Il penultimo giorno del summit di Copenaghen è stato abbastanza piatto. Si può dire tranquillamente che non è successo nulla, fino praticamente a tarda sera. Se infatti durante tutta la giornata continuava a serpeggiare il malumore tra i negoziatori a causa delle parole dei delegati cinesi che avevano parlato di “accordo impossibile da raggiungere“, una prima avvisaglia di qualcosa che poteva cambiare la si è avuta nel primo pomeriggio, quando ha preso la parola Hillary Clinton.
Il segretario di Stato americano ha reso noto che il suo Paese era disponibile a legarsi ad un accordo vincolante, prima volta nella storia degli Stati Uniti, ma soprattutto a partecipare al fondo per i Paesi poveri di 100 miliardi l’anno, senza però dare cifre precise. Un’apertura che ha fatto ben sperare, e che ha permesso di far partire Barack Obama, arrivato durante la notte nella capitale danese, con un certo vantaggio.
Ed infatti appena sbarcato, è stato aperto un “summit notturno” che ha riacceso le speranze. L’incontro con i primi capi di Stato è andato bene, tanto che si parla addirittura di una prima bozza di accordo. Siamo ancora nel campo delle ipotesi, visto che vanno presi in considerazione un po’ tutti i delegati dei grandi Paesi mondiali, ma si parla di una riduzione delle emissioni tale da poter rimanere entro i 2 gradi di riscaldamento e di un fondo da destinare ai Paesi poveri che sarà di 10 miliardi di dollari l’anno tra il 2010 e il 2012; 50 miliardi tra il 2013 ed il 2015, e 100 miliardi tra 2016 e 2020. Il fondo sarà composto in parte da finanziamenti diretti di Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone e Australia, ed in parte sarà autofinanziato attraverso meccanismi di cap and trade ed altri sistemi economici.
E mentre si spera che Obama riesca a mettere tutti d’accordo, la Cina, trovatasi con le spalle al muro, pare correre nella direzione opposta. Nei primi giorni infatti il Governo di Pechino sembrava aperto al dialogo. Da un paio di giorno però sembra il più fermo oppositore ad un accordo, ed ora che si vede uno spiraglio di luce, inspiegabilmente sembra volerlo combattere. In attesa dell’arrivo di Wen Jiabao, il quale in patria predica molto bene, i suoi collaboratori a Copenaghen razzolano molto male, e pare quasi che stiano facendo di tutto per convincere anche gli altri Paesi, in special modo India e Brasile, a non aderire a nessun accordo. Il gioco a cui stanno giocando potrebbe essere molto pericoloso.
In tutte queste trattative prende la parola anche l’Italia, e attraverso il Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, fa la voce grossa per offrire una linea guida da seguire per tutti. L’Italia è sempre stata tra i Paesi più scettici per quanto riguarda i vincoli, ma ora, vista l’imminente fine dei lavori e vista la volontà dell’Europa di voler andare avanti da sola, ha posto 3 regole necessarie, che tutti devono seguire, per fare in modo che ci sia un’azione corale efficace.
La Ministra dell’Ambiente ha prima di tutto stabilito che gli Stati Uniti, il Paese più inquinatore della Terra, faccia degli sforzi in più. Riferendosi ai valori di inquinamento del 1990, ha infatti dichiarato che mentre l’Europa ha stabilito di tagliare le proprie emissioni del 20% (da portare possibilmente fino al 30%), gli Stati Uniti hanno stabilito tale limite ad un -4%, troppo poco, anche per la Cancelliera tedesca Angela Merkel. Con queste premesse non si va da nessuna parte. Il secondo punto parla di una convergenza dei due testi che si stanno discutendo in questo periodo. Uno è il Kyoto Track, una sostituzione del protocollo di Kyoto che prevede un taglio delle emissioni per tutti, e non “solo per chi vi voleva aderire” come avvenne con il vecchio trattato; e l’altro è il Long term commitment actions, un accordo per aiutare i Paesi poveri ad affrontare il cambiamento climatico, con il supporto di tecnologie pulite, finanziamenti e lotta alla deforestazione. Il rischio è che ci si metta d’accordo solo sul secondo e non sul primo, ed invece l’Italia chiede che si ratifichino entrambi. L’ultimo punto del discorso della Prestigiacomo riguarda i Paesi emergenti, in special modo Cina, India e Brasile, i quali devono prendere gli impegni del taglio delle emissioni, anche se non nella stessa forma dei Paesi ricchi, in un accordo che sia vincolante, e non volontario.
Oggi è l’ultimo giorno, la bozza potrebbe già star circolando tra i vari banchi. Se verrà firmata, il mondo avrà qualche speranza, altrimenti sarà molto difficile la vita per i nostri figli e nipoti.