Sappiamo che il nuovo regolamento dell’UE sulla pesca non è mai andato giù ai pescatori. In particolare ai più piccoli che non si sentono responsabili della diminuzione degli stock ittici nei mari europei, additando le grandi compagnie come le principali responsabili. Ora però la protesta comune ha rimesso tutto in discussione e l’Europa starebbe prendendo in considerazione l’eventualità di rivedere la legislazione in merito.
A spingere più di tutti verso questa direzione è la Spagna, che da sola effettua circa un quarto di tutto il pescato del Vecchio Continente, la quale ha chiesto di limitare il regolamento esclusivamente all’interno delle acque europee e permettere così di pescare liberamente al di fuori delle acque territoriali. In questo modo si attuerebbe quello scenario di cui vi avevamo parlato tempo fa, in cui le acque dell’Africa verrebbero prese d’assalto dai vascelli europei.
Ma come ha dimostrato Greenpeace in un recente rapporto, concedere questa deroga in pratica significherebbe favorire i maggiori responsabili di questo disastro, cioè le grandi compagnie che si possono permettere navi giganti quanto città che sembrano enormi freezer, le quali sono in grado di viaggiare per tutto il mondo trasportando tonnellate di pesce, a discapito dei piccoli pescatori europei ed anche di quelli dei Paesi in cui andrebbero a pescare, i quali non avrebbero più a disposizione tutto il pesce che ora hanno.
Nel rapporto viene dimostrato ad esempio che 34 navi europee che nell’ultimo anno hanno agito in Mauritania ed in Marocco hanno pescato la bellezza di 235 mila tonnellate di pesce, lasciando quasi a bocca asciutta le popolazioni locali che si sono trovate all’improvviso senza più nulla da pescare. La conseguenza è stata che la Mauritania, che basa molto della propria sussistenza sulla pesca, ha dovuto dichiarare emergenza alimentare. E ciò che è peggio è che queste grandi compagnie ricevono finanziamenti dall’Unione Europea, che anziché scoraggiare tali attività, continua ad elargire milioni di euro come fossero spiccioli.
E ciò che c’è di peggio è che al di fuori delle acque europee non è vietata la pesca a strascico, una delle principali responsabili della moria degli stock in quanto cattura tutto indistintamente, anche specie in via d’estinzione. Greenpeace ha calcolato che considerando soltanto i pesci che vengono rigettati in mare morti o moribondi in seguito alla pesca a strascico, si potrebbero sfamare 34 mila persone in Mauritania. Negli ultimi 15 anni, spiegano dall’associazione ambientalista, in quel Paese la pesca a strascico ha ucciso 1.500 tartarughe di specie in via d’estinzione, 18 mila razze e 60 mila squali. Ed ora le compagnie europee vogliono ancora mani libere? La risposta la dovremmo avere il mese prossimo quando si apriranno i tavoli per il negoziato.
[Fonte: The Guardian]
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