Non appena giunta la notizia in Italia, sono insorti tutti, dalle associazioni ambientaliste alla politica. Persino rappresentanti del Governo, di solito molto “sensibili” ai problemi dei petrolieri, si sono detti preoccupati, come il Presidente della Commissione Ambiente al Senato Antonio D’Alì, peraltro siciliano, il quale ha affermato:

Il problema non è la Bp o la Libia. Il fatto è che il mare non ha confini e se capitano incidenti, che siano in acque nazionali o internazionali, gli effetti si fanno sentire in tutto il Mediterraneo. Considerato che stiamo parlando già di uno dei mari più inquinati dal petrolio di tutto il mondo, le conseguenze di un disastro potrebbero essere irreversibili.

Marea nera, BP avvierà nuove perforazioni in Libia, in pieno Mediterraneo

Business must go on. Non importa se l’economia di intere popolazioni costiere è affondata nella marea nera, ancor meno contano i danni all’ecosistema e al patrimonio naturalistico dell’area del Golfo del Messico. Contano gli affari. E per nessuna cosa al mondo la BP desisterà dall’avviare le nuove perforazioni concordate già dal 2007 con la Libia.

Inizieranno tra poche settimane i lavori per cinque trivellazioni al largo delle coste libiche nel Golfo della Sirte, in pieno Mediterraneo. La BP perforerà ad una profondità di circa 5.700 piedi (1.700 metri), leggermente superiore a quella della piattaforma Deepwater Horizon che ha scatenato il disastro della marea nera.
Lo ha annunciato il Financial Times e dalla BP non hanno smentito, tutt’altro. Ne ha dato conferma lo stesso portavoce della compagnia, David Nicholas:

Non le abbiamo ancora calendarizzate. Ogni perforazione necessita di sei mesi o più.

Marea nera, la tempesta Bonnie fa rimandare i lavori

Una tempesta tropicale, battezzata Bonnie, ha costretto all’evacuazione le navi che, nel Golfo del Messico, stavano cercando di recuperare il petrolio dall’ormai famosa falla della BP. La tempesta, con venti di oltre 60 chilometri all’ora, si trova ora a circa 130 km a sud-sudest di Miami e si sposta verso ovest-nordovest a 30 km/h, spiegano dall’US National Hurricane Center. L’agenzia prevede che la tempesta raggiungerà la costa settentrionale del Golfo entro la fine di sabato o l’inizio di domenica.

Tra le navi costrette a fuggire dal percorso del fenomeno, a circa 80 km al largo della costa della Louisiana, ci sono anche quelle che stanno lavorando alla perforazione per migliorare il metodo per sigillare le perdite. L’ammiraglio Thad W. Allen, che conduce i lavori di recupero per il Governo, ha aggiunto che era ora di iniziare il processo di disconnessione di un tubo montante dalla piattaforma posta sul fondo marino, con un’operazione che dovrebbe durare fino a 12 ore.

Marea nera, il petrolio non ha mai smesso di uscire

recupero petrolio golfo del messico

Un’altra bugia si accumula alle tante già dette dalla BP. Mentre la compagnia petrolifera britannica annunciava al mondo che il tappo stava funzionando, ma la pressione sotto di esso si era inspiegabilmente ridotta, il Governo americano denunciava che una nuova falla si era aperta altrove. Ipotesi accolta come “probabile ma non certa” dalla compagnia, la quale ora si trova di fronte alla possibilità di una catastrofe ancora peggiore rispetto a quella precedente.

Secondo gli osservatori del Governo, c’è infatti il rischio che il pericoloso mix di metano e petrolio che prima uscivano dalla falla appena coperta creino più fori nel terreno da cui uscire. Per questo l’Ammiraglio Thad Allen, che rappresenta la Casa Bianca nella gestione della marea nera, ha chiesto che la falla appena chiusa venga riaperta.

