La straordinaria crescita economica della Cina, come è ben noto, è costata moltissimo all’ambiente entro il territorio cinese e non solo. Uno studio da poco pubblicato su Conservation Biology fa chiarezza sulla situazione delle barriere coralline nelle acque cinesi: la situazione è molto grave, l’80% è andato perduto negli ultimi 30 anni.
barriere coralline
Barriere coralline, il 70% a grave rischio entro il 2030
Le barriere coralline sono a grave rischio, come è noto, e un nuovo studio internazionale sostiene che addirittura il 70% di esse potrebbe essere compromesso entro il 2030 anche se si dovesse cogliere l’obiettivo di una limitazione ai 2 gradi del riscaldamento globale. Pessime notizie quindi, quelle divulgate dagli studiosi autori dello studio internazionale organizzato dall’Istituto di ricerca sull’impatto climatico (PIK) di Potsdam in Germania e di recente pubblicato su Nature Climate Change.
Barriere coralline, il modo per salvarle potrebbe essere allevarle
In occasione del primo San Francisco Green Film Festival, una rassegna cinematografica dedicata ai corti e lungometraggi con tematiche ambientali, che si è tenuto due settimane fa, un film ha attirato l’attenzione di molti in quanto potrebbe rappresentare la soluzione ad uno dei problemi principali degli oceani: la perdita di barriere coralline.
Il film si chiama The Coral Gardener (letteralmente “il giardiniere di coralli”, dura appena 10 minuti e racconta di un uomo, Austin Bowden-Kerby, che ha avuto un’idea sorprendente. Il dott. Bowden-Kerby è un biologo marino che vive nelle isole Figi, ed ha trovato un modo semplice ma efficace per ripristinare la barriera corallina: allevarla. Ha insegnato il suo metodo alle comunità costiere ed ha già avuto successo nel migliorare la salute delle barriere locali.
Vacanze ecologiche, dove andare per far del bene all’ambiente
L’inverno sta per finire, ormai ci attende ancora un mese o due di freddo, e poi sarà tempo di cominciare ad organizzare le vacanze estive. Se avete intenzione di trascorrere delle vacanze alternative, evitando di stendervi per un mese al sole come delle lucertole, ma mantenendovi attivi in modo anche da far del bene all’ambiente, di seguito ci sono 6 mete in tutto il mondo che potrebbero aver bisogno del vostro aiuto.
1. Bahamas
Chi non vorrebbe fare un salto ai Caraibi? Queste isole sono, nell’immaginario collettivo, un Paradiso terrestre, ma in realtà si tratta di uno dei posti più colpiti dal riscaldamento globale. Prendere parte ad una spedizione di 10 settimane con Gapforce e lavorare con il National Trust Bahamas può significare fare 11 immersioni a settimana per fare un censimento delle barriere coralline in tre nuove aree protette, oppure prendere parte al programma che invia volontari nelle scuole locali per insegnare ai residenti i principi della sostenibilità e della conservazione ambientale. Un’altra possibilità per chi ha meno tempo a disposizione è l’Earthwatch, che consiste in una o due settimane di monitoraggio di balene e delfini al largo delle Isole di Gran Abaco.
Aree marine distrutte da incidenti navali, il ruolo delle fanerogame nel ripristino della vita
I risultati di un recente studio effettuato dal NOAA, ed ottenuti grazie ad un lavoro di monitoraggio durato cinque anni, hanno dimostrato che per accelerare i tempi di recupero delle aree marine, dopo i danni provocati da incidenti navali, è utile ripiantarvi le fanerogame.
Il dossier del National Marine Sanctuaries Conservation Series dal titolo N-Control Seagrass Restoration Monitoring Report Monitoring Events 2003-2008, presenta i risultati degli sforzi per riparare un’area di quasi 92,8 metri quadrati che è stata danneggiata il 29 Maggio del 2001, quando una barca a motore si arenò nelle acque basse del Florida Keys National Marine Sanctuary.
