Green Jobs, Termini Imerese passa dall’auto alla tutela degli oceani

Il nome Termini Imerese è strettamente legato alla Fiat. Qui una delle fabbriche della società torinese ha dato lavoro a mezzo paese per oltre trent’anni, fino a che non ha chiuso. Dal novembre scorso infatti il piccolo paesino in provincia di Palermo ha rischiato il collasso, e nell’attesa che le fantomatiche aziende rilevino la fabbrica e riassumano centinaia di operai, c’è qualcuno che si è dato da fare avviando un’attività improntata alla tutela ambientale.

Plastica dalle piante, ci provano in Olanda

Da anni il mondo scientifico cerca un sostituto del petrolio per la produzione di plastica, materiale tanto necessario nel mondo moderno quanto inquinante. Tra i vari tentativi oggi vi segnaliamo uno molto interessante che proviene dall’Olanda. Più precisamente dall’Università di Utrecht, dove un gruppo di ricercatori ha scoperto come sia possibile produrre etilene, propilene e butadiene, la base della plastica, direttamente dalle piante.

Raccolta differenziata plastica

Raccolta differenziata plastica

La plastica

La plastica è un termine generico per indicare una vasta gamma di solidi organici sintetici o semi-sintetici utilizzati nella fabbricazione di prodotti industriali. Le materie plastiche sono generalmente polimeri ad alto peso molecolare, e possono contenere altre sostanze per migliorare le prestazioni e/o ridurre i costi di produzione. I monomeri di plastica sono composti organici naturali o sintetici.

La parola plastica deriva dal greco plastikos che significa “ciò che può essere sagomato o modellato”, vista la sua qualità altamente modellante che le permette di essere compressa, allungata e assumere una gran varietà di forme, come le pellicole, fibre, lastre, tubi, bottiglie, scatole, e molto altro. Si spiega così la sua estesa diffusione, nonostante sia un noto materiale inquinante.

Bioplastica

Bioplastica

La bioplastica, detta anche ecoplastica, è una plastica derivante da materie prime vegetali biodegradabili (principalmente farine ed amidi di mais, grano ed altri cereali) nell’arco di qualche mese a fronte dei mille anni di cui necessita la degradazione delle plastiche derivate dal petrolio in polietilene e polipropilene.

Le bioplastiche non sono inquinanti, anzi in compostaggio decompongono dando luogo ad un compost ricco di nutrienti e sostanza organica che può essere utilizzato come fertilizzante per l’agricoltura. La bioplastica triturata e depositata sul suolo agricolo (pratica di copertura del suolo detta della pacciamatura) risolve anche il problema dello smaltimento in quanto svolge la sua azione pacciamante  per poi scomparire nel terreno. Le principali marche produttrici in italia sono, al momento Biolice, Biotec, Biograde, Cereplast Compostables, Biotecnomais Mater-Bi e Pla Ingeo.

Biodegradabile


Biodegradabile

Con il termine biodegradabile si indica la proprietà delle sostanze organiche di decomporsi naturalmente, ovvero di venire scomposti da sostanze complesse ad elementi più semplici. Sono i batteri saprofiti ad attaccare la sostanza decomponibile, estraendone gli enzimi necessari alla trasformazione. A quel punto il processo di biodegradabilità, definibile come la capacità di un materiale di decomporsi nel tempo a seguito di attività biologica, si conclude con l’assorbimento nel terreno, a differenza di quanto avviene con i prodotti non biodegradabili che inquinano l’ambiente.

La qualifica di biodegradabile oggi è spesso associata a prodotti rispettosi dell’ambiente. La maggior parte delle sostanze chimiche sono biodegradabili, a variare e a fare la differenza è piuttosto la quantità di tempo necessaria all’operazione, le sostanze finali prodotte dal processo, più o meno inquinanti, e la presenza in natura di batteri capaci di decomporre il materiale. Un pezzo di pane si decompone piuttosto rapidamente, mentre la plastica resterà inalterata per decenni.

Green Economy e biotecnologie, in arrivo cosmetici, contenitori per alimenti e combustibili ecologici

Di nuovo una notizia interessante e decisamente Green: dopo le riciclelle, le patate ottenute dal compostaggio dei rifiuti domestici, arrivano anche i cosmetici ecologici, ricavati dai residui degli scarti agricoli.

Dai residui alimentari è possibile anche produrre contenitori per alimenti, o combustibili, occorre solo aver voglia di investire nelle biotecnologie e nella Green Economy, come fa da parecchi anni la regione Emilia Romagna.

Greggio non più necessario per produzione plastica

industria della plasticaOgni anno, il mondo produce circa 130 milioni di chili di etilene, la più importante materia prima per la plastica. Questa gigantesca industria è attualmente dipendente dal petrolio greggio, che si sta esaurendo.
Il ricercatore olandese Tymen Tiemersma potrebbe avere trovato una soluzione a questo problema. Ha ideato infatti un nuovo reattore che riesce a produrre etilene dal gas naturale e che in futuro potrebbe produrne anche a partire dal biogas.

