L’idea non è nuova, ma ancora è poco sfruttata. Se i pannelli fotovoltaici vanno in competizione con i terreni agricoli, sarebbe meglio spostarli in aree non utilizzate. Lo studio di architettura ZM ha avuto una brillante idea: modificare la struttura degli impianti fotovoltaici per fare in modo che possano essere poggiati a pelo d’acqua. Ma non in aree in cui si pesca o dove possono avere qualche altro tipo di impatto ambientale, ma nei fiumi e nei canali che non vengono utilizzati.
Lo studio ha vinto il Green Dot Award dello scorso anno costruendo dei pannelli a forma di foglia di giglio che potessero galleggiare nell’acqua. In questo modo si sfrutta al meglio la fotosintesi, come farebbe una foglia grazie alla sua forma, sfruttando aree che altrimenti non servirebbero a nulla.
Questi pannelli sono organizzati su una specie di barca circolare larga una trentina di metri di diametro, dotata di un dispositivo di inseguimento del sole. In pratica una fotocellula segue lettaralmente il sole spostando questa barchetta in modo da sfruttarlo al meglio e produrre quanta più energia possibile. Ovviamente è ancorato alla costa, può muoversi come un cane al guinzaglio, ma ciò che è importante è che trasmette energia a terra in modo da alimentare le strutture presenti sulla costa che possono essere città, villaggi o porti.
Questi “gigli solari”, come sono stati ribattezzati dai loro creatori, non sono una novità, come detto, ma sono stati presentati in mezzo mondo negli ultimi 5 anni ed hanno trovato diversi investitori interessati a produrli, in particolare nell’Est Europa, in Brasile ed in Asia. La prima applicazione concreta però potremmo vederla in Scozia, dove l’amministrazione di Glasgow ha avviato il progetto per costruire questa sorta di centrale solare galleggiante sul fiume Clyde. Chissà se prima o poi lo vedremo anche dalle nostre parti.
[Fonte e foto: Treehugger]