Nonostante ieri fosse domenica, il vertice di Copenaghen non si è fermato, ma ha soltanto rallentato i lavori per prepararsi meglio alla settimana cruciale, quella che comincia oggi e si concluderà venerdì prossimo con la firma dell’accordo (si spera) dei vari Capi di Stato.
Così ieri hanno trovato più spazio gli scienziati. La conferenza si è aperta con la relazione della commissione sulla biodiversità delle Nazioni Unite, che ha parlato del ruolo degli oceani nel recupero della Co2. Secondo la commissione UNEP, gli oceani sono, in condizioni normali, in grado di assorbire un quarto della Co2 prodotta dall’uomo attraverso la deforestazione, combustione, ecc. Negli ultimi anni però il livello della loro acidità è salito molto rapidamente, al tasso più veloce di sempre (si calcola che l’acidità sia aumentata di 100 volte negli ultimi 20 milioni di anni), portando così ad una duplice conseguenza: il pericolo per la biodiversità, con un calcolo al 2100 che prevede come il 70% della barriera corallina sparirà a causa dell’acidificazione; ma portando anche ad una conseguente diminuzione della Co2 assorbita. In quel caso, se non si mette un freno alle emissioni, si rischia di vedere un incremento improvviso della concentrazione di gas serra.
Parlando sempre di oceani, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, sempre dell’Onu, ha stimato tra 18 e 59 cm l’innalzamento del livello dei mari al 2100, ma con la variabile ancora difficile da calcolare del ghiaccio Artico, il quale avrebbe le potenzialità di raddoppiare quest’innalzamento.
La conclusione a cui arrivano gli scienziati è di aumentare il tetto del taglio di emissioni per quanto riguarda gli Stati Uniti, portandolo al 20% entro il 2020, ma comparato ai livelli del 1990 e non al 2005 come vorrebbe il Parlamento americano. Infine non è mancato l’apporto della politica. Anche se si tratta soltanto di Paesi poveri.
Il capo-negoziatore dell’African Union, Meles Zenawi, Primo Ministro dell’Etiopia, ha telefonato prima al suo omologo cinese Wen Jiabao per convincerlo a far impegnare maggiormente il suo Paese nei negoziati sul clima, ha fatto appello ai grandi della Terra per non “affossare i negoziati”, ed infine è partito alla volta di Parigi per un viaggio in cui incontrerà prima Sarkozy e poi, a Londra, per incontrare Brown.
Infine è intervenuto anche il Primo Ministro del Bangladesh, Hasan Mahmud, che ha rivendicato il 15% del fondo destinato ai Paesi poveri per il suo Stato perché in Bangladesh risiedono il 15% delle persone che, in tutto il mondo, saranno colpite dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. Intanto non mancano le notizie sugli scontri, registrando altri 200 arresti tra i più “esagitati”, dopo i 900 del giorno prima.