Greenpeace ha vinto la battaglia ma non ancora la guerra. A meno di un mese dal lancio della campagna Save the Arctic (il lancio ufficiale dopo una serie di manifestazioni che va avanti da diversi mesi), una delle principali compagnie petrolifere del mondo, la Shell, ha annunciato che rinuncerà a trivellare nel mare Artico. Almeno per quest’anno. Lo scenario è quello dell’Alaska dove nei mesi scorsi le navi della compagnia si sono spesso incagliate ed hanno riscontrato enormi difficoltà di manovra.
L’azienda si è resa conto che lavorare in quelle aree è complicato e che, in caso di eventuale incidente, ripulire le fuoriuscite di petrolio sarebbe quasi impossibile. Per questo ha deciso di rivedere il proprio programma per il biennio 2012/2013, rinviando di un anno eventuali operazioni. Greenpeace ha dichiarato che, qualsiasi sia la motivazione, lo stop resta comunque una vittoria:
Ce l’abbiamo fatta. Per più di sei mesi molti di noi hanno fatto pressione sulla Shell per tenerla fuori della regione artica … Questa mattina i dirigenti dell’azienda hanno annunciato che stavano demolendo il loro programma di perforazione petrolifera di quest’anno. Si tratta di una grande vittoria per la volontà popolare
ha dichiarato il responsabile dell’associazione ambientalista. E’ certo che, seppure le motivazioni sono altre, le campagne dei vari volontari hanno avuto il loro effetto. Sono arrivate lettere e mail di protesta da tutto il mondo contro quest’azione così violenta nei confronti di uno degli ecosistemi più delicati della Terra, tanto che l’azienda non è potuta rimanere impassabile. E visto che il lavoro stava diventando complicato, alla fine ha deciso di compiere una specie di “operazione simpatia”, tentando di ritornare sui suoi passi. Anche se solo momentaneamente.
La perforazione nella zona Artica è un Eldorado per le compagnie petrolifere, ma è molto pericolosa tanto che la US Coast Guard ha dichiarato di fronte al Congresso americano che nel caso di perdita di petrolio non saprebbe come fare per ripulire l’area. Purtroppo la Shell non è l’unica compagnia a provarci, ma speriamo sia solo la prima a rinunciarvi.
[Fonte: Treehugger]
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