La sostenibilità dell'olio di palma per uso alimentare continua ad alimentare un accesso dibattito arrivato persino nel canale pubblicitario. Proviamo a tirare le somme di cosa sappiamo e cosa no.
Chi segue con attenzione le campagne pubblicitarie del settore alimentare forse se ne sarà accorto. Sono numerosi i prodotti che negli ultimi mesi sottolineano nella loro comunicazione l’assenza dell’olio di palma dalla lista degli ingredienti. In alcuni casi si tratta di prodotti che non ne hanno mai fatto uso mentre in altri casi si tratta di ricette rivisitate per eliminare specificamente l’olio di palma. Poche settimane fa era stata invece l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile a promuovere una campagna informativa a sostegno dell’uso di questo prodotto. Queste operazioni che coinvolgono direttamente i media generalisti sono però solo la punta dell’iceberg di un dibattito culturale, scientifico ed ecologico molto più complesso.
Cos’è l’olio di palma e perché se ne parla
L’olio di palma è un olio vegetale che si produce dal frutto delle palme da olio. La sua composizione è molto variabile a seconda della cultivar, della zona di produzione e dei metodi di lavorazione. Comune agli oli di palma è comunque l’elevata presenza di acidi grassi saturi, caratteristica che lo rende solido a temperatura ambiente e che ne ha sostenuto l’impiego in campo alimentare. Spesso di parla di olio di palma anche in riferimento all’olio di palmisto che viene però ricavato dai semi e non dal frutto.
Nei paesi di produzione nella fascia tropicale, l’uso alimentare degli oli ricavati dalla palma è antichissimo mentre in occidente la diffusione di questi prodotti è molto più recente. Simile per consistenza e caratteristiche al burro, l’olio di palma è utilizzato in molti prodotti dell’industria alimentare specie in alcune tipologie di dolci. Da questo punto di vista il sapore neutro di questo olio non altera il gusto degli altri ingredienti e riduce quindi la necessità di correttori.
Il dibattito attorno all’olio di palma si è acceso negli ultimi tempi su due binari paralleli. Da un lato sono stati sollevati dubbi su possibili effetti negativi di questo prodotto sulla salute umana. Dall’altro sono state contestate anche le modalità produttive. Entrambe le questioni sono state però contro-analizzate dai sostenitori dell’olio di palma con risultati opposti. Lasciando alla scienza le questioni relative alla salute, vediamo nel seguito alcuni dati sulla sostenibilità dell’olio di palma emersi dall’incontro ‘Olio di Palma: Parliamone‘ organizzato a Roma dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile.
La produzione dell’olio di palma è sostenibile?
Diverse analisi stimano che l’olio di palma rappresenti circa il 35% di tutti gli oli vegetali e come tale è il più consumato al mondo. La coltura avviene soprattutto in Malesia e Indonesia dove questa produzione incide notevolmente sull’economia locale. Dubbi sulla sostenibilità della produzione sono state sollevate in merito al fatto che le colture di olio di palma hanno registrato una crescente estensione sottraendo spazio ad altre coltivazioni e alle foreste.
Sul tema della sostenibilità l’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile ha riportato alcuni dati che sicuramente alimenteranno la discussioni sul tema. In particolare si osserva che l’alto rendimento della palma da olio sia in concreto un vantaggio in termini di sostenibilità. Per sostituire l’olio prodotto dalla palma con ad esempio olio di colza occorrerebbe mettere a coltura una superficie 5 volte superiore. Valori che salgono a 6 volte per l’olio di girasole, a 9 volte per l’olio di soia ed a 11 volte per l’olio di oliva. In termini assoluti sostituire la palma da olio con la soia richiederebbe la messa in coltura di una nuova superficie pari a 5 volte l’Italia. Eliminare gli oli di palma quindi porrebbe un notevole problema in termini di produzione la cui compensazione richiederebbe un ragguardevole incremento dell’uso del suolo agricolo.
Nello stesso documento si affronta anche la questione dei pesticidi sottolineando come anche in questo caso l’olio di palma offra una migliore sostenibilità. La produzione di olio dalla palma richiede l’impiego di circa 2 kg di pesticidi per tonnellata a fronte dei 6 kg dell’olio di girasole, degli 11 kg dell’olio di colza e dei 29 kg dell’olio di soia. Numeri simili caratterizzano anche la richiesta fertilizzanti per unità produttiva; per ottenere una tonnellata di olio di palma è richiesto l’uso di 47 kg di fertilizzanti mentre per ottenere la stessa quantità di olio di soia ne sono richiesti 315 kg.
Consumo energetico e deforestazione
L’incontro ‘Olio di Palma: Parliamone’ ha affrontato la questione della sostenibilità anche da un punto di vista energetico. Per produrre una tonnellata di oli di palma -si legge- è necessario impiegare complessivamente 0,5 Gigajoule di energia che rappresentano un valore di minimo tra gli oli vegetali di larga diffusione. Per produrre una analoga quantità di olio di colza si impiegano 0,7 Gigajoule mentre per l’olio di soia si sale a 2,9 Gigajoule.
Durante l’incontro è stato affrontato anche il delicato tema della deforestazione per far spazio alle colture alimentari. Citando i dati del rapporto FAO Global Forest Resources Assessment 2015 è stato sottolineato come nei due maggiori paesi produttori (Malesia e Indonesia) non si siano registrati negli ultimi 25 anni evidenti fenomeni di deforestazione. Considerando che queste due nazioni rappresentano circa l’86% della produzione mondiale si vuole sottolineare come l’olio di palma non abbia un ruolo particolarmente rilevante sui fenomeni della deforestazione.
L’organizzazione sottolinea infine come tutte le società europee adottani ormai da diversi anni solo olio di palma sostenibile in base ai criteri della Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO è una organizzazione no-profit che segue il ciclo produttivo dell’olio di palma secondo criteri di sostenibilità).
Photo | Thinkstock
Delila 1 Marzo 2017 il 1:08 am
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