Come abbiamo riportato più volte anche su queste pagine, se c’è una pratica barbarica e brutale che l’essere umano continua ad attuare ancora oggi nei confronti degli animali è il cosiddetto “spinnamento” degli squali. Per condire alcune zuppe, o per fornire materiale alla medicina tradizionale cinese, in molte parti del mondo si catturano gli squali, gli vengono tagliate le pinne e poi vengono ributtati in mare dove, non potendo più nuotare, muoiono di fame o mangiati da altri predatori.
Questa pratica che fa venire i brividi solo a pensarci d’ora in avanti, almeno in Europa, non sarà più possibile. Ieri infatti il Parlamento Europeo ha emesso un verdetto storico: il finning è bandito. Non che prima fosse consentito, ma in Spagna ed in Portogallo le legislazioni nazionali consentivano una specie di “scappatoia” legale grazie alla quale, grazie a concessioni speciali elargite senza battere ciglio, chiunque poteva commettere questo reato senza rischiare nulla. Ora, con 566 voti a favore e 47 contrari, il Parlamento Europeo ha deciso di chiudere tutte le falle della legge e proibire questa terribile pratica.
Negli ultimi anni, dal 2003 per la precisione, l’Europa era diventata la principale fornitrice di pinne di squalo dell’Asia. Mentre da noi nessuno si sognerebbe di ordinare in un ristorante una zuppa di squalo, in Cina ed in altre nazioni asiatiche è uno dei piatti più prelibati. Ma siccome lì gli squali si sono ridotti incredibilmente a causa di questa pratica, ora ci si stava concentrando sulle coste atlantiche per poter ottenere un po’ più di materia prima.
Il risultato è stato che decine di milioni di squali ogni anno venivano spinnati, si calcolano in circa un terzo di tutti gli squali europei, tanto da far entrare questa particolare specie nell’elenco delle specie in via d’estinzione. La speranza, spiegano gli animalisti, è che ora la pressione dell’Ue convinca anche altri organi a bloccare questo scempio. Nell’Oceano Indiano e nel Pacifico infatti ancora è possibile continuare a torturare gli squali, ma nel marzo prossimo, in occasione della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione in cui tutti i Paesi si riuniranno per discutere della questione, qualcosa potrebbe cambiare.
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