Marea nera, sospetti di perdite da nuove falle

marea nera sulla costa

Il tappo funziona, ma non c’è ancora da esultare. Secondo i dati provenienti dai tecnici della BP che stanno monitorando l’evolversi della situazione nel Golfo del Messico, c’è una buona notizia ed una cattiva. La buona è che, passate le 48 ore di prova, il tappo regge, non ha perdite e non mostra alcun problema apparente; la cattiva è che la pressione sotto di esso è diminuita molto più di quanto si potesse sospettare.

Il motivo preciso ancora nessuno lo sa, ma c’è un sospetto: si dev’essere aperta altrove un’altra falla da dove defluisce il petrolio che prima usciva da quella appena chiusa. L’alternativa è che, dopo 3 mesi di fuoriuscita, la pressione sia diminuita naturalmente, ma visto ciò che è accaduto nelle scorse settimane, non viene spontaneo pensare positivo. Per adesso gli strumenti di rilevazione non hanno indicato nessuna nuova perdita, ma gli ingegneri hanno chiesto altre 24 ore di verifica. La scusa ufficiale è quella di essere sicuri al 100% che il tappo funzioni, ma la realtà è che vogliono prendere tempo per cercare di capire come mai la pressione è diminuta.

Marea nera, il tappo funziona!

tappo marea nera

Finalmente, dopo quasi 3 mesi di fuoriuscita di petrolio, la compagnia BP è riuscita a trovare la soluzione al problema della marea nera: la falla è stata chiusa. Prima di poter cantar vittoria però bisognerà aspettare almeno 48 ore perché la pressione del petrolio a 1.500 metri di profondità è tanta. Ma siccome sono già diverse ore che sta resistendo, possiamo essere ottimisti.

A dir la verità nemmeno gli ingegneri britannici ci speravano più di tanto, dato che stavano studiando un altro modo per tappare la falla, ma stavolta gli è andata bene, fermando (momentaneamente) la perdita a 700 milioni di litri di petrolio.

Marea nera, pozzo senza tappo per 4 giorni

Lower Marine Riser Package

L’equipaggio della BP ha ufficialmente avviato il cosiddetto “piano D“, rimuovendo il tappo ormai fuori controllo sulla falla nel Golfo del Messico per sostituirlo con uno nuovo, il quale dovrebbe riuscire a contenere l’intera perdita di petrolio. Il problema è che questo nuovo e ambizioso tentativo ingegneristico potrebbe anche peggiorare le cose, almeno temporaneamente.

L’attuale tappo era in grado di deviare l’equivalente di 15.000 barili di petrolio al giorno verso una nave in superficie, e così, non appena è stato eliminato, il petrolio ha di nuovo ripreso a fuoriuscire incessantemente. Kent Wells, vice presidente senior di BP ha promesso che il nuovo tappo più grande e più stretto verrà installato entro la metà di questa settimana. Secondo le previsioni ci vorranno dai 4 ai 7 giorni per completare l’opera.

Marea nera: Bp ci riprova, nuovo tappo sulla falla

marea nera petrolio costa

Si chiama Lower Marine Riser Package, o più semplicemente LMRP, ed è il nuovo (si spera ultimo) tentativo della BP di fermare la fuoriuscita di petrolio dal Golfo del Messico. Si dice “sbagliando s’impara”, eppure la compagnia britannica non sembra tanto aver imparato la lezione, dato che questo nuovo tappo assomiglia molto a quel Top Kill che già fallì il 30 maggio scorso.

In pratica la LMRP consiste in un taglio del braccio meccanico da cui continua ad uscire il petrolio, in modo da facilitare l’aggancio di un tubo che convoglia la perdita verso una petroliera, e che gradualmente chiude la falla come un vero e proprio tappo. Il problema è che, proprio come il tentativo precedente, questo comporta il temporaneo allargamento del buco e, se dovesse fallire, farebbe fuoriuscire il 20% in più di petrolio rispetto a quanto esce oggi.