Tiemersma ha trovato una soluzione apparentemente molto semplice per uno dei più grandi problemi nella produzione di etilene da gas naturale. Se si vuole produrre plastica dal gas naturale allora prima di tutto bisogna convertire il gas naturale in etene. Che attualmente può essere fatto, ma con un problema finora irrisolto: il processo genera una incredibile quantità di calore, troppo per una facile rimozione. Di conseguenza la conversione del gas naturale è troppo costosa e consuma molta energia.

Quibio, la bioplastica tutta italiana

quibioDall’idea di due cagliaritani, Giuseppe Brau e Maria Grazia Sanna, dieci anni fa è nato Quibio, portale specializzato nell’e-commerce di prodotti in bioplastica, biodegradabile e compostabile al 100%. I prodotti possono essere acquistati sul sito di Quibio e verranno spediti gratuitamente in tutta Italia in sole quarantotto ore, questo è quanto promettono alla Quibio.

Ci sono utensili per la casa ad uso quotidiano, ed usa e getta, di tutte le categorie, tutti rigorosamente col prefisso bio: biobicchieri e biotazzine, biovaschette, biopannolini, biopattumiere, biopiatti, biociotole, biotovaglie, bioposate, biogiochi, bioguanti… insomma, di tutto e di più.

Inventata bioplastica da materiali rinnovabili

bioplastica coreana

Un team di scienziati sudcoreani ha prodotto dei polimeri utilizzati per produrre la plastica di tutti i giorni attraverso la bioingegneria, piuttosto che attraverso l’uso di combustibili fossili a base di sostanze chimiche. Si ritiene che la tecnica possa ora consentire la produzione di plastica eco-friendly che è biodegradabile ed a basso contenuto di tossicità.

La ricerca si è concentrata sull’acido polilattico (PLA), un polimero biologico che può servire per la produzione di materie plastiche mediante risorse naturali e rinnovabili. I polimeri sono molecole presenti negli oggetti della vita quotidiana sotto forma di materie plastiche e gomme.

Il poliesteri ed altri polimeri che usiamo tutti i giorni sono per lo più derivati da oli fossili prodotti tramite la raffineria o un processo chimico. L’idea di produrre polimeri da biomasse rinnovabili ha attirato molta attenzione a causa delle crescenti preoccupazioni dei problemi ambientali e il carattere limitato delle risorse fossili. PLA è considerata una buona alternativa alla plastica derivata dal petrolio, in quanto è biodegradabile ed ha un basso tossicità per l’uomo

ha spiegato il professor Sang Yup Lee, che ha guidato la ricerca.

La bioplastica sostituirà il 90% della plastica proveniente dal petrolio

bicchieri in bioplastica

La bioplastica non è certo una panacea, ma se si vuole passare un giorno ad un mondo privo di combustibili fossili (per scelta o per necessità), avremo bisogno di qualcosa per sostituire la plastica. Dei ricercatori provenienti dall’Università di Utrecht hanno condotto uno studio che è stato commissionato loro dalle associazioni Bioplastics europea e la European Polysaccharide Network of Excellence (EPNOE), e le loro conclusioni sono state molto interessanti.

Nel loro studio, Martin K. Patel, Li Shen e Juliane Haufe dimostrano che fino al 90% del consumo globale corrente di polimeri provenienti da petrolio e gas può tecnicamente essere convertito da materie prime rinnovabili. Ma mentre questo è un numero abbastanza grande, questo è un limite teorico. Nel breve e medio termine, i numeri sono molto più bassi: sulla base dei recenti annunci la capacità di produzione di bio-plastica è previsto in aumento da 360.000 tonnellate nel 2007 a circa 2,3 milioni di tonnellate entro il 2013.

A favore o contro la bioplastica?

bioplastica.jpg

La plastica tradizionale, o sintetica, è normalmente prodotta da derivati del petrolio come sottoprodotto della filiera del greggio verso il grande settore della petrolchimica. Gli oggetti in plastica tradizionale sono riassorbiti dalla natura dopo lunghi periodi di tempo: una busta di plastica lasciata galleggiare nel mare resiste all’attacco di qualsiasi batterio per secoli, una bottiglia di plastica necessita di 400 anni per decomporsi. A questo impatto ambientale si aggiunge il costo sociale del trattamento dei rifiuti in plastica.

La bioplastica, viceversa, si dissolve senza lasciare residui inquinanti, in base alla composizione chimica possono necessitare da pochi giorni a 4-5 anni. È un’alternativa a riciclaggio e reimpiego: i rifiuti bio teoricamente possono essere depositati tutti in discarica data la loro rapida biodegradabilità. Ciò consente di diminuire i contenitori dei rifiuti sul territorio (eliminando quelli di carta, vetro e materiale plastico) e i costi logistici di deposito (i rifiuti caricati periodicamente da un camion per la carta, uno per le plastiche, etc, verrebbero caricati “quotidianamente” insieme a tutti gli altri). Essendo prodotti degradabili al 100% non lasciano traccia nell’ambiente. Per un gran numero di motivi – non da ultimo a causa del prezzo costantemente alto del petrolio – si giudicano positive le prospettive future degli imballaggi prodotti da materie prime rinnovabili. L’industria fa inoltre affidamento sul sostegno della politica per andare avanti con lo sviluppo di questa tecnologia avveniristica.