Borse, scarpe, cinture e pellicce. Questi sono solo alcuni dei prodotti che rischiano di far sparire dalla faccia della Terra intere specie animali. Il motivo è tutto da ricercare in acquirenti poco attenti o insensibili e in trafficanti senza scrupoli che ogni anno uccidono migliaia di esemplari animali non curandosi del fatto che, continuando di questo passo, spariranno definitivamente entro poco tempo.
Per questo il Corpo Forestale italiano ha concentrato le sue forze su questo traffico per cercare di ridurlo, dato che eliminarlo è impossibile, e nel 2010 ha ottenuto buoni risultati. Sono aumentati del 90%, rispetto all’anno precedente, i sequestri di materiali ed esemplari a rischio in tutt’Italia. Il nostro Paese, grazie alla sua posizione geografica, è strategico per questi traffici, dato che qui sbarcano container provenienti dall’Africa e dal Sudamerica per prendere la via del Nord ed Est Europa.
Ad aggravare la situazione si aggiungono alle pelli e agli animali considerati da collezione come alcune specie di pappagalli, anche i derivati dagli animali stessi, come ad esempio l’avorio delle zanne degli elefanti o le sostanze contenute nelle corna dei rinoceronti che vengono utilizzate nella medicina tradizionale cinese. Ma in pericolo sono anche alcune specie vegetali, sovrasfruttate persino per la costruzione di mobili e parquet.
Un giro d’affari annuale di 100 miliardi di euro che il mondo ha deciso tempo fa di bloccare con la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione (Cites), e che ora l’Italia sta applicando in prima linea con ottimi risultati, visti i numeri forniti dal Corpo Forestale: 41 mila controlli (quasi tutti già in dogana), +90% di sequestri rispetto al 2009, in cui sono stati recuperati 1.333 animali vivi, 94 animali morti o loro parti, 2.450 prodotti derivati da animali e 17.991 prodotti di pellame, più trentamila confezioni di prodotti alimentari derivati da specie protette che incredibilmente hanno trovato mercato su internet dove milioni di utenti, ignari del pericolo, cadono nelle truffe e si rendono partecipi, forse inconsapevolmente, di veri e propri reati ambientali.
Rosaline 1 Marzo 2017 il 2:09 am
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