Acidificazione degli oceani mette a rischio i molluschi
L’acidificazione degli oceani potrebbe causare un declino su scala globale dei molluschi. A supporlo un recente studio effettuato da due scienzati della Stony Brook University, pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences, PNAS.
Stando a quanto affermano i due studiosi, a causa dei livelli crescenti di anidride carbonica (CO2), potrebbe verificarsi una diminuzione globale di vongole, capesante e altri frutti di mare, andando ad interferire con lo sviluppo delle larve dei crostacei.
Il professor Christopher J. Gobler e Stefano C. Talmage della School of Marine and Atmospheric Sciences della Stony Brook hanno condotto degli esperimenti per valutare l’impatto, presente, passato, e futuro, dell’acidificazione degli oceani sulle larve di due crostacei: il mollusco duro (Quahog del Nord), e il canestrello dell’Atlantico. La capacità di entrambi di produrre gusci dipende in parte dal pH delle acque oceaniche. Studi precedenti hanno mostrato che gli incrementi nei livelli di CO2 nell’atmosfera possono abbassare il livello di pH degli oceani, rendendolo più acido.
Marea nera, le ostriche riporteranno la vita nel Golfo del Messico
Si chiama 100-1000 partnership, e significa 100 miglia di nuove barriere di ostriche e 1.000 miglia di paludi costiere reimpiantate in Alabama. Si tratta del primo progetto nato per ristabilire una vita marina quanto più possibile simile a quella presente prima del disastro della BP, ideato attraverso una collaborazione tra organizzazioni no-profit, tra cui la Fondazione Costiera Alabama, Mobile Baykeeper, The Nature Conservancy e la Fondazione The Ocean.
A causa del danno arrecato al Golfo del Messico dalla fuoriuscita di petrolio dalla Deepwater Horizon, le scogliere, habitat delle ostriche, e le praterie di fanerogame hanno subìto il colpo di grazia dopo aver tentato di resistere per anni alle attività umane e alla pesca senza regole che già prima del 20 aprile scorso mettevano in pericolo vaste aree.
Thailandia, carri armati gettati in mare per salvare la barriera corallina
Può sembrare un controsenso, ma gettare alcuni vecchi carri armati in mare potrebbe salvare milioni di pesci. Almeno questo è quanto sperano le autorità thailandesi, che hanno avuto quest’idea alquanto bizzarra.
Ventisette carri armati dell’esercito, aggiunti a 273 vecchi vagoni del treno e 198 camion dell’immondizia sono stati gettati in mare pochi giorni fa. E’ un bel po’ di metallo di scarto che raggiunge il fondo dell’oceano, e che a prima vista dovrebbe creare una gran quantità di inquinamento. Secondo gli scienziati asiatici tutto questo è uno sforzo per creare una barriera artificiale per risolvere il problema del sovrasfruttamento della pesca.
La Malesia chiude le sue aree marine per salvare la barriera corallina
Le barriere coralline vengono “uccise” ogni giorno dai cambiamenti climatici, e così decisioni difficili devono essere prese, fino a quelle più drastiche come chiudere del tutto l’accesso agli umani nelle zone più in pericolo. La notizia fa scalpore quando si scopre che a chiudere sono alcuni dei principali siti di immersione della Malesia, tra i più frequentati al mondo, i quali ospitano un totale di 12 barriere coralline.
Questi sono tra i più popolari tra i sub, i quali nei prossimi mesi potranno ammirarli solo nei video girati dai loro colleghi. Al fine di ridurre il numero dei fattori di stress che i coralli devono affrontare nella loro lotta per la sopravvivenza, il governo malese ha scelto di tutelarli, nonostante il mezzo milione di turisti che ogni anno si avventura nell’area. Dal mese di luglio fino (come minimo) ad ottobre resteranno chiusi i siti per permettere ai coralli di recuperare dallo sbiancamento causato dalle temperature dell’acqua di 4 gradi Fahrenheit più alte del solito. Si tratta di pochi decimi di grado Celsius, ma un aumento di soli 3° C. attiverebbe una totale estinzione dei coralli. Secondo molti scienziati questo potrebbe accadere entro la fine di questo secolo.
Le barriere coralline sono destinate a scomparire?
