Capita molto raramente che dopo aver speso milioni di euro un’azienda decida di abbandonare tutto. Ma capita proprio perché c’è il rischio che andando avanti si spenda ancor più di quello che si è sprecato fino a quel momento. E’ quanto sta accadendo per la tecnologia di stoccaggio della CO2, fortemente voluta dalle compagnie energetiche che continuano a puntare sul carbone, le quali stanno cominciando a ritirarsi dagli investimenti effettuati nella cosiddetta CCS (carbon capture and storage).
L’ultima in ordine di tempo è stata la Ayrshire Power, azienda energetica britannica, la quale si è resa conto che un miliardo di sterline (1,25 miliardi di euro) non sarebbe bastato per realizzare un sito di stoccaggio sicuro ed efficiente. Già una cifra del genere, un miliardo, dovrebbe dissuadere chiunque dall’investire in questo campo. Eppure il sogno del “carbone pulito” ancora gli imprenditori del settore non lo hanno abbandonato, ed ecco i risultati. Tre anni fa il gigante danese Dong Energy annunciò un progetto per la folle cifra di 3,7 miliardi di euro per questa tecnologia. In parte doveva essere finanziata dall’Unione Europea ma, come per gli altri progetti in giro per il Vecchio Continente, nemmeno questo è stato finanziato perché non è molto convincente, facendo ricadere tutto sulle spalle dei privati che, per quanto siano ricchi, di certo non possono spendere certe cifre.
Intanto il progetto Ayrshire, che i finanziamenti se li è potuti solo sognare, ha ottenuto un riconoscimento: quello di progetto più controverso della storia della Scozia. Il Primo Ministro Alex Salmond inizialmente diede il suo appoggio, ma poi forse scoprendone il costo e di fronte alle proteste di ambientalisti e non solo, si è tirato indietro. Nonostante tutto la tecnologia, seppur stia allontanando molti investitori, non sembra ancora dover essere abbandonata del tutto, anche se, a mio avviso, non è destinata a durare ancora a lungo.
[Fonte: The Guardian]
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