Marea nera, nuovi problemi a causa dell’arsenico

marea nera arsenico

La fuoriuscita di petrolio della Bp può aumentare i livelli tossici di arsenico nel mare, creando un’ulteriore minaccia a lungo termine per l’ecosistema marino, secondo la ricerca pubblicata sulla rivista Water Research. L’arsenico è un elemento chimico velenoso che si trova nei minerali ed è presente nel petrolio. Alti livelli di arsenico nell’acqua di mare possono permettere alla tossina di entrare nella catena alimentare. Inoltre può interrompere il processo di fotosintesi nelle piante marine e aumentare le possibilità di alterazioni genetiche che possono causare difetti alla nascita e cambiamenti comportamentali nella vita acquatica, ed infine, a completare l’opera, uccidere gli animali come gli uccelli che si cibano di creature del mare intossicate da questa sostanza.

Nello studio, un team dell’Imperial College di Londra ha scoperto che le fuoriuscite di petrolio possono bloccare parzialmente il sistema naturale di filtrazione dell’oceano e prevenire questa diffusione dell’arsenico. I ricercatori dicono che il loro studio mette in luce una nuova minaccia tossica per il Golfo del Messico, dovuta alla perdita del petrolio.

Marea nera, animali in fuga come da bosco in fiamme

uccello marea neraMarea nera paragonabile ad un mega incendio di quelli che spingono gli animali fuori dal bosco. La vita si fa impossibile nel Golfo del Messico che si sta riempiendo di zone morte, prive cioé di ossigeno, succhiato via dal metano, che al momento rappresenta più del 50% della perdita e i cui valori sono stati quantificati in 100mila volte superiori alla norma. A contatto con l’acqua, il metano provoca la proliferazione di batteri in grado di degradarlo ma a farne le spese è proprio l’ossigeno, e dunque la vita. Come spiega Samantha Joye, ricercatrice all’Università della Georgia, ci sono:

colonne di metano di 200 metri a una profondità tra i 1.000 e i 1.300 metri. L’acqua non è ancora arrivata ad avere zero ossigeno, ma ci si sta avvicinando.

Uragano Alex, nuovi guai per la Bp

uragano alex

Il disastro nel Golfo della Messico per la Bp sembra essere destinato ad aggravarsi sempre di più. Se è vero che se tutto può andare storto, allora andrà storto, dopo le burrasche, le tempeste marine e i mille inconvenienti naturali e artificiali, ora la compagnia britannica è costretta a fare i conti con l’uragano Alex, in avvicinamento proprio nell’area dove è affondata la Deepwater Horizon.

La perturbazione ha appena attraversato il Belize, passerà oggi per il Messico e si sta spostando sul Golfo, dove secondo le previsioni raggiungerà proprio la macchia nera del petrolio. Per questo motivo le operazioni di recupero delle perdite saranno ancora una volta rimandate, in quanto quasi tutto il personale ha già raggiunto la terraferma, ed il rimanente probabilmente si allontanerà presto dal sito. Secondo la Bp le operazioni di trivellazione per ridurre l’afflusso di petrolio slitteranno di un solo giorno, ma secondo i metereologi potrebbe saltare tutto di una settimana.

Bp invia falso giornalista in Louisiana per dire che va tutto bene

falso giornalista

Ci sarà una fine alle ipocrisie e alle azioni ridicole della BP? Evidentemente no. Ecco l’ultimo di una lunga serie di errori curiosi e incredibili aggravanti: dopo essere stato pubblicamente vietato più volte l’accesso ai giornalisti al sito della fuoriuscita di petrolio, la compagnia petrolifera britannica ha inviato dei giornalisti finti sulla “scena del crimine” per raccontare una storia ben diversa dalla situazione reale.

Per fortuna il Wall Street Journal ha scoperto la trama, individuando immediatamente un dipendente delle pubbliche relazioni travestito da giornalista, infiltratosi in Louisiana. Dopo il salto vedremo un estratto di come il WSJ ha raccontato la vicenda.