Il ritmo insostenibile della pesca colpisce anche il re degli oceani: lo squalo. Migliaia di pescatori senza scrupoli in tutto il mondo gli danno ormai la caccia per le sue prelibate pinne, ed anche se non li uccidono direttamente, praticamente li condannano a morte certa dato che, ributtati in acqua senza pinne, muoiono di fame nell’arco di pochi giorni. Secondo un recente studio pubblicato su Marine Policy la stima più accurata sull’uccisione degli squali parla di 100 milioni di vittime ogni anno in tutto il mondo.
Spiega Boris Worm, docente di biologia alla Dalhousie University, che gli squali vivono negli oceani da 400 milioni di anni, eppure sembra avvicinarsi la loro fine a causa dell’attività umana. Lo studio è stato effettuato in collaborazione con diversi atenei statunitensi, dalla Florida alla California, per ottenere una copertura più ampia possibile, e per calcolare la mortalità degli squali. Il fine ultimo è di trovare un modo di proteggere la popolazione restante. Secondo Mike Heithaus, executive director della FIU’s School of Environment, Arts and Society, nonché coautore dello studio, la perdita degli squali sarebbe catastrofica perché loro hanno un ruolo fondamentale nella catena alimentare e per l’equilibrio degli ecosistemi.
Il pericolo è imminente dato che la soglia dei 100 milioni di esemplari uccisi ogni anno non è qualcosa che avviene solo di recente. Nel 2010 ad esempio il numero di squali uccisi accertato è stato di 97 milioni, ma 10 anni prima era sempre intorno ai 100. Secondo le stime degli scienziati negli anni migliori il numero di squali pescati può essere di 63 milioni, ma nei peggiori si possono persino superare i 200 milioni. A tutto questo va aggiunto anche che essendo al vertice della piramide alimentare, lo squalo non ha bisogno di riprodursi molto rapidamente, e così vengono catturati e uccisi più esemplari di quelli che nascono.
La loro durata di vita è simile a quella degli umani. Per questo ucciderne così tanti in così poco tempo li riduce sempre di più. Le stime parlano di una perdita di un quindicesimo di esemplari ogni anno. Se la domanda di pinne di squalo continuasse ad aumentare, come è possibile secondo le previsioni, questa percentuale potrebbe continuare a crescere ulteriormente. Le soluzioni per evitare questa catastrofe sarebbero due: realizzare dei santuari marini in cui le specie locali sarebbero protette e quindi nessun peschereccio potrebbe accedervi, ed imporre delle tasse molto alte sull’import e l’export delle pinne di squalo, in maniera tale da farle diventare talmente costose da scoraggiarne un consumo più ampio.
[Fonte e foto: Sciencedaily]