Le barriere coralline sono destinate alla scomparsa? Questo il titolo di un convegno che si è svolto presso l’American Association for the Advancement of Science (AAAS), nel corso della conferenza annuale tenutasi a San Diego, in California. E, stando a quanto è emerso nel corso del dibattito, si tratta di un argomento che non dovrebbe essere preso tanto alla leggera.
Il dottor Simon Donner, ricercatore del dipartimento di geografia presso la University of British Columbia, ha ricevuto i finanziamenti per la sua ricerca sullo stato di salute dei coralli dal Natural Sciences and Engineering Research Council. Esponendo i risultati del suo studio, Donner ha parlato della vulnerabilità delle barriere coralline ai cambiamenti climatici dovuta alle temperature delle acque oceaniche in costante aumento.
Barriere coralline, un dettaglio economico da oltre 100 miliardi di euro
Le barriere coralline del mondo ci permettono di risparmiare 172 miliardi dollari (115 miliardi di euro) ogni anno, ma sono sull’orlo del collasso a causa della inerzia politica. A spiegarlo è un economista-ecologista durante la conferenza Diversitas, sulla biodiversità globale, tenutasi a Cape Town, Sud Africa, nei giorni scorsi.
L’affermazione è stata fatta da Pavan Sukhdev, un economista del United Nations Environment Programme’s World Conservation Monitoring Centre di Cambridge, Gran Bretagna. Sukhdev è a capo di uno studio della Commissione europea intitolato The Economics of Ecosystems and Biodiversity (TEEB), un progetto internazionale di sensibilizzazione sui benefici economici della biodiversità.
In precedenza, era stato stimato che le barriere coralline ci facessero “guadagnare” circa 30 miliardi dollari l’anno (20 miliardi di euro) solo per attrarre i turisti, la tutela delle specie ittiche commerciali e la protezione delle coste dalle mareggiate.
Il limite all’inquinamento è 350 ppm. Al di sopra di esso sarà una catastrofe
350 è il numero più importante del pianeta. Il che è strano, perché fino a circa 22 mesi fa non si sapeva neppure a che importasse. Ma quando, nel dicembre del 2007, l’ingegnere NASA Jim Hansen lo ha presentato presso l’American Geophysical Union Meeting di San Francisco, tutti hanno pensato a quello che voleva dire è che avevamo appena attraversato un estate in cui il ghiaccio si stava sciogliendo in modo molto rapido nell’Artico, e che i ricercatori stanno segnalando “in anticipo” variazioni di decine di altri grandi ghiacciai della terra, i quali porteranno all’acidificazione degli oceani e altre conseguenze.
In combinazione con le risme di paleo-dati climatici, la sua squadra credeva di avere informazioni sufficienti per elaborare finalmente una linea rossa per il pianeta: quando le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica fossero diventate superiori a 350 ppm, hanno detto, il riscaldamento globale sarebbe diventato pericolosamente fuori controllo. In realtà, oltre i 350 ppm non si potrebbe avere un pianeta
simile a quello in cui la civiltà si è sviluppata e nel quale la vita sulla Terra si è adattata.
Hawaii: la popolazione marina rischia di estinguersi
Le barriere coralline sono in grave pericolo. Stanno cominciando a cambiare e, se non si interviene ora, non ci saranno più barriere coralline entro il prossimo secolo
spiega Ku’ulei Rodgers, Assistente Ricercatore presso l’Istituto di Biologia Marina di Honolulu, Hawaii. Rodgers dal 1998 ha contribuito allo sforzo di tutto lo stato delle Hawaii di monitorare le barriere coralline in un progetto chiamato Hawaii Coral Reef Assessment & Monitoring Program (CRAMP).
La ricerca si basa sull’interazione tra il riscaldamento del pianeta e quello del mare che crea problemi al mondo delle barriere coralline. Esse servono come un rifugio per la vita degli oceani, tanto che alcuni li chiamano le “foreste pluviali del mare” per descrivere la grande varietà della vita che pullula in queste scogliere.
Il valore della natura ora diventerà un film
