Se sul fenomeno della siccità un po’ tutti gli scienziati del mondo sono d’accordo, pare non lo siano quando ci sono da assegnare le “colpe”. Siccità e riscaldamento globale vanno a braccetto, e per questo si tende a spiegare entrambe allo stesso modo. Così chi afferma che per colpa dell’uomo c’è il riscaldamento globale dirà che la colpa è nostra anche per la siccità, e chi invece non ci ritiene responsabili afferma che la siccità è un fenomeno naturale. Gli scienziati del NOAA, uno dei più autorevoli centri di ricerca mondiale, si schierano nel primo gruppo.
Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration, l’uomo è almeno in parte responsabile del fenomeno della siccità invernale che si sta verificando nel Mediterraneo negli ultimi anni. In particolare gli scienziati americani hanno preso in considerazione gli ultimi 20 anni, di cui almeno 10 sono stati registrati tra i più secchi della storia.
L’ampiezza e la frequenza della siccità che si è verificata è troppo grande per essere spiegata con la sola variabilità naturale. Questa non è una notizia incoraggiante per una regione che già sperimenta lo stress idrico, perché implicare solo la variabilità naturale è improbabile per riportare il clima della regione alla normalità
ha spiegato Martin Hoerling, capo ricercatore del Laboratorio di Ricerca dei Sistemi Terrestri al NOAA di Boulder, Colorado, e autore dell’articolo pubblicato sul Journal of Climate. Gli scienziati hanno usato modelli climatici e osservazioni per indagare sui diversi possibili “colpevoli”, da ricercare nella variabilità naturale, nel modello climatico ciclico chiamato North Atlantic Oscillation (NAO), e nei cambiamenti climatici causati dai gas serra rilasciati nell’atmosfera attraverso l’uso di combustibili fossili e per altre attività umane.
Considerando così un ampio periodo di oltre un secolo (1902-2010), gli scienziati hanno potuto capire come la temperatura e le precipitazioni hanno cambiato le loro “abitudini”. Così hanno notato che i periodi in cui la siccità raggiungeva i livelli massimi (in pratica quando pioveva di meno) corrispondevano al periodo maggiore di presenza di gas serra nell’atmosfera. Un fenomeno che ha cominciato a diventare evidente nel Mediterraneo negli anni ’70, ma è aumentato in modo evidente in seguito all’incremento del cambiamento climatico che ha portato le temperature medie ad aumentare.
Cosa si rischia? Secondo i ricercatori prima di tutto la sicurezza alimentare, visto che oltre a questo problema lo stress nella popolazione ittica è ai livelli storici. Di conseguenza ci sarebbe meno pesce e, con meno acqua, anche meno prodotti della Terra, selvaggina in diminuzione e desertificazione. Da qui poi il fenomeno potrebbe espandersi in tutto il mondo, e proprio per questo il Mediterraneo viene tenuto in considerazione come un punto d’osservazione privilegiato per capire l’andamento delle condizioni meteorologiche future.
[Fonte: Sciencedaily]
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