Ci vorranno dei bunker per stoccare le scorie nucleari. E’ questa in sostanza la decisione della Commissione Europea che ha deciso sulle modalità di smaltimento dei rifiuti provenienti dalle centrali nucleari. Una modalità di smaltimento che, per quanto sarà stringente, renderà ancora meno economico utilizzare questa fonte energetica. Il provvedimento varato ieri pone i confini dell’azione in materia nucleare, facendo un po’ d’ordine nella giungla di scorciatoie ed altri escamotage trovati dai Paesi che detengono le scorie, compresa l’Italia che, ricordiamo, anche se non ha centrali nucleari attive, ancora non riesce a smaltire quelle di 30 anni fa.
In sostanza la direttiva Ue prevede che per stoccare questi pericolosissimi barili, in grado da soli di intossicare aree di chilometri di diametro e che si biodegradano in centinaia di migliaia di anni, c’è bisogno di un vero e proprio bunker, un “deposito collocato in uno strato geologico profondo” recita il testo, il quale cioè si deve trovare a diverse centinaia di metri sotto terra, in un punto irraggiungibile dove eventuali imprevisti non possano provocare inquinamento del suolo.
Inoltre la direttiva limita molto l’uscita di rifiuti radioattivi dai confini di chi li ha prodotti. Molti infatti trovavano oggi “rifugio” in Africa, nelle isole caraibiche o del Pacifico, ma per poter ospitare questi rifiuti, i siti che li accoglieranno dovranno già prevedere queste direttive, ed attualmente, secondo la Ue, non esistono in nessuna parte al mondo. Per questo, dopotutto, sembrano essere stati accontentati quelli che sostenevano il principio secondo cui chi produce i rifiuti deve pure smaltirli.
Dopo anni di inattività, l’Unione Europea per la prima volta si impegna a smaltire in maniera definitiva le scorie nucleari. Con questa direttiva, l’Ue diventa la regione più avanzata per una gestione sicura dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito
ha dichiarato il commissario Oettinger in un comunicato. Le regole entrano in vigore da subito e gli Stati membri hanno tempo per adeguarsi fino al 2015, anno in cui molti Paesi avranno già effettuato, o almeno iniziato, il ritiro dall’energia atomica.
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