Di solito i record sono traguardi che tutti vorrebbero superare. Non sempre però è così. Guardacaso in quelli negativi noi siamo sempre al primo posto. Parliamo oggi di specie in via di estinzione, dato che secondo una recente ricerca pubblicata da Legambiente l’Italia sarebbe il Paese europeo con il maggior numero di specie in via d’estinzione: circa una su tre. È vero anche che il nostro Paese ospita il più grande hotspot di biodiversità del Vecchio Continente, con quasi la metà delle specie animali e vegetali (il 43%), ma questo non giustifica il fatto che, siccome ne abbiamo tante, possiamo permetterci di perderne qualcuna.
Stando al Rapporto Biodiversità a Rischio di Legambiente, negli ultimi 50 anni in tutto il pianeta il 60% degli ecosistemi terrestri è stato degradato. Da questo dato si capisce come sia stato possibile che decine di specie possano rischiare l’estinzione, o averla già incontrata.
Frenare la perdita di biodiversità è una delle sfide più grandi da affrontare attraverso l’adozione di misure concrete, che seguano le tante buone intenzioni proposte fino ad ora e che invece non hanno trovato un’effettiva attuazione. Il deludente risultato della Conferenza delle Nazioni Unite Rio+20, che ha portato alla sottoscrizione di un debole documento privo di impegni concreti e copertura finanziaria, accelera ancora di più la necessità di attuare interventi concreti per rilanciare l’economia, mitigare gli effetti del cambiamento climatico e fermare la perdita di biodiversità, importante capitale naturale su cui fondare il nostro sviluppo economico e benessere sociale
spiega Antonio Nicoletti, responsabile Aree Protette di Legambiente. Come sempre la politica arriva troppo tardi sulle questioni importanti, e quando si parla di politica mondiale, con tante teste di diversi Paesi che devono essere messe d’accordo, il processo è ancora più lento. Tutti riconoscono l’importanza della conservazione della biodiversità, delle aree protette e della natura in generale, ma rispettarle è un’altra storia.
A loro [ai delegati di Rio+20, ndr] spetta anche il compito di diventare un organismo moderno di gestione integrata e sostenibile del territorio cercando di far crescere, entro il 2020, la percentuale della loro superficie a livello mondiale (il 17% delle aree terrestri e il 10% di quelle marine) come stabilito dall’Onu.
Un obiettivo che attualmente sembra impossibile da raggiungere. Ma com’è la situazione italiana? Delle 672 specie di vertebrati, terrestri e marini, studiati, già 6 sono state dichiarate estinte in tempi recenti, mentre 161 rischiano l’estinzione. Delle oltre 600 specie, infine, pare che solo la metà possa dormire sonni tranquilli, mentre tutte le altre o rischiano una estinzione imminente, o con il progredire delle condizioni sfavorevoli potrebbero rientrare nell’elenco delle specie a rischio a breve.
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