Rifiuti spaziali: come liberarsi dai detriti di astronavi, satelliti, razzi che restano in orbita e che crescono a vista d’occhio proporzionalmente all’incremento di missioni e spedizioni nell’universo? Per evitare di trasformare la galassia in una discarica a spazio aperto, l’ESA, l‘Agenzia Spaziale Europea, ha scelto di correre ai ripari prima che sia troppo tardi, testando ben otto progetti per disfarsi dei rottami. La prima fase della sperimentazione dovrebbe vedere lo start a marzo 2012, con il lancio di un razzo sonda dedicato alla risoluzione del problema spazzatura. La missione dovrebbe partire dalla base di Kiruna, in Svezia, nell’ambito di un programma denominato Rexus/Bexus.
L’Italia ha l’onore di partecipare all’eroica impresa di spazzini spaziali grazie all’ingegno del gruppo di ricerca afferente al Laboratorio di robotica spaziale della Seconda facoltà di ingegneria di Forlì-Cesena (Università di Bologna), équipe coordinata da Fabrizio Piergentili. I ricercatori italiani hanno messo a punto un innovativo prodotto potenzialmente capace di arginare l’annoso problema dei rifiuti spaziali.
Si tratta di uno spray che eroga una particolare schiuma poliuretanica bicomponente. Il materiale, una volta spruzzato sul detrito da eliminare, arriva a gonfiarsi fino a dieci volte il volume originale. In una seconda fase si solidifica attorno al rifiuto ed arriva ad appesantirlo. A questo punto l’oggetto, secondo i calcoli ipotizzati, dovrebbe vedere accelerarsi l’uscita dall’orbita. Da lì al precipitare il passo è breve ed una volta arrivato nell’atmosfera sappiamo bene quale destino lo attenda: finire bruciato.
L’altra opzione possibile per liberarsi definitivamente da un detrito spaziale è di agganciarlo al satellite per trascinarlo lontano da quelle che sono le orbite di volo e dunque da quello spazio in cui la sua presenza rappresenta un problema.
Il progetto italiano scelto dall’ESA ed inserito insieme agli altri tentativi da sperimentare è denominato REDEMPTION, Removal of Debris using material with phase transition – Ionospherical tests. Per saperne di più seguite i ricercatori sul loro blog: redemptionteam.blogspot.com.
[Fonte: Il Resto del Carlino]
Commenti (1)